Se la Francia va avanti con la digital tax che colpisce i big americani del web – da Google a Facebook passando per Amazon – verrà colpita a partire da gennaio con dazi fino al 100% su beni per un valore di 2,4 miliardi di dollari. Non solo: da Washington fanno sapere che la rappresaglia potrebbe riguardare anche altre capitali che dovessero seguire la strada di Parigi, tra cui Roma. Ancora una volta Donald Trump entra in rotta di collisione con gli alleati europei alla vigilia di un vertice dei leader. E mentre è in volo sull’Air Force One verso Londra, per partecipare al summit della Nato, sgancia la minaccia a chi vuole tassare i colossi digitali.

Il rappresentante Usa al commercio Robert Lighthizer, che ha presentato le conclusioni dell’indagine ordinata dal tycoon, cita insieme all’Italia anche la Turchia e l’Austria. Quanto basta a rendere ancor più rovente del previsto il clima londinese nel quale in realtà si dovrebbero festeggiare i 70 anni dell’Alleanza Atlantica. Un clima reso già teso dalla questione dei finanziamenti alla Nato e dalle pressioni Usa perché gli alleati mollino Huawei per lo sviluppo del 5G. Nel denunciare “un crescente protezionismo” in Europa a danno delle società statunitensi, l’Ufficio del rappresentante del commercio ha definito “irragionevole e discriminatoria la web tax francese, che grava sul commercio americano”, colpendo le aziende digitali come “Google, Apple, Facebook e Amazon“. Alla vigilia della diffusione del rapporto dell’Ustr, la Francia aveva accusato gli Stati Uniti di aver fatto marcia indietro rispetto alla promessa di lavorare per una soluzione sulla digital tax in ambito Ocse. Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire aveva detto ieri a France Inter Parigi “mai, mai e poi mai” rinuncerà alla sua determinazione di “imporre una tassazione equa sui giganti del web”. Ad agosto scorso, in occasione del G7 di Biarritz, il presidente francese Macron aveva annunciato un accordo con Trump per lavorare insieme in sede Ocse per delineare una cornice globale della web tax, la cui introduzione in Francia era stata approvata dal Parlamento di Parigi a luglio.

Trump vedrà l’inquilino dell’Eliseo nelle prossime ore, così come dovrebbe incontrare a margine del vertice di Londra il presidente del consiglio Giuseppe Conte. Ripeterà loro che la digital tax viene considerata dagli Usa discriminatoria nei confronti delle società americane e che c’è ancora tempo per poter negoziare e trovare una soluzione in sede Ocse. Ma i tempi sono stretti, perché una decisione definitiva è attesa entro il 14 gennaio. Poi, senza intesa, dovrebbero scattare contro Parigi i nuovi pesantissimi dazi su champagne, borse e altri beni di lusso. E su quei vini e formaggi già colpiti da dazi al 25% il mese scorso. Così come colpiti da tariffe del 25% sono stati alcuni prodotti del made in Italy, eccellenze come il parmigiano e la mozzarella, in risposta al verdetto del Wto sugli aiuti europei ad Airbus. Una situazione che l’Italia vive come un’ingiustizia e che ha creato tensione anche durante la recente visita alla Casa Bianca del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La digital tax francese prevede un’aliquota del 3% sulle entrate che le società tecnologiche americane incassano in Francia.

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