Non solo le opposizioni hanno formulato “accuse gravissime”, ma hanno anche diffuso “notizie false e allarmistiche” sui rischi della riforma del Fondo salva-Stati. Dopo settimane di polemiche e attacchi a distanza, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fornito la sua versione al Parlamento sul Meccanismo europeo di stabilità. Se Lega e Fratelli d’Italia infatti sono arrivati fino a evocare l’alto tradimento per un presunto via libera al provvedimento che ancora non c’è stato, il premier nella sua informativa davanti a Camera e Senato ha parlato di una ricostruzione “completamente falsa”. Quindi davanti alle due assemblee ha ripercorso le tappe del provvedimento, ricordando tutte le volte in cui il Parlamento è stato messo al corrente della riforma. In particolare ha citato le comunicazioni alle Camere fatte a giugno 2018, durante le quali nessun parlamentare si è espresso in segno di dissenso, e il consiglio dei ministri del 27 febbraio 2019 quando si parlò del Mes, ma “nessuno dei ministri presenti, compresi quelli della Lega, ha mosso obiezioni sul punto“. E neppure i parlamentari 5 stelle o lo stesso Luigi Di Maio dissero niente.
Conte, dopo un esordio in cui ha attaccato direttamente le opposizioni dicendo che anche loro hanno il dovere di essere “responsabili”, ha rivendicato il fatto di essersi “espresso in sede europea in maniera perfettamente coerente con il mandato ricevuto da questo Parlamento“. E “nessuno può permettersi”, ha aggiunto, “non dico di sostenere apertamente, ma anche solo di insinuare velatamente l’idea che il processo di riforma del Mes sia stato condotto segretamente o, peggio, firmato nottetempo. Non solo c’è stata piena condivisione all’interno del governo, ma su questa materia vi è stato, con il Parlamento italiano, un dialogo costante, un aggiornamento approfondito”. Secondo il premier il rischio è quello di “danneggiare” gli interessi del Paese inquinando la discussione “con notizie distorte“: “Il nostro Paese ha un debito pubblico pienamente sostenibile, come pure riconoscono i mercati, la Commissione europea e il Fondo Monetario Internazionale, per cui non si intravvede all’orizzonte nessuna necessità di attivare il Mes”. Quindi, sempre contro le opposizioni, ha specificato: “Il modo migliore per affrontare questa complessa e articolata riforma non è affidarsi a sterili polemiche che vorrebbero alimentare una rappresentazione manichea tra gelosi custodi dell’interesse patrio e succubi pronti a raccogliere i diktat europei. Il modo più efficace è studiare innanzitutto, e portare ai tavoli negoziali proposte serie, concrete e attuabili per incidere quanto più possibile sul processo di riforma in atto nel senso più conforme agli interessi dell’Italia”.
Il presidente del Consiglio ha anche difeso l’impianto del Mes: “Non è indirizzato contro un Paese o costruito a vantaggio di alcuni Paesi a scapito di altri. Nel negoziato abbiamo ottenuto regole che fossero vantaggiose per l’Italia sia nel remotissimo caso in cui dovessimo arrivare a chiedere anche noi fondi al Mes, sia in quelli, molto più frequenti, in cui l’Italia si ritrovasse dal lato di coloro che erogano il prestito. Il Mes rappresenta una forma di assicurazione collettiva contro il rischio di contagio, fornendo, secondo procedure chiare e certe, aiuto finanziario ai Paesi membri in momentanea difficoltà secondo una logica di sano ma responsabile mutuo soccorso, limitando così anche i pericoli di contagio. Non a caso nasce dell’esperienza tragica del 2011-12, quando il panico si diffuse sul mercato europeo dei titoli sovrani, con conseguenze che si sono rivelate perniciose”. Il premier ha chiuso però ribadendo che il governo in Europa farà altre richieste che vadano nella direzione della “logica del pacchetto”: “La valutazione del governo con riguardo alle riforme in discussione al prossimo Eurogruppo, fissato per il 4 dicembre, non può prescindere dalla consapevolezza che ci sia ancora molta strada da percorrere in questa direzione e che la logica del pacchetto sia la modalità migliore per procedere oltre, con riguardo al completamento del Mes, allo strumento di bilancio per la competitività e la convergenza e alla definizione della roadmap sull’Unione bancaria. Per quanto mi riguarda, tornerò a ragguagliarvi sullo stato del negoziato tra qualche giorno, il prossimo 11 dicembre, in occasione delle comunicazioni che renderò in vista del prossimo Consiglio europeo”. E ha chiuso: “Il governo italiano ha rispettato la lettera e la sostanza della risoluzione votata dal Parlamento lo scorso giugno e, come in passato, agirà sempre nel rispetto del mandato conferitogli. Auspico che il Parlamento con la sua autorevolezza e in virtù della sua legittimazione democratica, contribuisca a portare in Europa la voce di un Paese forte e coeso“.
