Botta e risposta a “L’aria che tira”, su La7, tra l’ex ministro per il Sud, Barbara Lezzi, e il giornalista de La Verità, Fabio Dragoni, sulla vicenda dell’ex Ilva e sull’emendamento dell’esponente M5s che toglieva lo scudo penale ad ArcelorMittal.
La parlamentare M5s spiega: “Soltanto Carlo Calenda non sapeva che ArcelorMittal era venuta a Taranto per svuotare l’azienda e andarsene, perché anche i suoi commissari di governo avevano redatto una relazione in cui dicevano molto chiaramente che quel piano industriale non stava in piedi. Il mio emendamento sullo scudo penale è soltanto frutto di ragionevolezza. Nessuno in Italia può agire al di sopra della legge, cosa che invece a Taranto è stata fatta per troppi anni”.

Dissente Dragoni: “Non me ne voglia, ma il suo emendamento è stato un clamoroso autogol, perché così abbiamo fornito su un piatto d’argento a un interlocutore in palese malafede la possibilità di andarsene. Quello scudo penale non era un grazioso cadeau che era stato dato ai manager di ArcelorMittal, ma era stato costruito addirittura per i commissari che erano venuti prima. Siamo in presenza di una partita bruttissima condotta sulle spalle di una città. Se, invece, il governo fosse stato tutto unito e avesse rimesso immediatamente in vigore lo scudo penale, i commissari avrebbero avuto una chance in più da giocarsi in tribunale. E ora non ce l’hanno”.

“Non è vero – ribatte Lezzi – I pm della Procura di Milano hanno smentito questa ipotesi e hanno subito detto che quella dello scudo penale era solo una scusa. I pm, infatti, hanno scoperto che il capitale circolante di 500 milioni di euro, che era quello che abbiamo lasciato noi, non c’era più. Quindi, hanno utilizzato quei soldi per fare anche le coperture, che valgono 300 milioni. Attenzione: quelli di ArcelorMittal erano in malafede sin dall’inizio“.

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