Il piano industriale 2019-2024 da 520 milioni, visionato da Ilfattoquotidiano.it, prevede un investimento massiccio negli impianti. Un’inversione rispetto agli intendimenti della “gestione post-consumo” del 2017 e del programma M5s. La sindaca ci pensa. Martedì il documento da sottoporre all’assemblea dei soci. In caso di bocciatura, in vista della chiusura di Colleferro è pronto un piano di “crisis recovery” da 20 milioni con l’aiuto di Herambiente
Un sito nella zona di Cesano, a nord di Roma, per ospitare la nuova discarica di servizio. E poi una città divisa in quadranti: in due di questi saranno ospitati due impianti di compostaggio dell’organico con produzione del biogas; negli altri, due nuovi tmb (trattamento meccanico biologico) per l’indifferenziato, sostituti di quelli del Salario – andato a fuoco esattamente un anno fa – e di Rocca Cencia, quest’ultimo da smantellare appena possibile. A chiudere il ciclo, un termovalorizzatore “di nuova generazione”, in un impianto indicato dal ministero della Difesa. Per un investimento totale di 520 milioni di euro in 5 anni. È quanto contenuto nel piano rifiuti 2019-2024 che i vertici di Ama Spa, la società capitolina che si occupa della gestione dei rifiuti in città, si appresta a sottoporre all’approvazione della sindaca Virginia Raggi e che Ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. Una “rivoluzione” nel pensiero pentastellato, dunque, che apre all’impiantistica e, addirittura, alla necessità di bruciare in loco i rifiuti dovuta anche al crollo totale del mercato delle materie riciclabili (carta e plastica in primis).
L’aumento della Tari e il piano di crisi su Colleferro
Gli impianti realizzati saranno tutti costruiti e gestiti da Ama. Il piano, secondo chi si occupa del bilancio della società, non potrà essere sostenibile senza un aumento, nel 2020, della tariffa rifiuti della Capitale. Ma lo “scenario 3”, quello con inclusa la realizzazione del termovalorizzatore, dopo l’aumento prevede un taglio in cinque anni fino al 10% della Tari attuale. “L’aumento della tariffa è comunque inevitabile”, sottolineano da via Calderon de la Barca. La chiusura anticipata della discarica di Colleferro ad opera della Regione Lazio, prevista per il 15 gennaio 2020, ha infatti spinto il presidente di Ama, Stefano Zaghis, a chiudere un pre-accordo con l’emiliana Herambiente per il trasferimento dei rifiuti nelle proprie discariche. Il costo totale del piano di “crisis recovery” è di 13 milioni per il 2020, cui vanno aggiunti 7 milioni di euro per lo stoccaggio della carta recuperata e dal valore ormai nullo per via dei dazi cinesi. Insomma, delle due l’una: o si riesce a convincere Zingaretti con le buone (presentandogli il nuovo piano Ama entro mercoledì e provando a prendere tempo) o con le “cattive” (attraverso il ricorso al Tar e alla magistratura) a tenere aperto il sito di Colleferro almeno fino alla prossima estate, oppure bisognerà rendere operativa subito la nuova discarica.
I 3 scenari: nuovi mezzi e limitazione del porta a porta
Il piano industriale ha ricevuto il contributo esterno della società Labelab, che ha già lavorato in Emilia Romagna, secondo Zaghis il “faro” da seguire per Roma e per il Lazio. A Raggi verranno sottoposti tre scenari: mantenimento del sistema esistente con in più solo una discarica di servizio; chiusura parziale del ciclo senza termovalorizzatore; chiusura “totale” con termovalorizzatore e con la marginalizzazione dell’apporto dei privati, con a capo la galassia di imprese che fa capo all’ex monopolista romano Manlio Cerroni. Quest’ultimo prevede anche la sostituzione completa della flotta dei camion per la raccolta – circa 280, tutti fra i 10 e i 18 anni di età – e la riorganizzazione del porta a porta, che secondo i calcoli dei nuovi vertici e molto più dispendioso di quanto non sia redditizio in termini di incremento della differenziata. Proprio una delle slide elaborate da Ama e inserite nella presentazione del piano industriale, presenta un grafico tendente a dimostrare, per chi lo ha elaborato, come sopra il 50% della differenziata la diminuzione degli scarti da inviare in discarica sia “marginale” e dunque non degna di investimenti specifici. Tradotto: sulla differenziata abbiamo (quasi) finito, ora è tempo di realizzare gli impianti.
Il nodo politico per il M5s e l’ombra del commissario
Chi spinge per l’approvazione del piano sostiene che Virginia Raggi si sia definitivamente convinta a sposare questa svolta “impiantistica”. D’altronde anche le parole su Facebook del consigliere Angelo Diario, considerabile come uno dei “fedelissimi” della sindaca, sembrano preparare il terreno a questa ipotesi: “Col 45% di raccolta differenziata, per smaltire i rifiuti è necessario buttarli in una discarica o in un inceneritore – ha scritto – Prendere atto di questo che è un dato di fatto, non significa che siano cambiati gli obiettivi politici, che erano, sono e saranno sempre la riduzione della produzione dei rifiuti”. L’ultima parola però spetta alla prima cittadina, che sta riflettendo attentamente sul da farsi. Mercoledì scade l’ordinanza del governatore Zingaretti, che intima di trovare “entro 7 giorni” una discarica di servizio, dopodiché potrebbe autonominarsi commissario. Martedì mattina, in Consiglio comunale, verrà posta ai voti la mozione proposta dal capogruppo M5s, Giuliano Pacetti, che impegna la sindaca a “non indicare la nuova discarica nel territorio di Roma prima che venga approvato il piano rifiuti della Regione Lazio”. Con il termine “approvazione”, si darebbe per scontato riguardi il Consiglio regionale – dove il piano non è arrivato – ma grazie potrebbe essere anche inteso come il passaggio in Giunta ratificato ufficialmente venerdì. Una “via d’uscita” politica su cui Campidoglio e Ama stanno lavorando in queste ore.