Mafie

‘Ndrangheta, “era il collettore che decideva a chi dare gli appalti”. L’imprenditore comincia a collaborare e le cosche tremano

Condannato a 12 anni e 4 mesi di carcere nel processo “Araba Fenice” Pino Liuzzo coltivava interessi non solo nella città dello Stretto ma anche sull’asse che dalla Calabria porta alla Lombardia

“Se io mi devo fare un pezzo di lavoro per guadagnare quei centomila euro, mi devo fare dieci anni di carcere con qualche altra associazione, io mi sono stancato”. Alla fine il boss Pino Liuzzo si è stancato veramente e dopo sei anni di carcere si è pentito. Il 21 ottobre scorso davanti al lui, nel carcere di Paliano (Frosinone), c’è il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Walter Ignazitto. Il boss imprenditore, condannato a 12 anni e 4 mesi di carcere nel processo “Araba Fenice”, ha ribadito la sua scelta: “Confermo la mia intenzione di collaborare pienamente con la giustizia, riferendo tutto quanto è a mia conoscenza”. È ancora nei 180 giorni e, in queste settimane ai pm della Procura guidata da Giovanni Bombardieri sta raccontando il contesto criminale reggino fatto di appalti, decisi a tavolino tra le principali famiglie mafiose, ma anche di legami tra cosche, imprenditori, professionisti insospettabili e politici. Legato alla cosca Rosmini e già scontata la sua condanna nel processo “Olimpia”, a 51 anni Liuzzo sta confermando ai magistrati tutte le accuse che la Direzione distrettuale antimafia gli ha contestato nell’inchiesta della Guardia di finanza che lo aveva arrestato nel 2013. Quella notte, gli uomini del colonnello Domenico Napolitano sono andati a prenderlo nella sua lussuosa villa che il boss si era costruito a Ravagnese. Con lui finì in carcere anche la compagna Serena Assumma e le Fiamme gialle sequestrarono beni per circa 90 milioni di euro. Un impero che, per gli investigatori, Liuzzo aveva realizzato grazie al contributo collusivo di “colletti bianchi”: commercialisti, avvocati, funzionari di banca e amministratori giudiziari a disposizione degli interessi mafiosi.

Definito dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, il “collettore di cartelli ‘ndraghetistici che decideva a chi dare gli appalti”, Pino Liuzzo era a capo di una vera e propria “holding criminale”, capace di infiltrare il settore dell’edilizia privata reggina grazie alla sua società “Euroedil Sas”. Per comprendere il personaggio e le potenzialità delle sue dichiarazioni è sufficiente rileggere gli atti dell’inchiesta “Araba Fenice” dove era emerso come Pino Liuzzo coltivava interessi non solo nella città dello Stretto ma anche sull’asse che dalla Calabria porta alla Lombardia dove voleva realizzare un “rilevante investimento immobiliare nella zona di Milano per un controvalore di 20-25 milioni di euro”. Una sorta di “joint ventures” con i Lampada coinvolti nell’inchiesta “Infinito”.

Adesso Pino Liuzzo sta facendo tremare le famiglie mafiose reggine e i primi nomi sono già usciti superando l’ostacolo degli omisiss. Tra questi c’è quello del medico Francesco Cellini – coinvolto in un procedimento giudiziario è finito il primo verbale di Liuzzo. Il pentito aveva conosciuto il professionista quando “insieme a Giuseppe Aquila, appoggiavamo l’onorevole Matacena per una delle campagne elettorali da questi affrontata”. Cellini gestiva una clinica e – racconta Pino Liuzzo ai pm – “era appoggiato dalla famiglia Tegano. Il dottore Cellini era rispettato dalla maggior parte delle famiglie di ‘ndrangheta. So che nella sua clinica c’erano tali Mazzagatti, ergastolano, Nino Sergi di Pellaro ed altri. Tutti fruivano dei favori del dottore Cellini”. “Quando venni arrestato nel 2015 – ha aggiunto per la tentata estorsione al palazzo della Provincia, io patteggiai la pena e poi venni scarcerato. In quel contesto mi venne diagnosticato un problema di alcolismo. In realtà non avevo una vera patologia al riguardo, quanto meno nei termini che vennero attestati. Mi aiutò Maria Giglio, sorella di Mario ed Enzo Giglio, che lavorava al Sert. Non ricordo se il dottore Cellini ebbe un ruolo in questa vicenda”. Il nuovo pentito è un fiume in piena e parla anche di politica. Oltre ai riferimenti all’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, oggi latitante a Dubai, fa il nome dell’ex assessore regionale Alberto Sarra, imputato nel processo “Gotha”: “Lui – dice Liuzzo – aveva assunto mia sorella nella farmacia della sua famiglia ed aveva aiutato mio cognato che intendeva esibirsi come cantante lirico”. Secondo il collaboratore Sarra sarebbe stato interessato alla clinica del medico Cellini. Circostanza che a Liuzzo sarebbe stata confermata dallo stesso professionista: “Cellini – fa mettere a verbale – auspicava di ottenere un prestito (un mutuo o comunque un finanziamento) e Sarra lo raccomandò per farglielo ottenere”.