Band tra le più longeve nel panorama pop-rock italiano, quest’anno i Negrita hanno festeggiato i 20 anni di Reset, quarto capitolo della loro discografia, che tra rock, blues ed elettronica disvelò le nuove strade che il gruppo aretino avrebbe di lì in poi percorso. Album influenzato dalle sonorità dell’epoca – la morte di Kurt Cobain aveva generato un gran vuoto nella musica rock, ma allo stesso tempo l’evoluzione tecnologica offriva nuove possibilità per fare musica – durante la sua lavorazione, arrivò l’inaspettata richiesta da parte del trio Aldo Giovanni e Giacomo di realizzare la colonna sonora del loro secondo lungometraggio, Così è la vita, film che si rivelò essere un gran volàno per il disco.
“Ci venne naturale accorpare il disco alla colonna sonora, raddoppiando così le forze – mi racconta il cantante della band aretina Pau. Non avevamo previsto però che il film diventasse campione di incassi, e per lustri, battuto da Checco Zalone molti anni dopo. Con il Trio di comici all’epoca trascorrevamo insieme settimane bianche, passavamo le nottate davanti a fiumi di birra e grappa parlando di rock, blues e tanto altro, e credo che siano stati quei momenti a far scaturire l’idea di coinvolgerci nella colonna sonora del film. Ammetto però che ero scettico: era pur sempre una commedia italiana.
E poi quel disco per noi rappresentava il cambiamento, non a caso l’avevamo intitolato Reset. Tutto ha origine dal fatto che giocavamo a calcio con la Dinamo Rock, la squadra formata da cantanti e artisti a scopo benefico che era gemellata con Smemoranda, che aveva tra le sue file cabarettisti che gravitavano attorno al programma Zelig e vari personaggi dello spettacolo… Capitava che si organizzassero cene durante le quali si cementavano le amicizie e si allargavano le conoscenze, oltreché i nostri punti di vista sul mondo”.
Era quella un’epoca ricca di collaborazioni, “svariate – corregge Pau – come quelle con Ligabue, Roy Paci & Aretuska e tanti altri… Capitava che amici come Aldo Giovanni e Giacomo venissero ai nostri live. Una volta suonavamo al PalaTrussardi di Milano, quando dopo qualche pezzo arrivano i nostri tecnici con le casse con le quali si trasportano gli amplificatori. All’improvviso da queste escono Giovanni e Giacomo, che essendo piccoletti ci si erano infilati dentro. Fecero una gag con noi, suonando uno stendipanni a mo’ di arpa”.
Naturalmente non tutte le band dell’epoca godevano di certi privilegi, non tutte avevano le porte spalancate negli ambienti che contano: i Negrita si sono trovati nel posto giusto al momento giusto. Grazie al loro primo singolo, Cambio, ottennero un sostegno incredibile da Claudio Cecchetto, il boss di Radio DeeJay, che si innamorò di quel pezzo mandandolo in heavy rotation, così come accadde a Jovanotti, che col suo rap all’italiana si era imposto con Penso Positivo. “Eravamo i più trasmessi in radio – ricorda Pau – e i risultati erano molto più da band mainstream che underground, anche se poi negli anni c’è stata una flessione da quel punto di vista”.
Il 1999 è l’anno di Reset, che è stato inserito dalla rivista Rolling Stone tra i migliori 100 album della storia della musica italiana. È una sorta di greatest hits, con pezzi come Mama Maè, Hollywood, Provo a difendermi, Fragile, In ogni atomo che hanno segnato la storia della band aretina. Tra i titoli del disco c’è anche Negativo, che, dice Pau, “è un pezzo nato dall’urgenza di esprimere la nostra avversione nei confronti di certe cose che ci si ponevano davanti. L’idea mi venne perché qualche anno prima, come detto, Jovanotti scrisse Penso Positivo. Ma non nacque in risposta al suo pezzo, non l’ho scritta per fargli un dispetto. La iperpositività non era un sentimento ben accetto”.
E c’è In Ogni Atomo, il primo brano d’amore che i Negrita abbiano mai scritto. “In quegli anni – ricorda Pau – ci dicevamo ‘non scriveremo mai una canzone d’amore’ e invece nel tempo ne abbiamo scritte a decine. Un pezzo nato da un fantastico giro di basso di Drigo, che si trovava in studio con Cesare che era alla chitarra. Ma tra tutti, anche se è un brano che è passato inosservato, Allelujah è il brano che ritengo più importante a livello concettuale. Era il periodo del Grande Fratello, che per la prima volta andava in onda: con quel pezzo descrivevo i prodromi della società che ci ritroviamo adesso.
All’epoca tutti si preoccupavano che a causa del Millennium bug i computer si bloccassero, ma nessuno aveva capito che il computer stava per prendere il sopravvento sulle nostre vite. Nessuno, se non forse Steve Jobs, si aspettava questa invasione, e non parlo dei computer o degli smartphone, ma delle app come Instagram, o come TikTok, che fino a poco tempo fa era un’app sconosciuta con cui i bambini mimavano le canzoni. Dopo il boom di iscrizioni è diventato un vero e proprio social network. Ed è cinese: il rischio che si impossessino non solo del nostro tempo libero è altissimo”.