Diritti

Stop a un altro allevamento di visoni. Ora però serve una legge nazionale

Stop agli abbattimenti, e gabbie vuote, nell’allevamento di visoni situato a Luisana Conco, in provincia di Vicenza. La struttura risulta priva di animali dal marzo del 2018 e la ditta proprietaria ne ha sospeso l’attività da circa un anno. Ora serve una legge nazionale per vietare questa crudele pratica su tutto il territorio nazionale.

Come organizzazione per i diritti degli animali, già nel 2013 abbiamo documentato gli allevamenti di animali da pelliccia e le terribili condizioni riservate ai visoni, filmando e monitorando anche l’allevamento in questione, che al tempo possedeva circa 30mila visoni l’anno, denunciandone le irregolarità. Su tutte, la presenza di amianto non più a norma, da smaltire e sostituire. Ufficialmente, quindi, un fermo tecnico per lo smaltimento dell’amianto e il rinnovamento dell’intera struttura.

Tuttavia riteniamo che, nonostante la chiusura non sia ancora definitiva e ufficiale, la riapertura risulti alquanto improbabile, considerati gli ingesti costi che comporterebbe e i guadagni ormai scarsi che assicura un’industria, quella delle pellicce, sempre più in crisi.

Una denuncia, la nostra, che ha portato alla sospensione dell’attività dell’allevamento, salvando la vita a decine di migliaia di visoni, e che segue i recenti casi riguardanti le strutture analoghe chiuse a Jolanda di Savoia, Fiesso d’Artico, Misano di Gera D’Adda e Fossoli.

In Italia, tra le campagne di Emilia Romagna, Veneto e Lombardia, sono ancora attivi circa una ventina di allevamenti di visoni, che toccano le 145.000 unità. Un mercato che incontra sempre crescenti difficoltà, causate in parte dalla crisi che attraversa il settore della pellicceria e dovute, innegabilmente, alla mobilitazione delle organizzazioni per i diritti degli animali, che attraverso indagini, campagne di pressione, informazione e sensibilizzazione hanno diffuso una rinnovata consapevolezza nel consumatore, ormai orientato a definire queste pratiche come anacronistiche, crudeli e inaccettabili.

Secondo l’Eurispes, oltre l’86% della popolazione italiana è contraria a questo tipo di allevamenti. Anche nel settore della moda, ambiente talvolta tra i più restii ad accettare cambiamenti radicali, a livello internazionale sono ormai sempre più frequenti le prese di posizione di stilisti e aziende in favore di collezioni e abiti “fur free”. Tra gli altri, Versace, Armani, Gucci, Hugo Boss, Burberry, fino alla designer Stella McCartney, vegana e ambientalista, passando per altri operatori del settore, come il leader mondiale dell’e-commerce d’abbigliamento Ynap.

Il visone – è bene ricordarlo – rappresenta l’unico animale allevato in Italia destinato a diventare pelliccia. Si tratta di una specie originaria del Nord America, di indole selvatica, solitaria e semiacquatica, quindi molto legata a corsi d’acqua, laghi e paludi. Viceversa, negli allevamenti trascorre la sua breve vita all’interno di minuscole gabbie in rete di metallo, sospese da terra, senza alcuna possibilità di accedere all’acqua e costretto a dividere il poco spazio a disposizione con altri esemplari. Sottoposto a condizioni quotidiane estreme, che inevitabilmente provocano ferite, mutilazioni, forte stress e conseguenti aggressioni, termina il proprio ciclo dopo soli pochi mesi, con una morte atroce che sopraggiunge in seguito ad interminabili attimi di agonia all’interno delle camere a gas.

Per porre l’attenzione sull’industria delle pellicce abbiamo lanciato la campagna #160milaVisonidasalvare, un’iniziativa supportata dalle indagini condotte in questi anni tese a mostrare le terribili condizioni riservate ai visoni, che mira ad ottenere dalla politica un sostegno favorevole al divieto di allevamento di animali da pelliccia. La campagna ha riscosso, e continua ad ottenere, un notevole successo tra i cittadini e più pareri favorevoli anche tra i maggiori partiti e i loro rappresentanti.

La sensibilità nei confronti degli animali sta cambiando, alcune abitudini appaiono ormai superate, e anche gli Stati sono costretti a prenderne atto. Lo scorso 12 ottobre, la California ha scritto una pagina importante che cambierà il destino degli animali. Con un divieto che entrerà in vigore nel 2023, sarà infatti proibita la produzione e la vendita di abiti, scarpe o borse contenenti pelliccia di animale.

Anche in Europa diversi paesi hanno già concluso accordi analoghi in merito. Ultima la Slovacchia, che poche settimane fa ha firmato il divieto, in vigore dal 2021, di allevamento di animali da pelliccia, diventando così il 15esimo Paese europeo a vietarli o a normarli così severamente da renderli di fatto irrealizzabili.

In Italia le cose stanno diversamente: la politica si conferma sorda alle richieste dei cittadini e i cambiamenti vanno a rilento. In Parlamento sono già presenti diverse proposte di legge (C99, C177, S211) che chiedono il divieto di allevamento di animali da pelliccia, ma risultano ferme da troppo tempo, non ancora calendarizzate e mai discusse.

È il momento di passare dalle parole ai fatti, spazzando via definitivamente una crudele tipologia di allevamento, ormai fuori dai tempi, che ci tiene colpevolmente ancorati al passato. Attendiamo con urgenza una legge nazionale che si pronunci determinando la fine di queste pratiche superate e inutilmente violente.