Sono i primi a vedere Tosca, con tre giorni d’anticipo rispetto al blasonato parterre del 7 dicembre, fatto di autorità, politici e celebrità. Arrivano in lungo, sfidando il selciato con il tacco a spillo o direttamente dal lavoro, con lo zaino sulle spalle. Sono generosi con gli applausi, elegantissimi, carichi d’entusiasmo. E, ovviamente, armati di smartphone: sono i ragazzi dell’Anteprima Giovani del Teatro Alla Scala, la serata del 4 dicembre dedicata a chi ha meno di trent’anni, che da anni fa sempre il tutto esaurito. “Questa è l’unica occasione in cui posso permettermi un biglietto per la Scala“, commenta Elisa, 21 anni, studentessa fuorisede a Milano. “L’opera è meravigliosa, è la mia prima volta e sono rimasta impressionata, spero di poter tornare”.
Un biglietto per questa serata costa 20 euro: praticamente un paio di drink in un locale del centro. Per averlo, i ragazzi sono disposti a mettersi in fila tutta la notte sotto i portici del teatro o a tentare la lotteria della piattaforma online. Con il prezioso biglietto in tasca, attraversano la città in abito lungo alle cinque di pomeriggio, sfidando il selciato e la folla che anima la Galleria. Pietro e Anna sono appena scesi dal treno, arrivano da Torino con lo zaino sulle spalle e una giacca impermeabile sopra all’abito da sera: “Dentro si potrà portare la borraccia?”. Nel foyer, ragazze elegantissime non perdono tempo e si mettono in posa davanti all’albero di Natale: non si esce da qui senza la foto perfetta. Un ragazzo con gli occhiali sfoglia il programma di sala: “Vorrei leggere la trama, ma ho paura di spoilerarmi come va a finire“. Per molti è la prima volta all’opera: si viene qui per la serata mondana, perché il nome del teatro ha ancora il suo fascino. Ma magari – ed è l’obiettivo della serata – nasce un amore con un genere che sembrava inavvicinabile. Vedere la Prima della Scala è po’ come assaggiare la pizza a Napoli: se non ti innamori qui, non ti innamorerai mai.
“Non vado spesso a teatro – confessa Elisa, 19 anni – però mi piace la sera dell’anteprima, è un’occasione speciale“. Nel foyer sfilano calici di spumante, abiti di paillettes, papillon, sorrisi distribuiti con nonchalance alle tante telecamere presenti: “Dai che domani siamo sul tg”, sussurra una ragazza all’amica sottobraccio. Ci sono i puristi, che commentano il recupero della partitura di Giacomo Puccini e la direzione di Riccardo Chailly. Gli aficionados, alla loro terza o quarta anteprima, che istruiscono gli amici. Le pragmatiche, che sono arrivate appena uscite dal lavoro e si scambiano i trucchi nella toilette. I calcolatori: “Ho prenotato per il tavolo per le nove, secondo te ce la facciamo?”. Gli attenti commentatori politici: “Non hanno suonato l’inno: non è che Mattarella il 7 non viene?”. L’impressione è che ci siano molti più “maturi” degli altri anni, tra giornalisti e invitati.
Si abbassano le luci: è il segnale che l’opera sta per cominciare. Riccardo e Lorenzo studiano entrambi ingegneria, per loro è la prima volta alla Scala. Hanno letto la trama dell’opera prima di entrare e ogni tanti si indicano a vicenda i personaggi sulla scena. “Scarpia (il baritono Luca Salsi, ndr) è bravissimo, per ora è il mio preferito tra i cantanti”, commenta Riccardo, che scorre il programma di sala per cercare i nomi. “Non pensavo che l’opera fosse così: è incredibile. Peccato che da qui non vedo bene, abbiamo preso i biglietti online insieme ai nostri amici: solo che loro hanno avuto la platea e noi i palchetti laterali, che sfortuna”. Così, a metà di ogni atto, si danno il cambio nelle sedie posteriori, in modo che a turno vedano un angolo di scena in più. E ne vale la pena, perché la scenografia creata dallo studio Giò Forma è sensazionale, sfrutta ogni possibile artificio messo a disposizione dal teatro: è quasi cinema.
Durante gli intervalli, il pubblico si riversa nel foyer, dove i veri protagonisti sono gli abiti. Catalogo non esaustivo: sottovesti in seta scivolata, schiene scoperte, molto velluto e moltissimo rosso, anche se le signore della Milano bene lo evitavano perché, tra le poltrone di velluto cremisi, non risalta affatto. C’è chi approfitta per sfoggiare un abito in stille ballo del liceo, chi si porta avanti per Capodanno, tra luccichii, oro e paillettes. Due ragazzi – rispettivamente in t-shirt e camicia hawaiana – si guardano intorno spaesati, nel mare di giacche di velluto, papillon colorati, addirittura l’ascot. C’è anche chi decide di sfidare ogni tabù, osando il viola dalla testa ai piedi, colore vietatissimo a teatro. La più fotografata è una ragazza con un ampio abito argento – da fare invidia a Tosca – e i guanti fin sopra il gomito.
Il pubblico della Primina è un pubblico educato, entusiasta e generoso di ovazioni, anche a scena aperta. Alla fine, oltre dieci minuti di applausi carichi di sincera ammirazione. Il colpo di scena finale immaginato dal regista Davide Livermore lascia perplesso qualcuno, ma la maggior parte è in visibilio: “Bello, bellissimo, siamo rimaste a bocca aperta”, dicono Claudia e Nicole, pugliesi in trasferta a Milano. Alla fine della serata, c’è chi approfitta dei palchi che si svuotano per farsi un’ultima foto con il sipario alle spalle. Sotto i portici, una ragazza si sfila i tacchi e indossa le ballerine, ponendo fine alla tortura. I veri appassionati però si precipitano fuori, per aspettare i cantanti all’ingresso laterale. Francesco Meli, impeccabile in cappotto blu e valigetta, dispensa sorrisi, autografi e selfie. Il suo Cavaradossi è piaciuto a tutti: “Ho quasi pianto alla fine”, confessa una ragazza chiedendogli una foto. Un ragazzo francese gli si avvicina canticchiando per farsi firmare la locandina: è in Italia per studiare e sogna di fare il cantante. Eleonora e Valerio, friulani appassionati d’opera, aspettano con trepidazione il soprano Anna Netrebko. La ragazza indica emozionata un cappellino bianco che spunta tra la folla: “Eccola, è lei!”. I ragazzi la prendono d’assalto, eccitatissimi, per la gioia di un ambulante che nel giro di poco vende tutte le sue rose: prima di chiedergli un selfie, in tanti le porgono un omaggio floreale. Noblesse oblige.