I giudici amministrativi hanno ravvisato una "potenziale restrizione della libertà di iniziativa economica" nell'esclusione della concessionaria decisa con il decreto Genova e ritengono che non sia chiaro come l'interesse pubblico a una celere ricostruzione del viadotto "sarebbe stato meglio tutelato" escludendo la concessionaria "anziché consentendo a quest’ultima di adempiere agli obblighi previsti in forza del rapporto concessorio"
Sull’esclusione di Autostrade dalla ricostruzione del ponte Morandi dovrà pronunciarsi la Corte Costituzionale. È quanto ha chiesto il Tar della Liguria trasmettendo alla Consulta il quesito della concessionaria contro il decreto Genova ed evidenziando profili di incostituzionalità legati a una “potenziale restrizione della libertà di iniziativa economica”. La sospensione del giudizio non intacca il proseguimento dei lavori, visto che Autostrade aveva rinunciato a bloccarli.
L’ordinanza depositata dai giudici amministrativi è articolata e in riferimento all’esclusione dalla demolizione e ricostruzione dell’infrastruttura avanza l’ipotesi che configurino “unitamente all’imposizione di prestazioni patrimoniali di ingente importo, statuite ex lege” una “restrizione della libertà di iniziativa economica che, in assenza di previ accertamenti in ordine alla responsabilità dell’evento, non pare giustificata dall’esigenza di tutelare eventuali interessi di rango costituzionale”.
In ogni caso, scrive il Tar della Liguria, “non è possibile evincere con sufficiente chiarezza dalle disposizioni contestate la ragione per la quale l’interesse pubblico perseguito dal legislatore (alla più celere e completa ricostruzione dell’infrastruttura) sarebbe stato meglio tutelato sottraendo la competenza del ripristino alla concessionaria, anziché consentendo a quest’ultima di adempiere agli obblighi previsti in forza del rapporto concessorio”.
Per questo motivo, i giudici hanno stabilito di sospendere il giudizio e chiesto la pronuncia della Corte Costituzionale “essendo rilevante e non manifestamente infondata, nei limiti e per le ragioni esposte, la questione di legittimità costituzionale”. Il decreto aveva affidato ad un commissario straordinario la realizzazione dei lavori con spese a carico del concessionario. Si legge nelle ordinanze pubblicate che “pur non potendosi ritenere che la ‘legge-provvedimento’ sia di per sé incompatibile con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione, essa deve osservare limiti generali, tra cui il principio di ragionevolezza e non arbitrarietà”.
Il decreto Genova, poi trasformato in legge, presenta profili di illegittimità costituzionale anche perché, prosegue il Tar, basato su “una meramente potenziale, perché non accertata, nemmeno in via latamente indiziaria, responsabilità di Aspi nella causazione” del crollo. Dire che “Aspi è responsabile dell’evento – continuano i giudici – non potrebbe costituire ragione giustificativa del decreto legge perché si tratta di una valutazione che risulta essere stata adottata senza garanzie procedimentali, senza istruttoria adeguata a fare emergere anche solo elementi indiziari di responsabilità”. Insomma, l’esclusione “assoluta” di Autostrade dall’esecuzione di “qualsiasi attività, essendo fondata sul solo ‘sospetto’ di una possibile responsabilità della concessionaria, viola il principio di proporzionalità e ragionevolezza”.
Non solo: i criteri con cui sono stati stabiliti i costi a carico di Autostrade sono “indeterminati e non pertinenti”, scrive il Tar ligure secondo cui “non è dato comprendere con precisione – si legge nell’ordinanza – sulla scorta di quali parametri economici sono state determinate le indennità per metro quadro. Dall’altro, sono indeterminati e non pertinenti con lo specifico valore dell’immobile i parametri relativi alle spese per gli acquisiti degli arredi e di ogni altra spesa accessoria per la ricollocazione abitativa”.