Ho conosciuto il signor Colombo – meglio, il dottor Colombo, come tiene a farsi chiamare – in una di quelle tipiche sere milanesi d’autunno in cui ti sembra che sia sera da quando ti sei svegliato, cioè almeno 14 ore prima. Al Gerri di via Perugino, per la verità, lui è un po’ fuori mano. Ma di tanto in tanto gli capita di bere uno o due bicchieri di Gerri Martini con la gelatina d’oliva che ti si frantuma tra i denti. Perché è amico del Gerri, il nuovo gestore.
Lui vive un bel po’ più in là, in corso di Porta Romana, con moglie e figli. Palazzo di inizio Novecento, nuovo fuori e nuovo dentro (il quinto piano da 180 metri quadrati è un’eredità di famiglia). E lavora – beato lui – sempre in corso di Porta Romana, angolo Sant’Eufemia, a un tiro di schioppo da una delle chiese più belle e sottovalutate di Milano. Naturalmente ha il suo studio, il signor Colombo. Meglio, il dottor Colombo.
La sera da Blade Runner in cui l’ho conosciuto, aspettavo la mia amica Alice. Di lei di vi dirò lo stretto necessario: 30 anni, una di quelle lauree complicate in Economia con in mezzo master ed esperienze dall’altra parte del mondo e un lavoro in PwC da 1500 euro (netti) al mese. Al Gerri non va spesso. Preferisce portarsi una boccia di vino a casa e condividerla con le tre coinquiline. Anche perché di quei 1500 euro, 600 finiscono nella stanza singola che ha trovato quattro anni fa in via Cadibona, dalle parti dell’ortomercato.
Altri 40 per l’abbonamento a passante e metro, che la portano alle 8.30 in via Monte Rosa, ogni mattina, e che la riportano a casa alle 20, ogni sera. In più luce e gas, internet, l’abbonamento da 80 euro al mese alla palestra come fragile rimedio alle 12 ore e passa che trascorre seduta ogni giorno, poi le spese personali, quelle di sostentamento e così via. Insomma, in tasca, a fine mese, non le resta granché. Motivo per il quale tutte quelle cose cool di Milano sono, per lei, inaccessibili: lo shopping tra Brera e Montenapo, l’aperitivo sui rooftop con vista grattacielo Unicredit, i Bagni Misteriosi d’estate, le terme in piazzale Medaglie d’Oro d’inverno, il sushi di Iyo e i cocktail di Mattia Pastori.
E quella sera, mentre il dottor Colombo lasciava lo sgabello vintage anni Ottanta di fronte al lungo bancone, mi sono domandato per l’ennesima volta: “Ma come si vive a Milano?”. Ah, vai a saperlo. L’ultima classifica redatta a novembre (ItaliaOggi e la Sapienza di Roma) la vede scalare parecchie posizioni in Italia: dal 55esimo posto del 2018 al 29esimo di quest’anno. Non male, certo. Ma come si direbbe qui, non siamo al top. Invece una classifica che la vede al top, che dico, al toppissimo, è quella de Il Sole 24 Ore che lo scorso anno veniva decantata da torme di aedi a ogni crocicchio.
Perché Milano era in testa: prima in “depositi pro capite”, prima in “Pil pro capite”, prima in “Home banking”. Insomma, dove gira la grana, Milano è imbattibile (lunga parentesi sussurrata: peccato fosse al 106esimo posto su 107 in “Scippi e borseggi”, al 105esimo in “Indice di litigiosità”, al 106esimo in “Rapine”, al 92esimo in “Delitti e stupefacenti” e al 97esimo in “Furti di autovetture”).
La risposta, al di là delle graduatorie, per me è abbastanza semplice. Per le persone come il dottor Colombo, Milano è la città migliore in cui vivere (è vero, manca il mare, ma vabbè…). Casa di proprietà in una bella zona, due stipendi consistenti ed è fatta: il nighiri di Michele Biassoni è già sul piatto. Per le persone come Alice – e ce ne sono tante – la questione si fa più complicata.
Nel capoluogo lombardo lo stipendio medio è di 1561 euro (ricerca Deutsche Bank); un bilocale in affitto costa 1158 euro al mese e una stanza singola 632 (HousingAnywhere Rent Index). A Berlino, a cui spesso guardiamo per i raffronti, il salario medio è di 2244 euro, il bilocale vale 1132 e la stanza singola 570. Poco al di là delle Alpi, un viennese porta a casa 2005 euro; per un bilocale ne tira fuori 961 e per una stanza 475. A Madrid si guadagna un po’ di più rispetto a Milano, 1624 euro, e si spende un po’ di meno (1112 per il bilocale e 530 per la stanza). “Eh, ma a Milano gli stipendi sono uguali alle altre città europee”. “Eh, ma anche nelle altre città europee gli affitti sono altissimi”. Eh, a guardare questi numeri non è proprio così.
Perciò. Come si vive a Milano? Bene, benissimo. A patto che tu faccia parte di una ristretta élite. Che poi è quella a cui guarda la narrazione – quella con la “L” maiuscola, “Lanarrazione” – che vuole la città sempre al top. Sì, ma tutti gli altri? Quelli che vivono in periferia, quelli che faticano ad arrivare alla fine del mese, quelli che sono stufi di stare ai margini perché non hanno il risvoltino e la casa a Courma, quelli del boschetto di Rogoredo o delle case occupate di San Siro e di piazza Ferrara? Aspetta, mi sta telefonando Alice. Ah, non viene più.