Il leader della Lega Matteo Salvini se l’è presa su Twitter con il Vernacoliere, lo storico giornale satirico livornese diretto da Mario Cardinali: “Per carità, satira e ironia sono il sale della vita ma perché tirare in ballo la Madonna?” ha scritto il leader del Carroccio.

Tutta “colpa” dell’ultima locandina del giornale che, con il consueto spirito tagliente, prende in giro l’ex ministro dell’Interno per i frequenti riferimenti alla Madonna e all’iconografia religiosa durante i suoi comizi. “Artro che ‘r core ‘mmacolato di Maria! La Madonna scrive al Vernacoliere: per favore, mandate Sarvini affanculo per me. Io le parolacce ‘un le posso di’” recita la civetta del giornale satirico. “Abbiamo ricevuto una lettera – spiega sarcastico il direttore Mario Cardinali – questa santa donna ci ha scritto: caro Vernacoliere c’avrei da mandare a quel paese un certo Matteo Salvini, quel chiacchierone che mi porta sempre per bocca, che sbaciucchia sempre il mio figliolo. Ma cosa vuole, ma chi lo conosce?”. E ribatte al tweet di Salvini: “Lasciamola tirare in ballo solo a lui allora, visto che se ne fa usbergo e ne fa uso e consumo per i suoi comizi”.

Nei decenni Cardinali, che ha lo sberleffo nel dna, è stato spesso portato nelle aule dei tribunali per via dei titoli dissacranti del Vernacoliere. Come quando negli anni ’80 parlò di “sovrimposta sulla topa“. “Era uscita la sovrimposta governativa sui fabbricati – ricorda Mario Cardinali – ci fu un signore, comunista tra l’altro, il direttore della biblioteca comunale di Pisa che mi querelò per oscenità. Ci fu un processo per direttissima. Per la prima volta c’era la ‘topa’ su una locandina. Feci una deposizione di un’ora e un quarto, fui praticamente l’unico a parlare. Andai a testimoniare che la topa non è un lemma osceno, a Livorno è un lemma normale, familiare. Andai a dimostrare che la parolaccia non era uno sfogo epidermico ma era una riacquisizione del linguaggio popolare contro il linguaggio colto, che io ben conosco”. La causa, come molte altre, fu vinta dal Vernacoliere e, come spiega Cardinali: “Il linguaggio popolare è il diritto del popolo a non farsi infinocchiare”

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