L’imprenditore manda una lettera ai giornali attaccando Di Maio e la parte del governo che dopo i 43 morti di agosto 2018 aveva subito chiesto la revoca delle concessioni. E prende le distanze da suo fratello Gilberto, che un anno fa aveva difeso i dirigenti di Autostrade e Atlantia. Ma appena due mesi fa la società ha deliberato una buonuscita da 13 milioni di euro all'ex ad e direttore generale Giovanni Castellucci
“Di sicuro ci assumiamo la responsabilità di aver contribuito ad avallare la definizione di un management che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto che per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture”. Luciano Benetton, tra i fondatori del gruppo industriale insieme ai fratelli Giuliana, Gilberto e Carlo, parla così in una lettera inviata e pubblicata oggi da alcuni quotidiani. Una lettera che Luigi Di Maio, in un post su facebook, ha definito “surreale”, ribadendo che il Movimento 5 Stelle resta fermo sulla revoca della concessione. Benetton scrive di una “campagna d’odio” che si è abbattuta sulla sua famiglia dopo il crollo del Ponte Morandi il 14 agosto 2018, che provocò la morte di 43 persone e definisce i Benetton “parte lesa” rispetto ai fatti di Genova, perché “nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade“. Poi precisa: “Non cerco giustificazioni, da quanto sembra l’organizzazione di Autostrade si è dimostrata non all’altezza, non è stato mantenuto il controllo necessario su tutti i settori di un sistema così complesso. Una struttura è fatta di uomini e qualche mela marcia può celarsi dappertutto”.
Punta quindi il dito contro il management di Autostrade: lo stesso però di cui faceva parte Giovanni Castellucci, che il 17 settembre 2019 si è dimesso dal duplice ruolo di amministratore delegato e direttore generale di Atlantia, la holding che controlla Autostrade per l’Italia e di cui la famiglia è azionista al 30%. Per lui una buonuscita da 13 milioni di euro, copertura legale e assicurativa, auto e residenza aziendale per un anno. Una cifra che ha fatto infuriare anche le famiglie che dopo i fatti di Genova sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni. “Concedere degli emolumenti del genere a un dirigente come Castellucci forse è una cosa dovuta, ma andava fatta una valutazione morale. Non si può fare finta che il 14 agosto 2018 non sia successo nulla”, aveva dichiarato a a ilfattoquotidiano.it Franco Ravera, presidente dell’associazione ‘Quelli del ponte Morandi’ (realtà in cui oggi sono confluiti i Comitati degli sfollati).
E il management da cui oggi Luciano Benetton prende le distanze è anche lo stesso che, però, aveva difeso suo fratello Gilberto – morto il 22 ottobre 2018 – in un’intervista il 6 settembre 2018 al Corriere della Sera, con la quale a 24 giorni dal crollo aveva rotto il silenzio. “Ero in vacanza – aveva detto al quotidiano -, come credo la maggior parte degli Italiani. Ad un tratto il dramma, e tutto è cambiato: anche per noi sono iniziati giorni di sofferenza e di cordoglio. Siamo stati costantemente vicini, nel ruolo di azionisti, alle decisioni prese dai manager di Autostrade per l’Italia, e al lavoro che loro hanno svolto per iniziare a capire ciò che era successo e per mettere a punto i primi interventi e i primi aiuti alla città di Genova, interventi che continuano con grande determinazione e per affrontare le difficoltà che i cittadini della città continuano a vivere”. Parlando poi della riconferma di Fabio Cerchiai al vertice di Atlantia, Gilberto puntualizzava di conoscerlo da molti anni e di avere in lui “la massima stima e fiducia, come sono sempre stato convinto della serietà, della competenza e dell’eccellenza del management di Autostrade e di Atlantia“. Garantendo poi la “totale collaborazione” di Autostrade con le istituzioni, aggiungeva che “come azionisti che siedono anche nel consiglio di amministrazione della società, abbiamo il compito di dare gli stimoli e indicare le linee guida per lo sviluppo e la crescita dell’azienda, per farla eccellere nelle sue attività, in tutti i campi, supportando il management, ma mai sostituendoci ad esso”.
