Centomila euro, forse addirittura duecentomila. Sono le “spese pazze” del professor Joseph Mifsud, elemento chiave della controinchiesta voluta da Donald Trump sul Russiagate di cui si sono perse le tracce dalla fine di ottobre del 2017. Adesso il nome del misterioso docente è finito sul tavolo della procura di Agrigento. A raccontarlo è l’Adnkronos, spiegando come ai pm siciliani – che indagano Mifsud per truffa e abuso d’ufficio – sia arrivato un esposto dal presidente ad interim del Consorzio universitario di Agrigento. Nel 2009, infatti, Mifsud è stato nominato presidente del Consorzio su indicazione dell’allora presidente della provincia d’Agrigento Eugenio D’Orsi: è rimasto in carica fino al 2012. In quel periodo avrebbe compiuto quelle spese a sei cifre con la carta di credito dell’università. Si parla di viaggi in Russia, Malta, Stati Uniti, Inghilterra, Libia, Libano e Bulgaria. Ma anche di cinque telefonini modello Blackberry, poi spariti, e quattromila euro al mese di bollette telefoniche per telefonate fatte prevalentemente in Russia e in altri paesi dell’Est. E anche di costosissime cene.
A presentare l’esposto è stato Giovanni Di Maida, presidente del consorzio universitario di Agrigento, che ha fatto scattare le indagini della Guardia di Finanza: ieri gli investigatori hanno sequestrato centinaia di carte sulle spese ‘pazzè sostenute” da Mifsud mentre era a capo dell’università siciliana. Di Maida parla un “deficit finanziario da 1,5 milioni di euro“. “Andando a controllare le carte sulle spese affrontate da Mifsud mentre era ad Agrigento – racconta il presidente – ci siamo accorti che erano state sostenute spese assurde. A partire dalla bollette telefoniche”. E mostra decine di bollette Wind, dal 2010 al 2011, che ammontano a svariate migliaia di euro. Nell’ottobre 2010 la bolletta ammonta a 3.143 euro, nel marzo 2011 raggiunge quota 4.204 euro, nel novembre dello stessi anno è di 3.111 euro. “Tutte telefonate fatte a paesi esteri che non hanno nulla a che vedere con l’università – dice Di Maida – Ma soprattutto in Russia, con cui questo ateneo non ha alcun legame. Così come le telefonate fatte in Libia, in Siria o in Libano”.
Poi c’erano le spese ‘anomale’, come le definisce Di Maida. “C’è un acquisto fatto in un negozio di intimo – dice – e un altro in un negozio di giocattoli. Sempre con la carta di credito dell’Università”. E poi i numerosi biglietti aerei, anche con “signore dell’Est” che “nulla c’entravano con l’università. E quando è stato chiesto al professor Mifsud perché avesse la necessità di farsi accompagnare da queste donne rispondeva che erano ‘assistenti’ì. Strano, nessuno le ha mai viste queste assistenti…”. dice sempre Di Maida. “Non c’è una sola relazione che accompagnasse i viaggi misteriosi fatti da Mifsud in quegli anni in paesi come la Siria o la Russia o il Libano, o l’Inghilterra o gli Stati Uniti. Niente. Nemmeno una. Mentre il Presidente del Consorzio universitario non ha mai speso un euro di telefonate “perché – spiega – uso il mio telefono personale e non chiamo la Russia o in Siria… né vado in quei paesi a spese dell’università”.
Nel marzo del 2016 sarebbe stato Mifsud ad avvicinare George Papadopulos, consigliere della campagna elettorale di Donald Trump, offrendogli “migliaia” di email rubate dai russi a Hillary Clinton. Nell’ottobre del 2017, quando gli investigatori americano resero noto il suo coinvolgimento nel Russiagate, Mifsud è sparito: non è nel suo appartamento a Roma, né presso il suo ex campus alla Link University, né a Londra. Il Comitato nazionale democratico che ha citato in giudizio anche Mifsud in merito all’hackeraggio di migliaia di email nel 2016 ha sostenuto che il professore “è scomparso o forse morto”.
Giustizia & Impunità
Russiagate, la procura di Agrigento indaga su Mifsud: esposto su “spese pazze” del professore
Nel 2009 il misterioso professore è stato nominato presidente del Consorzio su indicazione dell'allora presidente della provincia d'Agrigento Eugenio D'Orsi: è rimasto in carica fino al 2012. In quel periodo avrebbe compiuto spese a sei cifre con la carta di credito dell'università per viaggi in Russia, Malta, Stati Uniti, Inghilterra, Libia, Libano e Bulgaria
Centomila euro, forse addirittura duecentomila. Sono le “spese pazze” del professor Joseph Mifsud, elemento chiave della controinchiesta voluta da Donald Trump sul Russiagate di cui si sono perse le tracce dalla fine di ottobre del 2017. Adesso il nome del misterioso docente è finito sul tavolo della procura di Agrigento. A raccontarlo è l’Adnkronos, spiegando come ai pm siciliani – che indagano Mifsud per truffa e abuso d’ufficio – sia arrivato un esposto dal presidente ad interim del Consorzio universitario di Agrigento. Nel 2009, infatti, Mifsud è stato nominato presidente del Consorzio su indicazione dell’allora presidente della provincia d’Agrigento Eugenio D’Orsi: è rimasto in carica fino al 2012. In quel periodo avrebbe compiuto quelle spese a sei cifre con la carta di credito dell’università. Si parla di viaggi in Russia, Malta, Stati Uniti, Inghilterra, Libia, Libano e Bulgaria. Ma anche di cinque telefonini modello Blackberry, poi spariti, e quattromila euro al mese di bollette telefoniche per telefonate fatte prevalentemente in Russia e in altri paesi dell’Est. E anche di costosissime cene.
