La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro antagonisti che il 25 aprile 2018, al corteo pubblico antifascista per l’anniversario della Liberazione, attaccarono i rappresentanti della Brigata ebraica. A loro il capo del pool antiterrorismo, Alberto Nobili, e il pm, Leonardo Lesti, contestano l’aggravante dell’odio “razziale”, mentre c’è un quinto indagato senza aggravante. Tra i quattro per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio c’è anche Claudio Latino, condannato a 11 anni e mezzo di reclusione con l’accusa di essere un membro delle Nuove Brigate Rosse.

Latino, 62 anni, venne arrestato nel 2007 nell’operazione “Tramonto” sulle cosiddette Nuove Br del Partito comunista politico-militare e fu condannato a 11 anni e mezzo di reclusione (la Suprema Corte, però, stabilì che non si trattava di organizzazione terroristica). È accusato, assieme a un altro indagato, di minacce con “finalità di odio etnico e razziale”. I due “al passaggio dei rappresentanti della Brigata ebraica”, si legge nella richiesta, hanno minacciato “i suoi componenti” facendo uno “il gesto dello sgozzamento” e Latino “simulando la sventagliata di una mitragliatrice”.

Altri due indagati, invece, sempre per odio razziale avrebbero scagliato “in direzione dei suoi componenti, una bottiglietta d’acqua ciascuno”. Un quinto indagato, invece, è accusato di resistenza a pubblico ufficiale perché, partecipando al presidio “Fronte Palestina” nello stesso corteo, avrebbe colpito con una canna da pesca, utilizzata come portabandiera, un agente.
Tra l’altro, in Procura a Milano è in corso anche un’indagine sulle contestazioni violente alla Brigata ebraica avvenute quest’anno e che si ripetono ormai da anni durante l’anniversario della Liberazione.

L’episodio di Milano era avvenuto all’ingresso di piazza San Babila, dove una cinquantina di attivisti contro l’occupazione della Palestina avevano atteso la Brigata ebraica gridando loro frasi come “Fuori i sionisti dal corteo” e “Palestina libera, Palestina rossa”. Proteste che hanno assunto il tono dell’insulto perché rivolte nei confronti dello spezzone di corteo dove transitavano le associazioni degli ex deportati nei lager nazisti.

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