Gualtieri si congratula con Conte, Di Maio non si presenta in Senato. Poi dice: “M5s compatto, premier ha messo a tacere falsità”
In entrambi gli interventi alle Camere, riflettori puntati sul comportamento dei membri del governo. Alla Camera tra i primi a congratularsi con Conte è stato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Luigi Di Maio invece, che nei giorni scorsi non ha nascosto le perplessità sulla riforma e sul comportamento del governo, si è distinto per la freddezza e, dopo essere andato via senza salutare, non si è presentato in Senato per la seconda informativa. Poi però in serata ha diffuso una nota in cui rivendica la compattezza del M5s: “Il presidente del Consiglio ha messo a tacere falsità e fake news diffuse dalle opposizioni in questi giorni, il che restituisce dignità al dibattito politico in corso, sul quale abbiamo apprezzato la posizione ribadita circa la logica di pacchetto come richiesto ieri al vertice di maggioranza dal Movimento 5 stelle. A tal proposito, il M5s oggi più che mai è compatto di fronte alla necessità di dover rivedere questa riforma che, ad oggi, presenta criticità evidenti”.
Nel dibattito di replica all’informativa, alla Camera ha preso la parola la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “Presidente Conte, se non ci fossero in mezzo i soldi degli italiani mi sarei divertita ad ascoltarla”, ha detto. “Ha letto 40 minuti di resoconti parlamentari per contraddire quello che ha fatto il suo governo, smentire il suo governo”. Più morbida la posizione della Lega, o almeno di alcuni dei suoi esponenti. “Il 19 giugno abbiamo votato in Parlamento una risoluzione sul Mes”, ha detto il deputato leghista Giancarlo Giorgetti. “Conte ha detto che si conformerà a quella. Cosa vogliamo di più?”. Al Senato è andato invece in scena il faccia a faccia tra il premier Giuseppe Conte e il senatore leghista Matteo Salvini.
“Accusa di tradimento non rientra nella normale dialettica politica. Così si inquina il dibattito”- L’esordio di Conte è stato sugli attacchi ricevuti nei giorni scorsi dalle opposizioni. “Non posso nascondere che questa informativa non può essere degradata a ordinario momento della fisiologica interlocuzione tra il governo e il Parlamento”. Perché, “da alcune settimane i massimi esponenti di alcune forze di opposizione hanno condotto una insistita, capillare campagna mediatica accusandomi di condotte talmente improprie e illegittime nella trattativa con l’Ue da essermi reso responsabile di alto tradimento. Sarei uno spergiuro perché venuto meno al vincolo di essere fedele alla Repubblica: si è perfino adombrato che avrei tenuto questa condotta per biechi interessi personali. Questa accusa possiamo dobbiamo convenirne tutti non rientra nell’ambito dell’ordinaria dialettica politica”. Conte ha ricordato i suoi discorsi di insediamento e i suoi auspici di aprire “una nuova stagione politica” caratterizzata dall’uso di “un linguaggio mite”. “Le accuse che mi sono state rivolte, tuttavia, trascendono ampiamente i più accesi toni e le più aspre contestazioni”. E ha concluso: “Siamo al cospetto di un’accusa gravissima. Se queste accuse avessero un fondamento, saremmo di fronte alla massima ferita, al più grave vulnus inferto alla credibilità dell’Autorità di Governo, con la conseguenza che chi vi parla non potrebbe esitare un attimo a trarne tutte le conseguenze: senza neppure attendere che mi venisse chiesto da chicchessia, sarei costretto a rassegnare all’istante le dimissioni da Presidente del Consiglio”.
