“Non lo so”. È ancora legittimo dirlo? Secondo il pubblico di PiazzaPulita sì. Sono andata a riascoltare quell’esatto frammento della trasmissione di La7 di Corrado Formigli – puntata del 5 dicembre – perché volevo esserne sicura.
Il pubblico ha applaudito alle parole di Concita De Gregorio che nel dibattito sui non diritti del mondo del lavoro in cui il nostro Paese sta ormai affondando ha detto: ”Io vorrei poter dire ‘non lo so’ nei vari talk show e lasciar parlare loro, ma siccome anche gli altri dicono qualcosa è previsto dal copione che si parli. Bisogna dire sempre qualcosa anche se non si sa cosa dire”.
La risposta spaccona – non richiesta – di Gianluigi Paragone a De Gregorio – “Basta studiare” – sul pubblico non ha sortito alcuna reazione. Non ha prodotto quell’applauso in cui forse sperava il giornalista e ora esponente 5Stelle.
A me quel “non lo so” è sembrato liberatorio e dignitoso davanti a Filippo Riniolo, giovane artista esponente di quell’Italia di trentenni ormai abituati a considerare una fortuna un lavoro “normale”. Abituati ad accettare qualsiasi cifra, orario o attività pur di racimolare una “paga”, non più uno stipendio. De Gregorio lo ha ripetuto e sembrava davvero sincera: “Perché non ascoltiamo di più le loro storie? Perché non facciamo parlare loro invece di dire per forza noi qualcosa, magari con quella aggressività che funziona tanto?”.
Siamo un paese di commentatori. Il “non lo so” della De Gregorio non è tanto il diritto di potersi astenere dall’avere una opinione sempre e subito su tutto, ma più il dovere di recuperare il normale comportamento che usano le persone “normali” di ascoltare gli altri prima di parlare.
Corrado Formigli ha mandato in onda un servizio sulla giornata-tipo di un uomo che consegna col sorriso i pacchi dello shopping on line che ci fa tanto sentire parte della nuova “community” di chi, dal divano, si fa arrivare anche il dentifricio a casa. Il protagonista del servizio svolge un lavoro a cottimo dove non c’è tempo per mangiare, quasi neppure per andare al bagno. “Sono stato male – racconta il ragazzo padre di due figli – di notte sognavo le vie, i pacchi da consegnare, sognavo di fare incidenti per strada. Il medico mi ha detto di starmene un po’ a casa ma con due figli come faccio? A volte torno così stanco che la faccia mi cade nel piatto della cena”.
Ecco: davanti a questi autentici servizi giornalistici quel “non lo so” a me suona più come se i commenti dei giornalisti e dei politici non contassero davvero niente.
Facciamo che si ricomincia a dare spazio alla voce di chi ha qualcosa di interessante da raccontare e la politica, al posto di twittare, si rimbocca le maniche e si immerge una volta per tutte – mani e braccia – nella palude in cui stiamo sprofondando? Punto.
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