A presentare l’esposto è stato Giovanni Di Maida, presidente del consorzio universitario di Agrigento, che ha fatto scattare le indagini della Guardia di Finanza: ieri gli investigatori hanno sequestrato centinaia di carte sulle spese ‘pazzè sostenute” da Mifsud mentre era a capo dell’università siciliana. Di Maida parla un “deficit finanziario da 1,5 milioni di euro“. “Andando a controllare le carte sulle spese affrontate da Mifsud mentre era ad Agrigento – racconta il presidente – ci siamo accorti che erano state sostenute spese assurde. A partire dalla bollette telefoniche”. E mostra decine di bollette Wind, dal 2010 al 2011, che ammontano a svariate migliaia di euro. Nell’ottobre 2010 la bolletta ammonta a 3.143 euro, nel marzo 2011 raggiunge quota 4.204 euro, nel novembre dello stessi anno è di 3.111 euro. “Tutte telefonate fatte a paesi esteri che non hanno nulla a che vedere con l’università – dice Di Maida – Ma soprattutto in Russia, con cui questo ateneo non ha alcun legame. Così come le telefonate fatte in Libia, in Siria o in Libano”.
Poi c’erano le spese ‘anomale’, come le definisce Di Maida. “C’è un acquisto fatto in un negozio di intimo – dice – e un altro in un negozio di giocattoli. Sempre con la carta di credito dell’Università”. E poi i numerosi biglietti aerei, anche con “signore dell’Est” che “nulla c’entravano con l’università. E quando è stato chiesto al professor Mifsud perché avesse la necessità di farsi accompagnare da queste donne rispondeva che erano ‘assistenti’ì. Strano, nessuno le ha mai viste queste assistenti…”. dice sempre Di Maida. “Non c’è una sola relazione che accompagnasse i viaggi misteriosi fatti da Mifsud in quegli anni in paesi come la Siria o la Russia o il Libano, o l’Inghilterra o gli Stati Uniti. Niente. Nemmeno una. Mentre il Presidente del Consorzio universitario non ha mai speso un euro di telefonate “perché – spiega – uso il mio telefono personale e non chiamo la Russia o in Siria… né vado in quei paesi a spese dell’università”.
Nel marzo del 2016 sarebbe stato Mifsud ad avvicinare George Papadopulos, consigliere della campagna elettorale di Donald Trump, offrendogli “migliaia” di email rubate dai russi a Hillary Clinton. Nell’ottobre del 2017, quando gli investigatori americano resero noto il suo coinvolgimento nel Russiagate, Mifsud è sparito: non è nel suo appartamento a Roma, né presso il suo ex campus alla Link University, né a Londra. Il Comitato nazionale democratico che ha citato in giudizio anche Mifsud in merito all’hackeraggio di migliaia di email nel 2016 ha sostenuto che il professore “è scomparso o forse morto”.
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Roma, 9 gen. (Adnkronos) - "Credo" che di una riforma della responsabilità civile dei magistrati "si debba discutere all'interno della maggioranza, attualmente non ne stiamo discutendo". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di fine anno.
Roma, 9 gen (Adnkronos) - Il viaggio a Mar a lago da Donald Trump "era una idea nata durante l'incontro avuto a Parigi. Era occasione, è stata occasione, per confermare un rapporto che si annuncia molto solido, non so se dire privilegiato" e "l'accoglienza è stata al di là delle aspettative". Lo ha detto Giorgia Meloni.
"Italia e Stati Uniti hanno rapporti saldi, questo indipendentemente dal colore dei governi. Io ho avuto un ottimo rapporto con l'amministrazione democratica e con Biden, uno scenario in cui alla guida ci sono due leader conservatori può rafforzare la convergenza. Sarebbe anche un valore aggiunto non solo per l'Italia ma per l'Europa", ha spiegato la presidente del Consiglio.
"Dopo di che a Mar a lago abbiamo parlato del quadro generale senza entrare nello specifico dei singoli dossier, le regole degli Stati Uniti su questo sono rigide. Poi dopo il 20 entreremo nel merito dei vari dossier", ha detto ancora Meloni.
Roma, 9 gen. (Adnkronos) - Il Presidente d'Ucraina, Volodymyr Zelenskyy, verrà ricevuto domani alle 10 al Quirinale dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Poi avrà un incontro con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Roma, 9 gen (Adnkronos) - "Confermo l'invito e mi farebbe piacere esserci, chiaramente lo sto valutando sulla compatibilità di agenda con le moltissime cose che dobbiamo fare. Ma se riesco, volentieri partecipo". Lo ha detto Giorgia Meloni a proposito della cerimonia di insediamento di Donald Trump il 20 gennaio prossimo.
