Comparse, di Roberta Mancini (Mille Battute Edizioni)

Con una scrittura mai volgare, questo breve romanzo affronta il tema della solitudine attraverso le fantasie erotiche di Clotilde, una cassiera di un supermercato appassionata di teatro, che sulla metropolitana, per le strade, nei locali alla moda degli aperitivi milanesi, ricerca costantemente un contatto visivo nel desiderio di essere vista, riconosciuta.

Per questo azzarda abbigliamenti provocanti, gambe accavallate e scavallate, gonne corte sulle scale mobili; ma gli uomini sono distratti, disattenti o insicuri. Un ritratto spietato sul bisogno morboso di essere guardati e sulla proiezione del nostro corpo in una sfera sessuale. Un testo che suscita costanti pulsioni nel lettore. Dirompente e perverso. Contemporaneo.

Mise il piede sulle scale mobili, facendo attenzione a tenere la destra, per non ingombrare la sinistra, corsia di sorpasso di chi voleva guadagnare qualche secondo extra nella risalita. Clotilde sorrise, perché in quel momento la situazione era diversa rispetto a quella della mattina: la gonna le era già risalita di qualche centimetro sui fianchi. Si voltò e vide che, un gradino sotto di lei, c’era un giovane, forse appena poco più che ventenne, che parlava al telefono. Clotilde incrociò i propri occhi con i suoi, ma non ne ebbe l’attenzione.

Era lo sguardo di chi pensava ad altro, probabilmente, in quel caso, alla conversazione in cui era coinvolto. Avanzò di un gradino e si voltò di nuovo. Gli occhi del giovane erano fissi sul suo fondoschiena. Non parlava più con il suo interlocutore, e aveva un’espressione curiosa. Il giovane inclinò la testa, facendoglielo sembrare un cagnolino incuriosito da qualcosa di inusuale. Clotilde sorrise e, infine, accadde che lui la guardò. Ma fu un attimo: il giovane arrossì e abbassò lo sguardo. La corsa della scala mobile terminò. Avanzò di qualche passo, sempre lentamente, e vide il giovane superarla, tenendo il mento attaccato al collo, fino a disperdersi nella folla che si avvicinava ai tornelli. Troppo giovane per essere un uomo, pensò, figurarsi il suo.

Romanzo di Londra, di Miloš Crnjanski (Traduzione di Alessandra Andolfo; Mimesis Edizioni)

Un romanzo senza tempo, capace di raccontare da un punto di vista psicologico e ottico la devastante miseria degli emigranti. Una grandiosa storia dell’esilio visto non solo da una prospettiva di devastazione materiale, ma anche come luogo della mente.

Il principe Nikolaj Rodionovič Repnin e sua moglie Nadja, dopo anni di peregrinazioni in Europa, conseguenti alla fuga, da sconfitti, dalla Russia post-rivoluzionaria, e segnati dagli eventi della Seconda guerra mondiale, approdano a Londra dove sono costretti ad arrabattarsi in una vita ai margini, alla periferia della metropoli inglese, in una stamberga senza riscaldamento, senza il denaro per poter mangiare ogni giorno.

Nadja vuole provarci, Repnin vive con l’angoscia di terminare la propria esistenza e quella della moglie in un canale di scolo e vive il proprio progressivo annichilimento come commesso in un negozio di scarpe. Un gioco di specchi tra la figura del principe e quella dello stesso autore, la cui carriera diplomatica lo ha portato a Berlino, a Roma e a Lisbona fino a quando il Regno di Jugoslavia si è avviato al declino e lo scrittore serbo si è trasferito a Londra, emarginato dalla Jugoslavia di Tito, sopravvivendo in una difficile situazione economica.

Il dipendente, di Giuseppe Passeri (Mille Battute Edizioni)

Un ritratto preciso e impietoso del mondo aziendale. Un esistenzialismo fantozziano 2.0 scritto con un linguaggio accessibile, feroce e ironico. Il protagonista, Pino Petrucci, lavora per una importante società milanese e gli ultimi trent’anni della sua vita sono trascorsi in una lunga e metodica successione di viaggi in treno da casa al lavoro, pause caffè, pranzi in mensa, riunioni e seccature di ogni tipo.

Durante la sua lunga carriera, travolto dalle strampalate dinamiche e dai rapporti di forza interni all’azienda, si è trasformato da zelante lavoratore ad automa demotivato, cinico e scettico, grande esperto di strategie di sopravvivenza e di guerriglia dipartimentale. Il dipendente è una cruda e disincantata disamina dei rapporti di dipendenza e di sudditanza, una critica dell’illusoria persuasione di poter vivere in attesa di una chimerica ricompensa eludendo le forze antagoniste dell’esistenza, protetti da un contenitore immaginario che, in realtà, fagocita la nostra vita e i nostri sogni. Un romanzo che rappresenta fedelmente il lavoro, le frustrazioni e le gioie di un impiegato di una grande azienda.

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