L'attivista svedese interviene in conferenza stampa da Madrid, dove è in corso Cop 25 (Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti climatici), che si chiuderà il 13 dicembre. Da oggi sherpa al lavoro sui dettagli per preparare i documenti che verranno poi consegnati ai Capi di Stato previsti nella sessione politica degli ultimi giorni dell'appuntamento
“Le emergenze climatiche non sono qualcosa che avranno un impatto sul futuro, che avranno effetto sui bambini nati oggi una volta adulti, hanno già effetto sulle persone che vivono oggi”. Insiste sul punto Greta Thunberg, che apre così la conferenza stampa organizzata da Fridays for Future durante la Cop 25 (Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti climatici) in corso a Madrid. È lei il segno distintivo del vertice internazionale, con il seguito massiccio di giovani che hanno risposto all’attivista svedese che venerdì, durante lo sciopero, ha ammonito sul fatto che non dopo un anno di battaglie in piazza non sia stata ancora riconosciuta la crisi climatica. Dopo la pausa domenicale, da lunedì 9 dicembre gli sherpa sono in campo per lavorare sui dettagli e preparare i documenti che verranno poi consegnati ai Capi di Stato previsti nella sessione politica degli ultimi giorni dell’appuntamento, che chiude il 13 dicembre.
La conferenza stampa di Greta è iniziata in ritardo per la grande quantità di persone in coda per seguirla, al punto che la sala è stata chiusa e poi riaperta solo ai giornalisti. “Abbiamo il dovere di usare l’attenzione dei media per la nostra piattaforma e per far sentire la nostra voce – ha aggiunto Greta, prima di dare la parola alla moderatrice Luisa Neubauer e ad alcuni attivisti da tutto il mondo, dall’Uganda al Cile, presenti alla conferenza stampa -. Noi, io e Luisa, non parleremo oggi, siamo privilegiate perché le nostre storie sono state già dette, ma non sono le nostre storie che devono essere ascoltate ma quelle degli altri, soprattutto nel sud del mondo e nelle comunità indigene. Abbiamo creato questo evento come una sorta di piattaforma per condividere le storie che devono essere conosciute” .
Il primo a prendere la parola dopo Greta, che ha anche ricordato l’importanza di “ascoltare le storie delle popolazioni indigene, che sono in prima linea nel subire gli effetti dei cambiamenti climatici”, è stato un ragazzo proveniente dalle isole Marshall, alle prese con l’innalzamento delle acque. “Ci hanno detto che per resistere dobbiamo adattarci, andare più in alto – ha affermato – o che una soluzione che abbiamo è emigrare”. Gli altri interventi hanno visto alternarsi ragazzi da tutto il mondo, dalle Filippine agli Usa al Cile. A prendere la parola anche un attivista russo, che ha ricordato come nel proprio paese sono state arrestate delle persone per aver partecipato alle proteste sul clima. Tra gli speaker anche una ragazza nativa americana, che ha ricordato le lotte in corso contro lo sfruttamento dei territori contro il volere degli indigeni. Il messaggio di tutti ai politici è stato la richiesta di avere più visibilità. “Chiediamo di essere ascoltati, perché nessuno più di noi sperimenta sulla propria pelle i danni dai cambiamenti climatici”, ha ricordato ad esempio un’attivista dall’Uganda.
Il punto su Cop25 – Oltre a Greta Thunberg, la protagonista in questo vertice è la scienza che attraverso i rapporti scientifici dell’Ipcc (il comitato scientifico dell’Onu) “irrompe con dati chiarissimi sull’influenza dell’uomo su clima e atmosfera“: 1,5 gradi di limite del riscaldamento globale come “scelta obbligata”, e il rapporto special sull’agricoltura che per la prima volta indica nel 37% le emissioni di gas serra del sistema agroalimentare. A fare il punto è Riccardo Valentini, scienziato della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti Climatici e unico autore italiano proprio del Rapporto Speciale su cambiamenti climatici e territorio. La spinta dei giovani e i dati della scienza, afferma Valentini “dicono ai 196 Paesi riuniti alla Cop25 che occorre fare presto”.
Da qui il ‘cuore’ della Cop25, vero e proprio trampolino di lancio per la Cop26 di Glasgow, nel Regno Unito, dal 9 al 19 novembre 2020, a cinque anni dall’accordo di Parigi, con la co-partecipazione dell’Italia che ha organizzato la Cop dei giovani. È in Inghilterra che i Paesi saranno chiamati a vincolare nero su bianco i target di riduzione ora indicati su base volontaria. Ecco perché politicamente il vertice di Madrid è importante. Sul piatto della Cop di Madrid, dice la responsabile Clima ed energia del Wwf Italia, Maria Grazia Midulla, “ci sono molte questioni tecniche ma spero che verrà dato un segnale politico che da adesso arrivi fino alla prossima Cop“. E su Greta: “È il cambiamento che fa bene contrapposto al cambiamento climatico”.
A Madrid l’Italia si presenta con l’obiettivo di chiedere agli Stati Uniti di ripensarci sulla decisione di uscire dall’accordo di Parigi. Ad annunciarlo è stato nei giorni scorsi il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che sarà alla Cop25 martedì prossimo. “Gli Usa sono uno dei grandi Paesi del mondo che si sono sfilati dall’Accordo di Parigi”; agli Stati Uniti dell’ amministrazione Trump “noi chiediamo: ripensateci. E non lo chiede solo l’Italia e l’Ue, ma lo chiedono i giovani del mondo”, ha detto Costa. E proprio sugli Stati Uniti e sulla decisione di Trump di avviare l’iter di uscita dall’accordo di Parigi del 2015 Valentini mette l’accento sul fatto che “questa procedura secondo il trattato di Parigi termina solo dopo il 4 novembre 2020, che coincide con il giorno dopo l’elezione americana”. Quindi sono aperte tutte le possibilità, tra cui quella di un rientro in campo degli Usa in caso di un nuovo presidente, fa notare Valentini. Infine, animata la discussione sui crediti di carbonio: alcuni Paesi, come il Brasile, vorrebbero il doppio conteggio, cioè che la quota risparmiata di emissioni e ceduta possa essere conteggiata anche nelle contabilità future.