Per una volta una gaffe, anzi una stupidaggine vera e propria, ha prodotto un buon risultato. Bisogna ringraziare Matteo Salvini che a sua insaputa ha fatto venire alla ribalta un problema che è insieme una grande opportunità. “Non mangio la Nutella perché è fatta con le nocciole turche”, ha detto qualche giorno fa in un comizio a Ravenna per poi pentirsene subito dopo. Non sapeva che senza le nocciole turche (e quelle della Georgia e dell’Azerbaijan) la Nutella non sarebbe in molti scaffali italiani. Perché Ferrero, leader mondiale dell’industria dolciaria, assorbe 220mila tonnellate di nocciole l’anno. L’Italia tutta intera ne produce solo 125mila e le distribuisce anche agli altri concorrenti (Barilla in testa).

E’ questo un grande problema e, come abbiamo detto, una grande opportunità soprattutto per il Sud. Le migliaia di ettari incolti, la fuga dalle campagne, lo spopolamento delle aree collinari, è una questione che da qui a vent’anni provocherà un disastro nel nostro Paese a causa di uno sgretolamento demografico nel Mezzogiorno che toccherà vette incredibili: – 4 milioni di abitanti. Un deserto. Un cimitero.

Questo è il panorama, nero come la pece. Perciò un po’ di luce, grazie alla nocciola, gli agricoltori, specialmente quelli meridionali, possono vederla. Perché Ferrero ha pianificato il sostegno della coltura delle nocciole, immaginando l’aumento in un ventennio, di ventimila ettari della superficie oggi coltivata (dagli attuali 70mila ai 90mila ettari), promuovendo una campagna di acquisto del frutto a prezzo garantito, superiore a quello di mercato, per vent’anni appunto e un limite minimo del 75% della produzione raccolta.

In Basilicata c’è la fabbrica gioiello di Ferrero. A Balvano, dove si produce l’ultima nata (i Biscuits) le linee sfornano biscotti a pieno regime, tanto che si è appena conclusa una nuova tornata di assunzioni. Il risultato è tale che i premi di produzione, aggiunti agli straordinari necessari per far fronte alle richieste di mercato, innalzano di molto il livello medio dei salari.

In Lucania non solo Ferrero ma anche Fca (con il successo della Cinquecento) provano l’eccellenza della manodopera, documentano che la produttività, quando è accompagnata da un disegno industriale vincente, nel Sud raggiunge vette ineguagliate. Gli operai hanno ogni interesse a lavorare con dedizione. Chiedono solo di non essere sfruttati. È troppo?

E così in Lucania è stato siglato tra l’azienda di Alba e la società consortile Basilicata in guscio (www.basilicatainguscio.it) un accordo quadro per immettere nella fabbrica altre nocciole. Il consorzio ha l’impegno di mettere in rete le aziende produttrici e accompagnare gli agricoltori nella realizzazione degli impianti di coltura e nelle fasi successive.

In Umbria un ettaro di foraggio vale ormai all’anno la miseria di 500 euro. Un ettaro di nocciole ne varrà 5000. Oggi un chilogrammo di nocciole pregiate (la tribolata di Cuneo) vale 4,45 euro al chilo. La nocciola lunga di Avellino, meno gustosa, raggiunge comunque i 2,70 euro al chilo. Se questo è il tempo di internet, se è vero che internet assassina tanti mestieri è certo che l’unica cosa che non può fare è sostituirsi alla terra. L’agricoltura, divisione produttiva negletta e abbandonata, può divenire invece la frontiera possibile, il tesoro nascosto, il luogo dove la speranza, invece che morire, viva.

“Bisogna tornare a zappare la terra”, ama ripetere Carlin Petrini, fondatore illuminato di Slow Food. Ora – grazie alle nocciole – la terra promette a chi è svelto di testa di dare da mangiare e anche da bere. E questa è una bella novità.

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