Il legale, a cui è stato riconosciuto il diritto a essere pagato dal Tribunale di Bologna, ha avviato una contesa sulla villetta dove avvenne l'infanticidio per cui la donna ha scontato 16 anni
È una querelle che dura da tempo e che da tempo è finita nelle aule dei Tribunali. Ovvero il mancato pagamento della parcella all’avvocato Carlo Taormina da parte di Annamaria Franzoni, la donna condannata per l’omicidio del figlio Samuele. Il legale, a cui è stato riconosciuto il diritto a essere pagato, ha avviato una contesa sulla villetta di Cogne dove avvenne l’infanticidio. Tormina vuole che sia pignorata, la Franzoni si è opposta e della vicenda, secondo quanto riporta l’Ansa, si occuperà il Tribunale di Aosta. La sfida legale sulla casa di Montroz dove il 30 gennaio 2002 fu ucciso il piccolo Samuele, delitto per cui la madre ha scontato una pena di 16 anni, ha origine nella sentenza civile che ha condannato Franzoni a risarcire il penalista per un mancato compenso di oltre 275mila euro, per la difesa nel giudizio. Torna dunque oggetto di contrapposizione la casa dell’omicidio, all’epoca dei processi al centro di innumerevoli perizie e scontri tra esperti di accusa e difesa, aspre battaglie combattute dalle aule di giustizia ai salotti televisivi, ma anche luogo di misteri mai chiariti sulla dinamica del delitto. La sentenza del tribunale di Bologna che ha accolto le ragioni dell’avvocato Taormina è esecutiva da marzo 2017.
Gli onorari da pagare a Taormina furono quantificati in 275mila euro, che arrivano, nell’atto di precetto, a oltre 470mila sommati di Iva, interessi e cassa previdenza avvocati. Il 22 ottobre a Franzoni è stato notificato il pignoramento che riguarda quello che a quanto pare sarebbe l’unico bene aggredibile: metà della proprietà immobiliare dove la donna, ora residente sull’Appennino bolognese, era pure tornata per qualche giorno un anno fa, dopo aver concluso la pena, scontata negli ultimi anni in detenzione domiciliare ma col divieto di tornare nel comune della Val d’Aosta.
L’11 novembre Franzoni, assistita dagli avvocati Maria Rindinella e Lorenza Parenti del foro di Bologna, si è opposta al pignoramento, iscrivendo a ruolo, ad Aosta, la procedura. In pratica, oltre a un vizio nella notifica dell’atto, si sostiene che la villetta non è pignorabile perché è all’interno di un fondo patrimoniale, costituito a maggio 2009 da Franzoni e dal marito Stefano Lorenzi. Il giudice dell’esecuzione Paolo De Paola ha fissato un’udienza l’11 dicembre. Taormina, che difese Franzoni fino al processo di appello, è assistito dal figlio Giorgio e dall’avvocato Giuseppina Foderà di Aosta.
“Ho fatto una causa civile nei confronti della signora Franzoni perché non mi ha pagato gli onorari, è stata pronunciata una sentenza che è passata in giudicato che mi ha assegnato circa 450mila euro di onorari. Siccome ho fatto richiesta di esecuzione della sentenza e non ho avuto alcuna risposta ho fatto il pignoramento dell’unica cosa che so esistente, cioè la villetta di Cogne – spiega Taormina all’AdnKronos – Il pignoramento lo abbiamo già fatto, la vendita dell’immobile ancora non è stata fissata anche perché può darsi che le parti intervengano, ora vediamo che succede. Siccome non sono stato pagato ho fatto il pignoramento e quello che mi compete lo avrò attraverso l’esecuzione immobiliare”.