Il quotidiano della City in un editoriale parla di "doppi standard nell'eurozona" e chiosa: "Non è così che i politici tedeschi normalmente chiedono che le cose siano fatte quando si tratta di gestire le banche malate nell'Europa meridionale". La commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager "è tecnicamente nel giusto", si legge, ma la decisione "crea grossi problemi"
“Un pessimo esempio di arte di governare“, che “avrà l’unico risultato di peggiorare le condizioni per compromessi politici fra Germania, Italia e altri Paesi dell’Unione”. È il giudizio del Financial Times, che commenta così in un editoriale l’approvazione da parte della Commissione europea del salvataggio con soldi pubblici della banca statale tedesca NordLB. Il quotidiano londinese riconosce che in quel caso l’intervento pubblico “può essere legale”, ma sottolinea che “rafforza la comparsa di doppi standard nell’Eurozona”. E aggiunge: “Le lamentele tedesche relative ai problemi bancari italiani irrisolti ostacolano i progressi verso l’unione bancaria e una più ampia integrazione dell’eurozona”, ma “ci sono tanti scheletri nell’armadio delle banche tedesche”.
Il Ft ricorda come si è arrivati all’attuale normativa (bail in) che in linea di principio vieta il salvataggio delle banche con soldi dei contribuenti e, in caso di crisi, impone perdite ad azionisti e obbligazionisti. Nel 2012 i leader europei hanno deciso “di tagliare il cordone ombelicale fra le banche e i loro governi, adottando regole per limitare futuri bailout di banche in perdita a carico dei contribuenti e forzare gli obbligazionisti a fare la loro parte per coprire le perdite”. “Ma i vecchi vizi sono duri a morire”. Gli autori dell’articolo proseguono affermando che le regole messe in campo si sono dimostrate inadeguate, poiché ci sono troppe scappatoie regolamentari che le autorità nazionali possono sfruttare: “Alcuni Paesi possono cavarsela. Altri no”.
Il quotidiano della City ricorda brevemente la vicenda della NordLB, che ha respinto le offerte di due fondi di private equity statunitensi Cerberus e Centerbridge e verrà salvata con 1,5 miliardi messi sul piatto dal Land della Bassa Sassonia e altri 1,2 dalle case locali. “Non è così che i politici tedeschi normalmente chiedono che le cose siano fatte quando si tratta di gestire le banche malate nell’Europa meridionale”, chiosa il Financial Times. Che poi mette in discussione quanto deciso dalla commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. “Gli esperti hanno esplicitamente criticato“, scrive l’Ft, “la decisione secondo la quale il bailout è a condizioni “che un privato avrebbe accettato” e per questo è in linea con le norme europee con gli aiuti di Stato“. Ma “se anche la signora Vestager è tecnicamente nel giusto, crea tre grossi problemi”.
La prima domanda è perché le autorità europee non abbiano valutato la fattibilità di un coinvolgimento degli obbligazionisti prima che i soldi pubblici venissero tirati in ballo. La seconda questione è che” la riluttanza a ricapitalizzare NordLB ristrutturando i crediti degli obbligazionisti mostra quanto i decisori europei non siano all’altezza delle promesse fatte nel 2012″: è solo l’ultimo di tanti casi in cui si indietreggia di fronte alla possibilità di attuare un bail-in. “I policy-maker si comportano come persone dipendenti da abitudini che sono incapaci di abbandonare”.
Alcuni commentatori nelle scorse settimane hanno criticato la decisione della Commissione ricordando che in una situazione simile all’Italia era stato vietato il salvataggio della Tercas con soldi del Fondo interbancario. A marzo in effetti la Corte di giustizia dell’Ue ha accolto il ricorso presentato nel marzo 2016 dall’Italia e dall’istituto di credito pugliese, sostenuto dalla Banca d’Italia, e annullato la decisione dell’esecutivo Ue.