Niente sconti. L’ex assessore regionale ai trasporti della Regione Veneto, Renato Chisso di Forza Italia, travolto dallo scandalo Mose, dovrà risarcire lo Stato versando 5 milioni 376mila euro. La somma è composta da 4,8 milioni di danno arrecato all’immagine della pubblica amministrazione con il suo arresto per corruzione. E da 556mila euro per danno da disservizio. Lo hanno stabilito i giudici della terza sezione centrale giurisdizionale d’appello della Corte dei Conti, presieduta da Angelo Canale. Il calcolo è basato sull’entità delle mazzette che avrebbe percepito in un arco di nove anni, superiori ai due milioni di euro, “per compiere atti anche contrari ai propri doveri d’ufficio, con riguardo ai lavori di realizzazione del sistema di difesa della laguna di Venezia dalle maree straordinarie, il cosiddetto Mose”.

I giudici ricordano come l’arco di tempo coperto vada dal 2005 al 2013, quando Chisso si dimise dall’incarico, una specie di stipendio a cui si aggiungevano “tangenti episodiche, ma regolari, ovvero prestazioni di denaro per risolvere questioni di natura ‘emergenziale’”. I soldi gli erano stati pagati da Claudia Minutillo (ex segretaria del governatore Giancarlo Galan), dagli uomini del Consorzio Venezia Nuova e dal gruppo imprenditoriale Mantovani. Secondo l’accusa, si trattava di circa 250mila euro all’anno, oltre a un’una tantum di 160mila euro ricevuta nel 2013.

A sostegno della condanna, i giudici hanno confermato le decisioni della Corte dei Conti di Venezia e ribadito alcuni punti fermi. Il primo. “I fatti oggetto di patteggiamento (Chisso si era avvalso della pena concordata, fissata in due anni e 6 mesi, ndr) rappresentano la base del procedimento indiziario del giudice contabile, costituendone gli indizi, gravi precisi e concordanti”. Insomma, è una base da considerare, come anche le prove che arrivano da altri procedimenti penali. Inoltre, la gravità dei fatti e il ruolo del personaggio hanno concorso a determinare il danno d’immagine, come contestato dalla Procura contabile. E quindi è applicabile il calcolo del “doppio tangentizio” per individuare la somma del danno. Pienamente legittimo anche il calcolo del danno da disservizio riferito al 60 per cento delle retribuzioni percepite dal pubblico ufficiale. Chisso era assistito dall’avvocato Antonio Forza di Venezia. I giudici hanno confermato quindi la prima sentenza calcolando la percentuale del 60 per cento sulle somme nette e non lorde percepite da Chisso.

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