“Non è stata accertata la sussistenza di un legittimo impedimento”. Il giudice di Torino Roberto Ruscello ha respinto la richiesta della difesa del segretario della Lega Matteo Salvini di rinviare ad altra data la ripresa del processo in cui senatore deve rispondere di vilipendio all’ordine giudiziario. L’avvocato Claudia Eccher aveva fatto presente che l’ex vicepremier era impegnato in Senato per una riunione di capigruppo per la legge di Bilancio. Il giudice, dopo un breve accertamento svolto in camera di consiglio, ha replicato che il calendario dei lavori a Palazzo Madama è stato modificato e che oggi era in programma la seduta della commissione bilancio di cui Salvini non fa parte. L’udienza è proseguita con l’interrogatorio di dirigenti e funzionari della Digos di Torino e con la proiezione di un video, poi è stata aggiornata al 3 febbraio.
Salvini se l’era presa con i giudici che il 2 febbraio 2016 aveva rinviato a giudizio alcuni consiglieri ed ex consiglieri regionali tra cui Edoardo Rixi (poi condannato in primo grado lo scorso maggio). Pochi giorni dopo, il 14 febbraio, nel corso di un incontro a Collegno (Torino) l’allora europarlamentare Salvini aveva detto: “Se so che qualcuno nella Lega sbaglia sono il primo a prenderlo a calci nel culo e a sbatterlo fuori. Ma Rixi è un fratello e lo difenderò fino all’ultimo da quella schifezza che è la magistratura italiana”. Poi aveva sfumato l’insulto, utilizzando un concetto ripetuto anche negli ultimi giorni: “Ci sono tanti giudici che fanno benissimo il loro lavoro. Penso a chi è in prima linea contro mafia, camorra e ‘ndrangheta. Purtroppo è anche vero che ci sono giudici che lavorano molto di meno, che fanno politica, che indagano a senso unico e che rilasciano in 24 ore pericolosi delinquenti. Finché la magistratura italiana non farà pulizia e chiarezza al suo interno, l’Italia non sarà mai un paese normale”.
Parole che il giorno dopo avevano spinto la Procura di Torino ad aprire un fascicolo per vilipendio all’organo giudiziario affidando gli accertamenti, alla Digos della questura di Milano. Successivamente il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, aveva firmato l’autorizzazione a procedere per lui e altri.