Negli European Film Awards “delle assenze” trionfa il film più “assente” di tutti fra le presenze in platea, ovvero La favorita di Yorgos Lanthimos, immaginifica opera “veneziana” del 2018, già trionfatrice agli Oscar per la protagonista Olivia Colman, che agli EFA si porta a casa i riconoscimenti come miglior film, regia, attrice protagonista, costumi e fotografia ed anche il curioso premio come miglior commedia. Assenti sia Lanthimos che la Colman e l’autore della fotografia Robbie Ryan, ma almeno presente la geniale artista dei costumi britannica Sandy Powell, il film su Queen Anne e le sue “favorite” non ha avuto rivali fra i votanti degli Oscar europei, benché nella sestina dei Best Film figuravano opere di livello come L’ufficiale e la spia di Polanski, Dolor y Gloria di Almodovar e il nostro Marco Bellocchio con Il traditore, candidato a quattro statuette, ma purtroppo rimasto a mani vuote. Neppure i documentari italiani Selfie di Agostino Ferrente e La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese hanno sortito miglior risultato, essendo il premiato come miglior documentario For Sama.
Fra i premiati da segnalare Antonio Banderas mirabile protagonista di Dolor y Gloria che, dopo il riconoscimento ricevuto a Cannes, ha raccomandato in collegamento live da un teatro di Madrid di consegnare “il premio a Pedro Almodovar, perché è lui che interpreto, e lui lo riporterà in Spagna!”, Céline Sciamma (anche lei assente) per la sceneggiatura vincitrice a Cannes di Portrait de la jeune fille en feu (Ritratto di una giovane in fiamme), il regista esordiente franco-maliano Ladj Ly il cui Les Misérables ha portato a casa l’European Discovery – Prix Fipresci e il polacco Pawel Pawlikowsky vincitore dell’Audience Award per il suo già pluripremiato lo scorso anno proprio agli EFA 2018 Cold War.
Ma la serata berlinese, non particolarmente brillante nonostante l’impegno dell’organizzazione tedesca ad animarla il più possibile, ha toccato vertici di commozione solamente in tre momenti. Il primo per la presenza del cineasta ucraino Oleg Sentsov finalmente libero dopo 5 anni e mezzo di reclusione in Siberia voluta da Putin, il secondo e il terzo rispettivamente per Juliette Binoche e Werner Herzog, entrambi premiati alla carriera.
A consegnare il Europea Life Achievement Award all’attrice francese è stata la regista sua amica e concittadina Claire Denis, che le ha tributato un omaggio fuori dalle righe. Visibilmente commossa, Binoche ha replicato con un discorso che ha messo al centro le evidenti criticità contemporanee su base planetaria e invitando gli artisti ad essere: “sempre più veritieri, dando più amore, ascoltando di più, perché l’arte ha a che vedere con la condivisione con gli altri. Voglio condividere un segreto agli attori, scegliete responsabilmente i vostri film, perché voi potete fare la differenza, potete cambiare il mondo”.
Ma il momento clou è stato senza dubbio quello che ha visto gli amici/rivali di sempre Wim Wenders e Werner Herzog abbracciarsi sul palco. Il primo si è rivolto al secondo con un autentico tributo: “Werner, sei veramente un fantastico genio del cinema, unico nel tuo genere, autodidatta, hai inventato il tuo cinema, ero studente e avevo 23 anni quando ti ho incontrato la prima volta; quello che tu ci hai insegnato sul cinema è il contrario di quanto ci hanno insegnato gli altri: dovete sempre rischiare, ci dicevi, perché fare cinema significare lottare, fare una battaglia. All’epoca ci spaventasti, ma era vero, il cinema e la vita dovevano essere inseparabili. Qualche anno dopo eravamo colleghi, sotto l’etichetta di nuovo cinema tedesco, un gruppo selvaggio, il successo di uno aiutava l’altro, nessuno però poteva fare i film come li facevi tu, eravamo amici, spinti da una solidarietà unica che oggi sembra fantascienza. Sei una torre di integrità e ci mostri che fare cinema comincia e finisce con essere fedeli a se stessi”.
Herzog, da parte sua, ha ringraziato Wenders con sincera emozione: “Sono commosso da tutti voi, ho sempre pensato di essere un buon soldato del cinema, ma i soldati non sono mai da soli. Credo si possa essere felici che non esista un cinema europeo di per sé, ma che esista la solidarietà e l’impegno nella collaborazione fra Paesi europei che ha reso possibile a Stati troppo piccoli di fare cose meravigliose, come la Danimarca, la Romania: magari da sole non ce la facevano, la solidarietà europea le ha aiutate. Io vivo a Los Angeles e vedo le cose dall’esterno in maniera forse più acuta, ho sensazione che l’Unione Europea abbia un valore specifico che corrisponde a un progetto di pace concreto e funzionante dopo tante guerre sanguinose: questo è il più grande progetto di pace che la storia del mondo abbia mai avuto”. Grazie alle parole di Binoche e di Herzog gli European Film Awards 2019 hanno rappresentato un momento da ricordare.