A guardarla da Roma e dal Lazio l’Italia potrebbe sembrare molto indietro sul fronte della raccolta rifiuti e del riciclo. E invece no: il nostro Paese, come rivela il Rapporto “L’Italia del Riciclo 2019”, a cura di Fise Unicircular (Unione Imprese Economia Circolare) e Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, arrivato alla decima edizione, si conferma all’avanguardia dell’industria del riciclo. Attestandosi al terzo posto nella Ue per il recupero degli imballaggi (tasso di riciclo del 67%), dopo la Germania (71%) e la Spagna (70%). Non solo: molte filiere – carta, vetro, plastica, legno, alluminio e acciaio – hanno superato o quasi gli obiettivi europei previsti per il 2025 (65%) e in alcuni casi anche quelli per il 2030 (70%). Cresce un po’ meno invece, e si riduce tra il 2014 e il 2015, il tasso di utilizzo circolare della materia che si attesta al 17,1%, in quinta posizione in Europa (dietro Paesi Bassi, Belgio, Francia, Regno Unito). Questo significa, in altre parole, che le materie prime provenienti dal riciclo hanno sostituito in parte non corrispondente e inferiore alle quantità riciclate le materie prime vergini impiegate nella realizzazione dei prodotti. Per esempio poca della plastica riciclata è impiegata per produrre nuove bottiglie.
Campioni nel riciclo di rifiuti di imballaggio, meno bene pile e apparecchiature elettroniche
Se cresce la quantità di rifiuti che produciamo, passando da 155 milioni di tonnellate a 164 (+6%), cresce ancor di più il riciclo (+42%), da 76 a 108 milioni di tonnellate. Questi, invece, i tassi di riciclo delle singole filiere: carta 81% (terzo posto in Europa), vetro 76% (terzo posto), plastica 45% (terzo posto), legno 63% (secondo posto), alluminio 80%, acciaio 79%. Ci sono altre notizie positive: crescono vistosamente sia la raccolta di oli minerali usati, vicina al 100% dell’olio raccoglibile, sia quella degli oli vegetali esausti (+81% rispetto a dieci anni fa). Sempre nell’ultimo decennio, è passata da 3,3 milioni di tonnellate a oltre 6,6 milioni (2017) anche la frazione organica, con una crescita del 100%, anche se ancora gli obiettivi europei non sono stati raggiunti. Infine aumenta anche il recupero di materia degli inquinanti pneumatici, dal 43% al 58%, in linea con gli obiettivi.
Il nostro paese sconta invece un ritardo in termini di raccolta dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), 42% contro l’obiettivo 2019 del 65%. Indietro anche rispetto alle pile, dove siamo all’ultimo posto in Europa con il 42% (anche per un ritardo culturale: ancora il 17% delle pile è gettato nell’indifferenziato) e al reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, cresciuto di un solo punto in 10 anni (dall’82% all’83%). “Occorre intervenire con precisione per mantenere le posizioni conquistate e superare le carenze che permangono, migliorando la qualità delle raccolte differenziate, recuperando i ritardi che ancora ci sono in varie città, rafforzando la prevenzione e il riutilizzo, applicando la direttiva sulle plastiche monouso”, ha dichiarato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, durante la presentazione romana del Rapporto il 6 dicembre scorso.
Vola la carta, mancano impianti per l’organico
Nel Rapporto si analizzano con attenzione tutte le diverse filiere. La crescita della raccolta differenziata della carta e cartone aumenta costantemente, da Nord a Sud: gli imballaggi di carta e cartone immessi al consumo nel 2018 sono pari a 4,9 Mt, mentre la raccolta comunale nel 2018 ha sfiorato le 3,4 Mt, con una resa procapite di 56,3 Kg per abitante. Tuttavia, l’ampliamento della capacità produttiva non si è sviluppato ancora pienamente in termini di economia circolare e il dato della discarica (circa 21%) resta quasi inalterato rispetto al 2007.
Cresce, e di molto, la raccolta differenziata del vetro, aumentata del 37% negli ultimi dieci anni, in particolare dal 2017. Su questo fronte la criticità è dovuta invece a uno squilibrio tra domanda e offerta della filiera, aggravato dal peggioramento della quantità del materiale raccolto, per cui “sarebbe necessario sia migliorare la qualità del rottame sin dall’origine sia potenziare il recupero alternativo allo smaltimento in discarica”, spiega il Rapporto.
La filiera degli imballaggi in plastica, la cui produzione è in continuo aumento, ha registrato nel 2018 un incremento del 7%, +45% negli ultimi dieci anni. In questo settore resta tuttavia la necessità di trovare un equilibrio tra una raccolta che continua a crescere e potenzialità di riciclo che “allo stato dell’arte non sono infinite né quantitativamente né qualitativamente”. Più in particolare, ha spiegato sempre Ronchi, “occorre limitare le plastiche monouso, migliorare la riciclabilità, arrivare al 90% di raccolta differenziata delle bottiglie in plastica nel 2029 e del 30% delle bottiglie in PET entro il 2030”. Per quanto riguarda l’organico, cresciuto incessantemente dal 1993, i problemi irrisolti restano la mancata introduzione di questa raccolta in alcune zone del paese e il mancato sviluppo di un’adeguata rete impiantistica, un ostacolo allo sviluppo del settore.
Materie prime seconde, aumenta la produzione (ma non di tanto)
All’interno del Rapporto, un ulteriore studio (svolto da Ecocerved) permette di quantificare i rifiuti effettivamente trasformati in materie prime seconde (MPS), in modo da valutare il contributo del settore rifiuti ad una reale economia circolare, attraverso la sua integrazione con l’industria manifatturiera. Nel 2017 (ultimi dati), le 1.200 imprese dell’industria del riciclo che producono materie prime secondarie hanno trattato 18 milioni di tonnellate di carta, vetro, plastica, legno, gomma e organico (+15% rispetto al 2014), con conseguente aumento della produzione di materiali secondari (12 milioni di tonnellate di materie prime seconde per l’industria, +14%). L’efficienza nella trasformazione dei rifiuti in materiali secondari è aumentata, ma non tanto rispetto al 2014: +10% per carta, vetro, plastica, legno, molto di più per l’organico (+43%). “Se si considera il tasso di circolarità, esiste una grande potenzialità per il nostro paese, visto che la quantità di materie prime che può essere coperta da riciclo può ancora crescere”, spiega Emmanuela Pettinao, ricercatrice area Rifiuti ed Economia circolare della Fondazione per o Sviluppo Sostenibile. “Questo significa più posti di lavoro e opportunità, ma significa anche meno emissioni, visto che gli studi indicano un legame tra circolarità e riduzione delle emissioni, specie per quanto riguarda i settori dell’acciaio e della plastica”. Ed è proprio per intervenire sul fronte della circolarità che Andrea Fluttero, presidente di Fise Unicircular, invoca – a nome delle 10.500 aziende del settore – un pacchetto di misure ad hoc: “Chiediamo la certezza della cessazione della qualifica di rifiuto dopo adeguato trattamento, la promozione dei mercati del riutilizzo e dei prodotti realizzati con materiali riciclati, maggiori costi per lo smaltimento in discarica dei rifiuti indifferenziati, agevolazioni fiscali per l’uso di prodotti riciclati, il sostegno alla ricerca e all’innovazione tecnologica per il riciclo”.