A seguito della sentenza di primo grado, gli avvocati difensori di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due ragazzi dai quali Martina, secondo l’accusa, tentava di scappare, presentano appello e lo scorso 28 novembre il reato di “morte come causa di altro reato” finisce in prescrizione. Resta in piedi solo l’accusa di “tentata violenza sessuale di gruppo”, che ha termini di prescrizione più lunghi, ma se la violenza sessuale di gruppo fosse derubricata a violenza sessuale “semplice”, come sembra fare presupporre la linea difensiva di uno dei due imputati, anch’essa cadrebbe in prescrizione.
“Quella di mia figlia è anche la storia di un processo estenuante – racconta al Fatto.it il papà Bruno – c’è la questione dei tempi lunghissimi della giustizia ma anche della prescrizione. Non è possibile che un giudice condanni a pene che poi non possono essere eseguite e che un dibattimento si fermi anche dopo una condanna in primo grado”. Per Franca Murialdo e Bruno, i genitori di Martina, il dibattito di questi giorni sulla riforma della prescrizione è un passo nella direzione giusta: “Perché non ci sia più un altra mamma e un altro papà obbligati a condurre una battaglia devastante come quella che da quasi nove anni stiamo portando avanti per avere un po’ di giustizia per Martina, perché chi si rende protagonista di reati così gravi come la violenza sessuale e la morte di una persona non possa ‘giocare’ a mandare tutto in prescrizione”