L’elenco di chi, negli ultimi venticinque anni, l’ha fatta franca grazie alla prescrizione è lungo, impossibile da riassumere e impressionante. E racconta, più di un trattato, perché in tanti si oppongono alla riforma. Ci sono, ad esempio, oltre Andreotti, il proprietario di Mediaset ed ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (per reati che vanno dal finanziamento illecito al falso in bilancio fino alla corruzione); l’ex editore de La Repubblica Carlo De Benedetti (corruzione nelle forniture pubbliche); l’industriale Giampiero Pesenti, presidente negli anni Novanta del patto di sindacato del Rizzoli-Corriere della Sera (corruzione); due uomini chiave per la Fiat, come Franzo Grande Stevens e Gian Luigi Gabetti (agiotaggio Ifil-Exor); l’ex numero uno di Eni e Enel, Paolo Scaroni (disastro ambientale); il multimilionario svizzero Stephan Schmidheiny (morti Eternit a causa dell’amianto); il potente finanziere Fabrizio Palenzona (conti esteri non dichiarati); l’ex padrone del calcio italiano Luciano Moggi (associazione per delinquere); il presidente della Lazio e imprenditore nel settore vigilanza e pulizie Claudio Lotito (associazione per delinquere e fatture false più un processo per frode sportiva); quasi tutti i più importanti costruttori romani accusati di aver pagato tangenti per vendere immobili agli enti pubblici: dall’editore de Il Messaggero Francesco Gaetano Caltagirone a quello del Il Tempo Domenico Bonifaci, da Pietro Mezzaroma, fino a Renato Bocchi e Elia Federici.
Rappresentano il meglio (ma per alcuni il peggio) delle élite del Paese. A volte controllano giornali, televisioni, siti internet. A volte li foraggiano con le loro campagne pubblicitarie. Sempre, o quasi, frequentano o hanno rapporti di amicizia con opinion leader e i politici che fanno le leggi. I loro legali vengono eletti in Parlamento, dove per decenni quella dell’avvocatura è stata la categoria professionale più rappresentata, e dove di salvati dalla prescrizione ce ne sono sempre stati a bizzeffe.
Decine e decine di parlamentari ed ex parlamentari come Umberto Bossi (truffa aggravata sui rimborsi elettorali), Denis Verdini (corruzione), Alberto Tedesco (associazione a delinquere), Alfonso Papa (P4), Antonio D’Alì (concorso esterno in associazione mafiosa), Roberto Calderoli (resistenza a pubblico ufficiale). Una lista infinita che se si guarda alla politica viene allungata dai nomi di sindaci, consiglieri regionali, governatori, attivisti e persino da quello di Beppe Grillo (violazione dei sigilli durante una manifestazione No Tav) il cui Movimento però si è battuto e ha approvato una legge, ora osteggiata da quasi tutti i partiti, per abolire il colpo di spugna deciso in base al calendario.
La prescrizione è insomma stata per anni la palla in corner delle classi dirigenti. Se proprio le cose andavano male, se addirittura avevi ammesso nel corso delle indagini preliminari il tuo reato, o le prove erano evidenti, grazie al codice, ai buoni avvocati e ai tribunali ingolfati dai processi potevi sempre sperare di farcela. Perché l’inesorabile scorrere del tempo giocava per te. Era tutto dichiarato, sfrontato, alla luce del sole.
Come avrebbero scoperto, loro malgrado, i cittadini nel 2005, quando il governo Berlusconi vara una riforma destinata a mettere in ginocchio la già malandata Giustizia per anni. Una riforma che di fatto dimezza i tempi di prescrizione, ma solo per gli incensurati. Condizione in cui di solito si trovano i colletti bianchi che finiscono alla sbarra. In quel 2005 il problema maggiore per Berlusconi è rappresentato dai processi per corruzione giudiziaria (il caso “Toghe sporche”) per i quali è stato condannato in primo grado il deputato Cesare Previti, storico avvocato civilista dell’allora Cavaliere. Le condanne di Previti rischiano di essere confermate in Appello e, se lo fossero pure in Cassazione, gli spalancherebbero le porte del carcere. Ecco dunque approdare alla Camera la legge Cirielli – che prende nome dal deputato di Alleanza Nazionale Edmondo Cirielli –, nata per inasprire le pene per i condannati recidivi. Una legge ispirata alla «tolleranza zero» contro la criminalità. Ma una manina furtiva decide di agganciarvi un codicillo che di fatto dimezza i termini di prescrizione per chi non ha altre condanne definitive: per la corruzione, ad esempio, la scadenza massima scenderebbe da quindici a sette anni e mezzo, anche senza le attenuanti generiche.
In pratica, se la legge passa, tutti i reati di cui sono accusati Previti, e in altri processi, lo stesso Berlusconi rischiano di essere già prescritti da tempo. Gli esperti però prevedono una falcidia di migliaia di dibattimenti per reati contro la pubblica amministrazione e anche per delitti “comuni”. Cirielli ritira la sua firma dal ddl che, spiega, è stato completamente snaturato: “Per aiutare Previti salvano i veri delinquenti” (come se chi corrompe i giudici non fosse un vero delinquente). E annuncia voto contrario. Il nuovo relatore della “ex Cirielli” sarà il forzista Luigi Vitali, un avvocato pugliese eletto a Francavilla Fontana che, per premio, diventerà presto sottosegretario alla Giustizia. Intervistato da “La Repubblica”, dopo aver ammesso di evadere le tasse (“Guadagno 220 mila euro dichiarati. Extra in nero? Condonati”), Vitali parla della legge salva-Previti che tutti, a cominciare da Previti, negano esser fatta apposta per Previti: “Non nego che la legge in qualche modo possa servire a Previti”. E rivela che l’amico Cesare se n’è interessato personalmente: “Una volta Previti mi ha chiesto: ‘Hai messo mano a questa cosa?'”. Anche Berlusconi l’ha chiamato: “Si è voluto informare sulla qualità di questa legge: ‘Molti giornali scrivono che è una porcheria’ mi ha detto ‘tu che ne dici?’ Io gli ho risposto: ‘Guarda, Presidente, è molto meno porca di quel che si dica’”. Rassicurato da quel “molto meno porca”, il premier l’ha incoraggiato: “Vai avanti”.
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