L’Italia è al sesto posto nel mondo per numero di vittime causate dagli eventi meteorologici estremi. Lo riferiscono i dati annuali pubblicati dal Climate Risk Index di Germanwatch che, riferendosi al periodo 1999-2018, posiziona l’Italia diciottesima, invece, per numero di perdite economiche pro capite e nel complesso, nella lista dei Paesi più colpiti dagli eventi estremi, ventiseiesima. Dati che mostrano come le condizioni meteorologiche estreme, legate ai cambiamenti climatici, stiano colpendo non solo i Paesi più poveri come Myanmar e Haiti, ma anche alcuni dei Paesi più ricchi del mondo. Tanto che nel 2018 è il Giappone il Paese più colpito. Guardando all’ultimo anno, secondo il report, l’Italia si classifica al ventunesimo posto: posizione che tiene conto delle perdite di milioni di dollari per persona (per cui l’Italia si classifica all’ottavo posto nel mondo), dei morti (Italia 28esimo posto) e delle perdite di unità del Pil (27esima).

Non possono, quindi, che essere fondamentali i negoziati Cop25. Il report sottolinea che nonostante gli impatti climatici continuano a causare perdite e danni permanenti in tutto il mondo, manca ancora uno specifico strumento finanziario delle Nazioni Unite per rimborsare le perdite legate al clima. Finora i Paesi industrializzati si sono rifiutati di negoziare tale strumento, ma per la prima volta quest’anno, durante la Cop25, il sostegno finanziario è in cima all’ordine del giorno. Se anche questa volta non si arriverà a un accordo, il rischio è che i Paesi più poveri continueranno a dipendere dai prestiti per far fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici, minando economie spesso già vulnerabili.

Intanto, i buoni risultati tardano ad arrivare. Gli obiettivi 2020 sul mantenimento della biodiversità non verranno rispettati dall’Unione Europa e a rischio ci sono anche quelli fissati per il 2030. È quanto afferma il sesto rapporto sullo Stato dell’Ambiente, pubblicato dall’Agenzia europea competente, che chiede una svolta su ambiente e clima. L’attenzione delle organizzazioni ambientaliste, dunque, è ora tutta rivolta al “Green deal“, l’agenda verde della Commissione Von der Leyen attesa per l’11 dicembre: per il Climate Action Network nel documento l’esecutivo europeo dovrebbe “fissare un target di riduzione delle emissioni al 65% per il 2030 e neutralità per il 2040”. Per il Wwf, “la Commissione deve formulare proposte di vasta portata”. Mentre per Greenpeace, l’Ue non può continuare a “promuovere la crescita economica limitandosi a gestire le conseguenze sociali e ambientali” e serve “un cambiamento radicale dei nostri sistemi di produzione e consumo”. Infine, secondo Birdlife, “il Green Deal deve rappresentare una vera inversione di marcia” per fermare la degradazione delle “risorse biologiche da cui dipendono le nostre stesse vite”.

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