Mafie

Mafia nigeriana, “riti vudù per costringere le donne alla prostituzione e le ‘tangenti’ su elemosina”: così agivano le due gang a Bari

Durante gli accertamenti sui 49 indagati - 32 dei quali arrestati nel blitz della polizia condotto in diverse regioni italiane e anche all'estero - sono emersi tutti gli interessi criminali dei clan Vikings e Eiye e i loro metodi per sottomettere i connazionali: pestaggi, frustate, pugni, calci e bastonate con l’utilizzo di spranghe, mazze e cocci di bottiglia. L'intercettazione: "Questa notte gli taglierò le orecchie... si comporta male"

Donne, denaro e droga. La regola delle ‘Tre D’ era quella attorno a cui ruotavano le attività delle gang mafiose nigeriane, Vikings e Eiye, sgominate nel loro ramo pugliese dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari. Durante gli accertamenti sui 49 indagati32 dei quali arrestati nel blitz della polizia condotto in diverse regioni italiane e anche all’estero – sono emersi tutti gli interessi criminali dei due clan e i loro metodi per sottomettere i connazionali, sia dentro che fuori il Centro di accoglienza del capoluogo pugliese. Le vittime hanno raccontato agli investigatori di veri e propri pestaggi, frustate, pugni, calci e bastonate con l’utilizzo di spranghe, mazze e cocci di bottiglia.

I riti vudù e le rimesse in Nigeria – Stando alle indagini le donne, nella maggior parte dei casi oggetto di tratta e sottomesse con violenza fisica e psicologica attraverso riti vudù, erano costrette a prostituirsi. Il denaro che se ne ricavava veniva inviato in Nigeria tramite corrieri o sistemi hawala o reinvestito nel traffico di droga, un aspetto sul quale le indagini sono ancora in corso. L’inchiesta ha documentato una crescita esponenziale dei flussi di denaro dall’Italia verso la Nigeria: nel 2018 – come rilevato da Banca d’Italia – 74,79 milioni di euro, il doppio del 2016 (6,2 milioni mensili di uscite di provenienza illecita). Gli inquirenti hanno messo in correlazione tale aspetto con la presenza di popolazione nigeriana in Italia, pari a 105mila al 30 giugno 2019 secondo i dati del Rapporto annuale del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in prevalenza uomini, con il più basso tasso di occupazione (45,1% in confronto al 59,1% dei non comunitari) e il più alto tasso di disoccupazione (34,2% con il 14,9% dei non comunitari).

Il giro di prostituzione – Sono diversi i casi documentati dai pm Lidia Giorgio e Simona Filoni di riduzione in schiavitù di nigeriane. In un caso, una donna, dopo essere stata accompagnata su una delle tante imbarcazioni di clandestini che giungono in Italia dalla Libia, era stata fatta entrare da uno degli indagati in maniera abusiva nel Cara. Lì le ha imposto di prostituirsi e consegnare i ricavi al gruppo. E alla sua ribellione, la donna è stata punita con ripetute violenze fisiche, sino ad arrivare ad accendere il focolaio di una vera e propria rissa tra bande il 22 marzo 2017. Insieme a lei, è stato punito anche il compagno. Per gestire la prostituzione, gli appartenenti a Vikings Eiye si sono estesi arrivando ad occupare immobili nel quartiere Libertà, nonché a controllare le strade sulle quali collocare le giovani vittime da fare prostituire. Si è verificato, inoltre, un ‘asservimento’ delle ‘maman’ nigeriane che operano a livello locale alle richieste delle due gang relative alla necessità di dover ‘piazzare’ ragazze in strada per farle prostituire.

Il pizzo sulle elemosina – Altra attività delinquenziale portata avanti dalle due associazioni è stata quella dello sfruttamento dei nigeriani che mendicano davanti ai supermercati ed altri esercizi commerciali di Bari e provincia. Anche in questo caso, i servizi di intercettazione telefonica hanno delineato uno spaccato di vita e di criminalità all’interno della comunità nigeriana ben chiaro, peraltro confortato anche dalle parole delle vittime che hanno confermato agli investigatori la sottomissione al pagamento del ‘pizzo’ sui loro miseri ricavi, con consegna di denaro o con ricariche telefoniche sulle utenze degli indagati.

“Gli taglio le orecchie, si comporta male” – Un rapporto tra i mendicanti ed i capi delle organizzazioni definito dagli investigatori di soggezione: i primi chiamavano “signori” i loro estorsori. Ma l’elemento più caratterizzante della metodologia mafiosa è rappresentato dal potere sanzionatorio, che impone una punizione (“drill”) a chi non si adegua alle regole dell’associazione, cioè non ne entra a far parte quando richiesto, non si impegna a pagare la periodica retta di appartenenza, non si prostituisce e, in generale, non rispetta le direttive dei capi. “Mi ha detto che il suo ID si è lamentato perché se non si riusciva a fare ‘drill’ a Ifa nel campo tu dovevi farglielo sapere… perché Ifa ogni domenica viene in città… e lui può dare ordine di far prendere Ifa… può parlare di questo fatto.. e fare ‘drill’ a lui….”, si dicono due indagati in un’intercettazione telefonica. “Questa notte gli taglierò le orecchie a quel ‘Junior’… si comporta male … gli farò ‘drill’… tu non preoccuparti… sappiamo quello che gli faremo”, è il passaggio di un’altra telefonata ascoltata dagli investigatori.