Salotto di Porta a Porta, martedì sera: Matteo Salvini dopo 35 minuti tra Mes, Giuseppe Conte e “pieni poteri” vira sull’argomento droga. Un suo “pallino”, lo chiama: “Domani inizia il percorso in commissione Giustizia del progetto Droga Zero”, ricorda. Quindi chiama a raccolta i ‘sodali’ che, a suo dire, sosterrebbero il disegno di legge presentato dalla Lega: “Le comunità di recupero dei tossicodipendenti da San Patrignano a Saman fino alla Comunità Incontro mi chiedono, e chiedono a tutta la politica, di mettere al bando qualsiasi tipo di droga. Sono contento che inizi il percorso”. Quindi l’augurio: “Spero in un anno di avere una legislazione pesantissima contro gli spacciatori”.
Tutto bene? Non proprio. Perché almeno una delle tre associazioni citate dall’ex viceministro dell’Interno prende le distanze dal disegno di legge del Carroccio e disconosce il “supporto” all’iniziativa legislativa voluta e cavalcata da Salvini. Il presidente di Saman e blogger de Ilfattoquotidiano.it, Achille Saletti, rispedisce al mittente il presunto appoggio: “Va bene tutto, ho anche simpatia umana per Salvini, ma la nostra storia è esattamente l’opposto di ciò che lui vorrebbe ottenere con il ddl Droga Zero”, chiarisce.
Con l’approvazione del disegno di legge, spiega Saletti, “verrebbe meno la distinzione tra sostanze di lieve entità e il resto”. Insomma, “se uno ha 5 grammi di cannabis al pub, il magistrato oggi il magistrato può non punirlo con il carcere”, mentre con il Droga Zero “verrebbe equiparato a qualsiasi spacciatore”.
Eppure il leader della Lega dovrebbe ben conoscere le posizioni dell’associazione Saman: “Lo abbiamo incontrato e abbiamo esposto le nostre ragioni, che sono quelle della cura, non del carcere – dice Saletti – Qui invece viene meno qualsiasi distinzione, si vorrebbero anche cancellare le attenuanti per i tossicodipendenti. Siamo incompatibili”. L’associazione Saman, fondata da Mauro Rostagno nel 1981, è oggi presente in 9 regioni e continua ad approcciare in maniera “innovativa” il tema delle dipendenze: “La nostra – ricorda Saletti – è una storia di aiuto a chi ha fragilità e non riesce più a gestire le sostanze, rabbrividiamo a pensare al carcere come soluzione”.