Roma, 9 gen. (Adnkronos) - "Penso che quella di Fratelli d'Italia sia un'opzione che deve essere tenuta in considerazione" per la candidatura del centrodestra alla presidenza della Regione Veneto. Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di inizio anno. "Penso però -ha aggiunto la premier- che di queste vicende si debba discutere con grande serenità con gli alleati, ed è quello che faremo. Ci saranno diverse elezioni regionali quest'anno, ampie, importanti, delicate, abbiamo già cominciato a parlarne con Matteo Salvini, con Antonio Tajani, con gli altri e continueremo a farlo".
"Non penso che su questo il dibattito per il tramite della stampa aiuti, perchè alla fine, come abbiamo sempre fatto, valutiamo su ogni regione quelle che sono le condizioni migliori e su quelle operiamo. Chiaramente l'obiettivo è vincere le elezioni, cercare di dare ai cittadini di queste regioni quella che crediamo sia la proposta migliore".
"Però io ragiono così, non ho mai amato, e non lo faccio neanche adesso, il fatto che ci si dica per il tramite della stampa 'io, io', non è il modo giusto di procedere. Quindi -ha concluso Meloni- parleremo prima noi e poi lo comunicheremo alla stampa una volta che lo abbiamo deciso".
Roma, 9 gen. (Adnkronos/Labitalia) - In un Paese che invecchia e si riduce a causa della crisi demografica, cambia il rapporto degli italiani con il lavoro e in particolare le aspettative dei giovani, ma cambiano anche le prospettive previdenziali specialmente dei cosiddetti boomer che vorrebbero continuare a lavorare anche oltre l’età di pensionamento. E quanto emerge dal secondo report dell’Osservatorio Enpaia-Censis del mondo agricolo nel quale si evidenzia come se da una parte l’innalzamento dell’età di pensionamento viene vissuto nel 65,1% dei casi come “una costrizione alla libertà individuale” (che arriva al 69,6% nella fascia dei 35 ai 64 anni), dall’altra una quota ancora più ampia degli italiani (circa il 70%) afferma che si debba consentire ai pensionati, se vogliono, di continuare a lavorare (percentuale che sfiora l’80% tra gli over 64) .
Una richiesta – viene sottolineato nel report – coerente con la struttura demografica di una società che invecchiando si fa longeva e che deve essere accompagnata da un sistema integrato e coerente di misure di active ageing, permettendo ai più anziani di essere attivi nei diversi ambiti della sfera sociale, mercato del lavoro incluso, senza che l’età sia un fattore discriminante.
Il report, spiega il direttore generale di Enpaia Roberto Diacetti, “fotografa un’Italia dove il 92% degli occupati non disdegnerebbe avere più libertà di scelta per quanto riguarda l’età di pensionamento, con una maggiore flessibilità in uscita dal lavoro, quindi con la possibilità di poter andare in pensione un po’ prima con delle penalizzazioni ridotte, ma anche di poter restare al lavoro più a lungo, oltre l’età pensionabile”. Ma nel nostro Paese, aggiunge Diacetti, "abbiamo un enorme problema costituito da salari troppo bassi che impatta negativamente anche sulle future pensioni oltre che sulla domanda interna". Perciò, conclude il Dg di Enpaia, "l’idea di rinunciare a una minima quota di dividendi da parte delle imprese per aumentare le retribuzioni, merita una riflessione seria".
Roma, 9 gen. (Adnkronos) - "Ascolto sempre con grande attenzione le parole di Papa Francesco che ringrazio: quello che dice sull'amnistia è contenuto nella bolla di indizione del Giubileo e quindi è rivolto ai Governi di tutto il mondo, non è una questione che riguarda specificatamente l'Italia", che "in ogni caso intende la sua parte per garantire condizioni migliori a chi deve scontare una pena in Italia". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di fine anno.
"La mia idea -ha aggiunto la premier- non è che questo si debba fare adeguando il numero dei detenuti o i reati alla capienza delle nostre carceri, ma penso che quello che dobbiamo fare è adeguare la capienza delle nostre carceri alle necessità. Questo fa uno Stato serio ed è la ragione per la quale nelle scorse settimane abbiamo nominato un commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, che ha l'obietivo di realizzare settemila nuovi posti in tre anni a partire dal 2025".
"Secondo me il modo serio di risolvere questa questione non è con le amnistie, con gli indulti, con gli svuotacarceri, con quello che abbiamo visto in questi anni, è un altro: da una parte ampliare la capienza delle nostre carceri. Poi parallelamente stiamo lavorando per rendere più agevole il passaggio dei detenuti tossicodipendenti in comunità e molto spesso cerchiamo di intensificare il numero degli accordi con gli altri Paesi che consentono alle persone straniere che sono condannate in Italia di scontare la pena nel Paese d'origine. Questo -ha concluso Meloni- è il modo con il quale si garantisce un sistema carcerario più dignitoso per i detenuti".