Il sito finanziario rivela che l'Agenzia delle Entrate contesta a Fca di aver sottostimato di 5,1 miliardi di euro il valore dell’acquisizione della parte americana del gruppo, pagando quindi un'importa inferiore per la cosiddetta exit tax. La replica del gruppo: "Fiduciosi che otterremo riduzione degli importi, ma qualsivoglia plusvalenza sarebbe compensata da perdite pregresse"
Una contestazione fiscale che può costare a Fiat Chrysler 1,3 miliardi di euro. Secondo quanto scrive Bloomberg, l’Agenzia delle Entrate obietta a Fca di aver sottostimato di 5,1 miliardi di euro il valore dell’acquisizione della parte americana del gruppo, durante la ristrutturazione avvenuta nell’ottobre 2014. Il processo di acquisizione del concorrente statunitense è durato cinque anni e al termine della ristrutturazione è stata creata Fca, la nuova società con sede legale in Olanda e sede fiscale in Gran Bretagna, invece che a Torino, che era la sede storica da oltre un secolo della Fiat.
Con lo spostamento della sede, Fiat aveva dovuto pagare la cosiddetta ‘exit tax‘: un’imposta che l’Italia applica sulle plusvalenze realizzate quando le società spostano le loro attività al di fuori del paese. Solo che aveva pagato la tassa – che all’epoca aveva una aliquota di circa il 27,5% – su un valore dichiarato, seguendo le indicazioni dei suoi consulenti, di 7,5 miliardi. L’Agenzia delle Entrate, secondo quanto riporta Bloomberg – all’epoca aveva invece valutato Chrysler circa 12,5 miliardi di euro. È il motivo per cui Fca rischia ora di dover pagare arretrati al fisco italiano per circa 1,3 miliardi di euro (il 27,5% di 5,1 miliardi). Anche se i colloqui con l’Agenzia potrebbero tagliare di molto l’importo.
Un aspetto che sottolinea anche Fca, che tramite un portavoce fa sapere di contare su una revisione della cifra di cui dà conto Bloomberg. “Non condividiamo affatto le considerazioni contenute in questa relazione preliminare e abbiamo fiducia nel fatto che otterremo una sostanziale riduzione dei relativi importi – spiega il portavoce a proposito della contestazione – . Va inoltre rilevato che qualsivoglia plusvalenza tassabile che fosse accertata sarebbe compensata da perdite pregresse, senza alcun significativo esborso di liquidità o conseguenza sui risultati”.
Secondo quanto scrive Bloomberg, la notizia non ha avuto impatto sulla fusione con Psa, che era a conoscenza dell’audit citato dalla testata finanziaria anche perché il contenzioso era peraltro stato segnalato nella trimestrale al 31 ottobre. “L’autorità fiscale italiana ha valutato Chrysler circa 12,5 miliardi di euro, mentre la Fiat, su consiglio dei suoi consulenti, ha dichiarato che vale meno di 7,5 miliardi di euro – scrive Bloomberg -. Quando Fiat Chrysler ha debuttato alla Borsa di New York a metà ottobre 2014, la società aveva un valore di mercato di circa 8,3 miliardi di euro”.