Politica

Fratelli d’Italia e la politica economica: la lettera di Giorgia Meloni e la mia replica

Qualche giorno fa ho scritto un post per prendere sul serio le dichiarazioni in materia di politica economica di Giorgia Meloni. Visto che ormai Fratelli d’Italia ha il 10 per cento nei sondaggi, non può più essere trattato come una forza marginale ed è legittimo pretendere che sia all’altezza delle sue ambizioni di governo. Per ora non è così e ho spiegato perché. Apprezzo comunque che Giorgia Meloni abbia voluto replicare in modo garbato (rispetto ai suoi standard), anche se non trovo mai molto rassicurante quando i politici rivendicano la propria ignoranza in materia economica come garanzia di buona fede. Qui la sua lettera e sotto una mia breve risposta.


Gentile direttore,
rispondo molto annoiata all’articolo “Giorgia Meloni non viene presa sul serio da nessuno. Chissà perché” di Stefano Feltri apparso sul FattoQuotidiano.it. In un arruffato pezzo il vostro Feltri scrive che “Giorgia Meloni punta al governo e, da qualche tempo, ha iniziato a parlare di politica economica. Nessuno prende sul serio le sue analisi e proposte”. Forse la sua finalità con questo articolo è provare a ricordare al mondo che di economia ne sa più di me. Voglio ben sperare per lui, visto la laurea in economia che ha preso alla Bocconi. Peccato che, forse per pigrizia, non faccia proprio un figurone nello svolgimento del compito che si era prefissato. Intanto nelle premesse del suo ragionamento. In economia io non riporto “mie analisi e proposte”, come non lo faccio quando parlo di sanità, di politica estera, di sicurezza e di tutti i grandi temi che da segretario di un partito nazionale ho il dovere di affrontare. Riporto le tesi di altri, esperti dei singoli campi, che mi hanno convinto, che condivido e che pertanto tento di affermare per il bene della Nazione. Si chiama Politica. Nel merito, servirebbe molto più spazio di quello che mi può essere concesso qui per rispondere alle approssimazioni, inesattezze ed errori riportati nel pezzo di Feltri, mi limiterò a qualche punto telegrafico.
-Fondo Salva Stati. Le preoccupazioni sulla riforma del MES e sulle conseguenze per il nostro sistema bancario non sono una mia prerogativa: mi trovo in buona compagnia, anche tra noti economisti italiani e stranieri, come i 32 economisti di 13 diversi atenei che hanno recentemente pubblicato un appello su Micromega sottoforma di lettera aperta. Feltri contesta, inoltre, il dato da me citato velocemente in trasmissione TV secondo il quale “le banche italiane detengono il 70% del debito italiano”, sostiene sia invece il 46,6%, come se questo cambiasse il senso del ragionamento. Ma anche il dato sul debito da me riportato è corretto nella sostanza: 46,6% in mano a istituzioni finanziarie residenti, più 16,5% detenuto dalla Banca d’Italia fa il 63,1% in mano “alle banche”. Se poi aggiungiamo i 150 miliardi detenuti da altri investitori residenti in Italia, tra i quali ci sono anche imprese e cittadini, arriviamo ad oltre il 69% di debito pubblico italiano detenuto da investitori domestici. Bastava leggere i dati di Banca d’Italia che Feltri cita (ma che forse non ha letto).
-Autostrade e concessioni. La posizione di Fratelli d’Italia è chiara a (quasi) tutti, visto che è stata raccontata più volte ed è anche stata formalizzata in diversi atti parlamentari, facilmente reperibili. Vogliamo la proprietà pubblica delle infrastrutture strategiche, visto che oggi alcune sono in mano a privati, come nel caso delle telecomunicazioni, e una gestione che può essere pubblica o privata, purché venga rispettata la “clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale”. Per le autostrade, la cui proprietà è pubblica (come ripeto sempre), gli attuali contratti di concessioni sono un regalo inaccettabile ai privati e vanno radicalmente rivisti.
-Alitalia. Il nesso tra crisi Alitalia e l’aeroporto di Fiumicino, che è sempre più un aeroporto aperto alle compagnie low cost, è sostenuto dai principali esperti del settore del trasporto aereo, non è una “melonata” come la definisce Feltri. A tal proposito gli consiglio di farsi una chiacchierata con il professore della Bicocca, Ugo Arrigo: saprà spiegarglielo bene lui. Scrive spesso anche per il Fatto Quotidiano e in redazione avranno sicuramente il numero di telefono.
Giorgia Meloni

Mi fa piacere che la Meloni sia aperta al confronto, per quanto muscolare. Nella sostanza ammette di aver citato un dato sbagliato (sarà una cosa da bocconiano, ma nel mondo delle persone serie dire che un dato è “corretto nella sostanza” significa riconoscere che è sbagliato). Sul resto la Meloni non risponde e non spiega, ma si limita a rivendicare il diritto di ripetere banalità orecchiate qui e là. Troppo impegnata a stare in tv, non avrà avuto tempo di leggere il Fatto Quotidiano che in questi anni – in totale solitudine – ha discusso in modo approfondito il problema delle concessioni autostradali e di Autostrade e Adr in particolare. Purtroppo il Fatto Quotidiano non era ancora nato quando Giorgia Meloni e i suoi compagni di governo hanno regalato ai Benetton la versione attuale della concessione autostradale che espone lo Stato italiano al rischio di dover pagare 20 miliardi di euro di risarcimento in caso di revoca, anche nel caso di responsabilità acclarate della società nel crollo del ponte Morandi. Ma è apprezzabile che almeno la Meloni riconosca gli errori del passato, suoi e dei suoi alleati di governo. Se e quando la Meloni vorrà spiegare le sue idee di politica economica – ma sul serio, spiegando anche come raggiungere i suoi obiettivi e con quale costo per i contribuenti italiani – io sono sempre pronto al confronto e al dibattito nel merito. Se continuerà a limitarsi a qualche “melonata” da talk show, io continuerò a segnalare la sua superficialità e le sue inesattezze. Come ho sempre fatto con Berlusconi, Letta, Monti, Renzi, Gentiloni, Salvini, Di Maio, ecc. ecc.