Venne sequestrato dalle Brigate Rosse nel 1974 e rimase nelle mani dei rapitori per 33 giorni. Mario Sossi, ex magistrato è politico, è morto oggi a Genova a 87 anni. Nato a Imperia il 6 febbraio nel 1932, sposato e ormai vedovo, due figlie, Sossi era entrato in magistratura nel 1957. Pubblico ministero nel processo al Gruppo XXII Ottobre, era in pensione dal 2006, nel 2008 si era candidato per il consiglio comunale di Genova con Alleanza Nazionale, senza venir eletto. Nel 2009 si era candidato invece alle europee da indipendente nella lista di Forza Nuova.
Il nome di Sossi resta legato a uno dei primi ‘salti di qualità’ delle Brigate Rosse che il 18 aprile 1974 lo sequestrarono appena sceso dall’autobus a Genova, caricandolo su un’auto guidata da Alberto Franceschini e seguita da Mara Cagol, moglie di Renato Curcio – una ventina i componenti che parteciparono al rapimento. Sossi venne quindi sottoposto a un ‘processo’ delle Br, in cui si decise di ucciderlo, ma ne venne poi chiesta la liberazione in cambio del rilascio di otto componenti del gruppo XXII Ottobre, organizzazione terroristica attiva a Genova tra il 1969 ed il 1971. Nonostante il parere favorevole alla libertà provvisoria del gruppo, dato dalla Corte d’assise d’appello, il procuratore di Genova Francesco Coco si rifiutò di controfirmare l’ordinanza presentando ricorso in Cassazione. Il 23 maggio 1974 Sossi venne comunque liberato, e rientrò da solo in treno a Genova dal luogo del sequestro sulle colline di Tortona. Due anni dopo, l’8 giugno 1976 il giudice Francesco Coco venne assassinato assieme ai due uomini della scorta, Giovanni Saponara e Antioco Deiana, primo magistrato ucciso dalle Brigate rosse.
“Mi dispiace, non ne sapevo nulla, sarà morto di vecchiaia, penso avesse una certa età”, ha dichiarato Franceschini commentando la morte di Sossi. “È una storia di 50 anni fa – ha continuato -. Una storia dove ognuno ha fatto la sua parte: io come carnefice e lui come vittima“. Ricordando la detenzione del magistrato, Franceschini aggiunge che “furono 33 giorni agli inizi molto tesi, ma poi, nel corso del sequestro la cosa andò a scemare, lui capì che non era in pericolo di vita”. “Addirittura – quando lo liberammo a Milano – si dovette pure difendere dal sospetto di Dalla Chiesa, che pensò fosse diventato nostro complice, per il grado di dialogo che ci fu con noi quando era nelle nostre mani”.
(Nella foto: Sossi con la moglie Grazia e le figlie Fiorella e Gabriella a casa dopo il rilascio)