Lo scontro con Salvini e la Meloni – Conte si è poi rivolto direttamente alle opposizioni, in un clima di forte tensione in Aula. “Chi è ora all’opposizione e si è candidato a guidare il Paese a pieni poteri”, ha detto facendo riferimento a Matteo Salvini, “sta dando prova di scarsa cultura delle regole e mancanza di rispetto per le istituzioni. Mi sono sorpreso, se posso dirlo, non della condotta del senatore Salvini, la cui ‘disinvoltura’ a restituire la verità e la cui ‘resistenza’ a studiare i dossier mi sono ben note, quanto del comportamento della deputata Meloni”. Mentre parlava Conte è stato interrotto dalle proteste dei parlamentari. “Piantala!”, gli ha urlato il leghista Claudio Borghi. E alle proteste si è unita la leader di Fdi Giorgia Meloni, richiamata più volte dal presidente Roberto Fico. Quindi Conte, sempre rivolto alle opposizioni, ha continuato: “Non ci si è fatti scrupolo di diffondere notizie allarmistiche, palesemente false, che hanno destato preoccupazioni nei cittadini e nei risparmiatori. E’ stato detto che sarebbe prevista la ‘confisca dei conti correnti dei risparmiatori’ e, più in generale, che ‘tutti i nostri risparmi verrebbero posti a rischio’. E’ stato detto che il Mes servirebbe solo a beneficiare le banche altrui e non le nostre. E’ stato anche detto che il Mes sarebbe stato già firmato, e per giunta di notte. Una falsa accusa di alto tradimento della Costituzione è questione differente dall’accusa di avere commesso errori politici o di avere fatto cattive riforme: è un’accusa che non si limita solo a inquinare il dibattito pubblico e a disorientare i cittadini, è indice della forma più grave di spregiudicatezza perché pur di lucrare un qualche effimero vantaggio finisce per minare alle basi la credibilità delle istituzioni democratiche e la fiducia che i cittadini ripongono in esse”.
“Il Parlamento è stato sempre e costantemente aggiornato” – Conte, di fronte all’Aula ha ripercorso tutte le volte in cui ha affrontato l’argomento: “Il Parlamento italiano è stato sempre e costantemente tenuto aggiornato, come di seguito dimostrerò”. La cronologia inizia con dicembre 2017, quando la Commissione Europea ha “presentato un pacchetto di proposte per il completamento dell’Unione Economica e Monetaria”. Quindi Conte ha parlato della riforma nelle “comunicazioni rese il 27 giugno 2018”. “Nel corso del conseguente dibattito alla Camera, la maggior parte dei deputati intervenuti non ha affrontato l’argomento, ad eccezione dell’onorevole Gelmini (Forza Italia) e dell’onorevole Molinari (Lega). Entrambi si sono limitati a esprimere valutazioni di principio, peraltro coerenti con l’indirizzo espresso sul punto nel mio intervento”. Al Senato invece, “gli unici a intervenire sul tema sono stati la senatrice Bottici (M5s), la senatrice Bonfrisco (Lega) e il senatore Mauro Maria Marino (Pd)”. E, “in quell’occasione, nessuno degli altri senatori intervenuti, compreso il senatore Bagnai, ha toccato l’argomento”.
