“Sulla sicurezza mi sembra che ci sia qualcosa che non funziona. Questa tabella avrebbe meritato un approfondimento”. Alberto Selleri, responsabile della direzione realizzazione delle nuove opere di Autostrade, risponde così in audizione alla Commissione d’inchiesta del ministero dei Trasporti sul crollo del Ponte Morandi. È passato un mese dalla strage del 14 agosto 2018, in cui sono morte 43 persone. Di fronte ai commissari del Mit hanno parlato l’allora amministratore delegato Giovanni Castellucci, superdirigenti di Aspi e di Spea, la società del gruppo Benetton ai cui erano delegati i controlli su viadotti e gallerie. Le loro audizioni raccontano di un rimpallo di responsabilità, fino a che non si presenta Selleri.
Alcuni stralci dei verbali, acquisiti dalla Procura di Genova, vengono riportati da La Stampa oggi in edicola. L’ex ad Castellucci, allora numero 1 di Autostrade, si scherma con i nomi di Michele Donferri, in quel momento a capo delle manutenzioni, e Paolo Berti, all’epoca direttore centrale operativo. “Il piano delle manutenzioni straordinario è un qualcosa che potete chiedere a Berti. E’ la sua struttura che lo sviluppa e aggiorna”, dice Castellucci. Che poi afferma: “Chi aveva fatto monitoraggio non ha evidenziato elementi di criticità” sul Morandi. E aggiunge: “Non esiste una strategia che limita gli investimenti” in sicurezza e manutenzione.
Due circostanze smentite dalla carte ad oggi in mano alla Procura di Genova che indaga sul crollo del viadotto. Come ha raccontato Il Fatto Quotidiano, Aspi era consapevole delle fragilità del viadotto già dal 2011, quando parlava di “rischio inagibilità“. Mentre il Gip di Genova, Angela Maria Nutini, scrive nell’ordinanza dell’inchiesta bis che ha portato agli arresti domiciliari 3 tecnici di Aspi e Spea e a 6 misure interdittive nei confronti di loro colleghi e di un consulente: “La logicacommerciale prevale sulla sicurezza, in spregio al pubblico servizio”. Senza dimenticare un terzo filone d’inchiesta, in cui Autostrade per l’Italia è accusata di avere sistematicamente falsificato le carte per nascondere le sue “gravissime inadempienze” agli obblighi nei confronti della legge e dello Stato.
Dopo Castellucci, in audizione si presentano anche Berti – che, riporta La Stampa, risponde con una serie di “non so” – e Donferri. Tutti e tre oggi non fanno più parte di Aspi: Castellucci si è dimesso con una buonuscita da 13 milioni di euro, mentre Donferri e Berti venivano licenziati. Berti, ex direttore di tronco condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi per la strage del bus sul viadotto di Acqualonga, vicino ad Avellino, il 14 gennaio 2019 chiama Donferri per lamentarsi della condanna (Castellucci è stato assolto). E il collega risponde: “Pensa soltanto a stringere un accordo col capo punto e basta!“.
Castellucci, Donferri e Berti in audizione sottolineano il ruolo dell’allora direttore di tronco, Stefano Marigliani, che a sua volta sottolinea il ruolo di Spea e quindi dell’ex direttore tecnico Massimiliano Giacobbi. “Noi mandiamo tutto ad Autostrade”, dice quest’ultimo in audizione, chiudendo il cerchio. A interrompere lo schema arriva Selleri, che – ricorda La Stampa – non è indagato nel crollo del Morandi. In merito alla tabella di valutazione sismica e i coefficenti di sicurezza del progetto che gli sono stati mostrati dalla Commissione, il manager risponde: “Mi sembra assurdo. Non so cosa dire. In effetti qui sembra un ponticello“. I commissari che indagano gli chiedono: “Ci stiamo sbagliando? Non abbiamo capito niente?”. Selleri risponde: “Alla prima impressione direi di no“.