Cinema

Il Primo Natale, la buffa fiaba di Ficarra e Picone è anche un sorprendente manifest(in)o politico

Scritto dal duo palermitano con Nicola Guaglianone tra gli autori di Lo chiamavano Jeeg Robot il film. in uscita il 12 dicembre, ha una poetica misurata e gentile

Scherza coi santi ma lascia stare i migranti. La versione della fiaba natalizia di Ficarra e Picone passa inevitabilmente dal concetto di accoglienza e dai barconi del Mediterraneo. Il Primo Natale è prima di tutto un manifest(in)o politico. Punto. Diverte con quella dolce naiveté da maschere clownesche a cui il duo comico palermitano ci ha abituati da tempo, però segna, con una potentissima ellissi narrativa, un preciso tratto di riflessione sul contemporaneo che non lascia addito alle interpretazioni. Non si può prescindere da questa chiave di lettura quando si segue il settimo lungometraggio interpretato del duo comico. E non lo si può fare oggettivamente perché il messaggio si annoda a doppio filo all’happy end del racconto da buffa commedia natalizia.

Il prete Valentino (Picone), intento ad organizzare un presepe credibile nella sua chiesetta di provincia sicula, e il ladruncolo ipertecnologico di oggetti sacri Salvatore (Ficarra), un Cattivik ghignante che dondola tra fili e laser come in Mission Impossible, si ritrovano rocambolescamente nella desertica Galilea dell’anno zero tra la nascita imminente di Gesù bambino, il fetentissimo Erode (Massimo Popolizio) che dei bimbi vuol far strage, e gli intenti rivoluzionari di un manipolo di autoctoni soggiogati dall’oppressione romana. E se appena vedi sbucare un paio di pugnali tra agitatori nascosti ti piacerebbe sentire riecheggiare Marco Pisellonio di Brian di Nazareth (che non riecheggia), il viaggio nel tempo nel tentativo improvvisato che la storia vada come è andata – Gesù comunque crocifisso, i Vangeli, San Paolo, la Chiesa, ecc… – è uno spiritoso e mai irrispettoso omaggio alla fantasticheria storica di Non ci resta che piangere.

Il meccanismo comico, però, se fino al precedente film di Ficarra e Picone – L’ora legale – era delegato ad un rilettura satirico grottesca del reale italiano, qui si riproduce in una dimensione storico-fantastica tenendosi in scia ad un qualunque equivoco alla Totò (d’Arabia). Affidandosi alla possibilità del miracolo di una Madonna ancora incinta per ritornare nel 2019, i due protagonisti sciorinano un campionario di gag che vive gioioso dell’incredulità degli astanti. Il tormentone di Ficarra sulle rivoluzioni fatte assieme a Fidel Castro e Che Guevara raccontate come una favola attorno al fuoco, come l’irresistibile sketch dei cannoli siciliani (nell’anno zero si chiamano in altro modo), sono due dei tanti momenti in cui la risata scoppietta naturale e spontanea. Poi ovviamente oltre il botta e risposta comico va costruito il resto del film. Ed è nel tessere la tridimensionalità dell’azione che Il Primo Natale paga dazio alla complessità di una messa in scena vanamente articolata. Difficile dare lo stesso ritmo tra la struttura della risata con Ficarra e Picone che dialogano, interpellano, disegnano le traiettorie del loro linguaggio, e la corsa accelerata del racconto che, soprattutto nella seconda parte, procede a ridosso dell’incedere della celebre cometa tra inseguimenti e scambi di persona.

Eppure la cifra sottotraccia de Il Primo Natale sta proprio in questa tenerezza in controluce di Salvo e Valentino. Due corpi da cartoon (vedi la sequenza dell’arena con la tigre), amabilmente imbranati alla Stanlio e Ollio, sempre pronti a sbattere spalle e viso uno contro l’altro, prima di finire eroi, poeti e… navigatori. Meglio raccogliere la loro poetica misurata e gentile (splendida la sequenza della stalla, quando riscaldano il Gesù bambino come fossero il bue e l’asinello) che l’ultima diavoleria digitale in post produzione o un movimento di macchina ad illuminare la scena. Magari Il Primo Natale non è il loro film che fa più “sbragare” dal ridere, ma è anche quello più formalmente complesso e quindi che necessita una lettura più stratificata del solito. Lo sanno anche loro ed è un percorso voluto. I primi due minuti di film, comunque, sono una botta forte che si stempera dopo parecchio. Scritto dal duo palermitano con Nicola Guaglianone (Lo chiamavano Jeeg Robot, Benedetta follia, Sono tornato, La befana vien di notte). Distribuisce Medusa in sala il 12 dicembre che attende la staffetta al box office con ToloTolo di Checco Zalone l’1 gennaio 2020.