Quindi si arriva al vertice europeo del 29 giugno 2018, e in quell’occasione il premier dice di “essersi speso perché fosse adottata, dai leader europei, una dichiarazione che, nel dare avvio alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, orientasse il percorso nella direzione di un suo rafforzamento e nell’introduzione, tra le sue funzioni, di un sostegno comune (common backstop) al Fondo di Risoluzione unico (Single Resolution Fund)”. In quel primo Euro-Summit, ha precisato Conte, si è iniziato a parlare della necessitò di “un pacchetto di riforme”. In riferimento a questo, l’11 dicembre 2018, “nelle comunicazioni alle Camere, ho riferito nuovamente sugli sviluppi del negoziato in materia di rafforzamento dell’Unione economica e monetaria. Nel dibattito in Senato, nessun parlamentare – tantomeno il senatore Bagnai, che pure era intervenuto in discussione generale – ha fatto riferimento alla materia. L’unica eccezione è stata quella del senatore Fantetti (Forza Italia), che ha semplicemente rivendicato la “paternità” del meccanismo di backstop, attribuendola al ministro dell’Economia del governo Berlusconi, Giulio Tremonti. Nel dibattito alla Camera, invece, nessuno ha affrontato la questione”.
Nel dibattito a giugno sia la risoluzione parlamentare sia il premier stesso in Aula al Senato si espressero a favore di una “logica di pacchetto” sul Mes. “Ritenevo non appropriato che i capi di Stato e di governo decidessero senza un approccio consensuale sul quadro complessivo delle misure di approfondimento dell’Unione economica e dell’Unione bancaria e, quindi, non solo sulla riforma del Trattato del meccanismo europeo di stabilità, ma anche sullo schema europeo di garanzia sui depositi e sul budget dell’Eurozona; ho anche sostenuto che fossero necessari approfondimenti tecnici”. “Durante il dibattito, nel quale comunque pochissimi sono stati gli interventi sul tema, il senatore Bagnai affermava: ‘Mi permetta signor Presidente del Consiglio, di ringraziarla per il fatto che lei, in applicazione di questa norma e in completa coerenza con quel principio di centralità del Parlamento, fin dal primo giorno, affermò in questa sede di voler rispettare, sia venuto ad annunciarci che questo approfondimento tecnico ci sarà'”. A questo punto sono iniziati gli applausi dai banchi del Partito democratico.
Il premier ha riferito sul Mes “il 19 marzo 2019, nel corso delle comunicazioni alle Camere in vista del Consiglio europeo del 21 e del 22 marzo, benché quel Consiglio, a differenza di quello di dicembre, non avrebbe avuto un corrispettivo in forma di Eurosummit, mi sono ugualmente soffermato diffusamente sul tema, in ragione dell’assoluto rilievo della questione per il futuro assetto economico e finanziario dell’Unione europea, mosso dalla consapevolezza di quanto fosse decisiva un’interlocuzione costante con il Parlamento. Neanche in quell’occasione, né al Senato né alla Camera dei deputati, risultano richieste di ulteriori approfondimenti da parte dei parlamentari intervenuti in discussione generale o in dichiarazione di voto”. E ha ricordato: “Nelle comunicazioni del 19 giugno, in vista dell’Eurosummit che si è tenuto a Bruxelles il 21 giugno, ho nuovamente affrontato il tema, anche perché un generale consenso sulla bozza era stato raggiunto il 13 giugno dai Ministri dell’Economia dell’area euro”.
Infine Conte ha ricordato che non è stato il solo a parlare dell’argomento, ma anche altri ministri dell’esecutivo gialloverde si erano occupati della questione. L’allora ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria innanzitutto: il 17 luglio 2018 in Senato e poi il 24 luglio 2018 e il 17 aprile 2019 alla Camera. Poi il Rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea, ambasciatore Maurizio Massari e infine l’allora ministro per gli Affari europei Paolo Savona alla Camera: “In ognuna di queste occasioni i parlamentari hanno potuto interloquire e sottoporre ai ministri di volta in volta presenti ulteriori questioni e richieste di approfondimento”.