Luciano Benetton: “Come famiglia ci riteniamo parte lesa” – “Non cerco indulgenza per Autostrade – scrive ancora Luciano nella lettera – chi ha sbagliato deve pagare, ma quello che trovo inaccettabile, è la campagna di odio scatenata contro la nostra famiglia, con accuse arrivate da subito e che continuano tutt’ora con veemenza da parte di esponenti del governo, come l’onorevole Di Maio, che addita la famiglia come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni. In pratica come fosse malavitosa“. Un atteggiamento che “inaccettabile, chi ci conosce sa come lavoriamo, basta guardare i risultati ottenuti con Autogrill o l’aeroporto di Roma, due realtà che sono diventate leader a livello internazionale”. La tragedia del Ponte Morandi ha infatti ha segnato l’inizio della battaglia del Movimento 5 Stelle per la revoca della concessione ad Autostrade, controllata da Atlantia che ne è azionista per il 30%, come ricorda lo stesso Luciano. “Nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30% di Atlantia che a sua volta controlla la società Autostrade. Atlantia – prosegue ancora – è una azienda quotata in borsa che ha il 70% di azionisti terzi nazionali e internazionali, tra cui sono presenti importanti fondi sovrani e investitori a lungo termine, che nulla hanno a che vedere con la famiglia Benetton. Le notizie di questi giorni su omessi controlli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa”.
Per Benetton “leggere di intercettazioni tra tecnici che falsificano delle relazioni, aggiunge, è inconcepibile, a chi giova mettere a rischio le strutture? A chi? Per risparmiare cosa? Quando il rischio è tale che qualsiasi risparmio ne verrebbe annientato, come dimostra il caso del ponte Morandi. È una domanda a cui non riesco a rispondere”. E augurandosi “che la giustizia faccia il suo corso con rapidità e si possano finalmente dare risposte chiare a tante domande”, spiega che nel frattempo “mi appello alle istituzioni e ai media affinché trovino il giusto linguaggio per trattare questi argomenti, la scelta del capro espiatorio da linciare sulla pubblica piazza è la più semplice ma anche la più rischiosa. Chi come noi fa impresa e ha la responsabilità di decine di migliaia di dipendenti si aspetta serietà, soprattutto dalle istituzioni, serietà non indulgenza”.
Meloni: “Luciano Benetton si contraddice da solo” – Interviene però sulla lettera di Luciano Benetton la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, secondo cui l’imprenditore “si contraddice da solo” nelle “lettera per prendere le distanze dalla gestione di Autostrade ma si smentisce da solo. Benetton dichiara infatti: “Trovo necessario fare chiarezza su un grande equivoco, nessun componente la famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30 per cento di Atlantia che a sua volta controlla la società Autostrade”. Quindi l’azionista di maggioranza di Atlantia – osserva Meloni – non sarebbe responsabile della gestione delle società controllate da Atlantia. Peccato che nella stessa lettera Benetton sostenga esattamente l’opposto scrivendo che: “chi ci conosce sa come lavoriamo, basta guardare i risultati ottenuti con l’aeroporto di Roma“, che, però è al 95% controllato da Atlantia ed è, come Autostrade, una generosissima concessione di un bene pubblico che frutta miliardi ai fortunati azionisti. Quindi come funziona la cosa? La famiglia Benetton è responsabile o no della gestione delle società del gruppo Atlantia? Perché non si può dire tutto e il contrario di tutto nella stessa lettera di autoassoluzione. Gli italiani – conclude – sono stanchi di farsi prendere in giro. I contratti capestro delle attuali concessioni pubbliche delle autostrade e degli aeroporti sono una vergogna indegna di una nazione civile alla quale bisogna mettere rimedio al più presto”.