Nessuno tra 58 Paesi, Unione europea compresa, ha raggiunto la performance necessaria per contrastare in maniera efficace i cambiamenti climatici in corso, in coerenza con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e non superare, così, la soglia critica dell’aumento di temperatura di 1.5°C. Ecco perché anche quest’anno non sono state assegnate le prime tre posizioni della classifica stilata nel report sulle performance climatiche realizzato da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute, con la collaborazione di Legambiente per l’Italia e presentato a Madrid, nell’ambito della Cop 25. I Paesi analizzati rappresentano circa il 90% delle emissioni globali. Nella classifica, l’Italia scende al 26° posto rispetto al 23° dello scorso anno (e al 16° di due anni fa), nonostante una piccola riduzione delle emissioni (-1% nel 2018 rispetto all’anno precedente). Ma nel complesso, è l’intera Unione europea a fare quest’anno un notevole passo indietro, posizionandosi al 22° posto rispetto al 16° del 2018. La performance è misurata, attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), prendendo come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030. Il CCPI si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo sia delle rinnovabili che dell’efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.
LA CLASSIFICA DELLE PERFORMANCE – Al quarto posto si classifica ancora una volta la Svezia grazie a un’ambiziosa politica climatica e una continua crescita delle rinnovabili, seguita dalla Danimarca che fa un grande passo in avanti salendo di dieci posizioni rispetto allo scorso anno. Tra i paesi emergenti, l’India migliora ancora la sua performance posizionandosi al 9° posto, grazie alle basse emissioni pro-capite e al considerevole sviluppo delle rinnovabili. La Germania fa un piccolo passo in avanti posizionandosi al 23°posto. Performance dovuta alla recente approvazione del pacchetto clima, che prevede tra l’altro il phasing-out del carbone entro il 2038. Anche la Cina registra miglioramenti e raggiunge il centro della classifica posizionandosi al 30° posto, grazie a una politica climatica più incisiva e all’ulteriore sviluppo delle rinnovabili, ma la scarsa performance nella riduzione delle emissioni e nell’efficienza energetica continuano ad avere un peso negativo sul suo ranking. Per la prima volta l’Arabia Saudita (60) lascia il fondo della classifica agli Stati Uniti (61). “Con Trump gli USA continuano ad indietreggiare in quasi tutti gli indicatori compromettendo i passi in avanti degli scorsi anni” commenta Legambiente. Tuttavia, segnali positivi giungono dall’inedita Alleanza per il Clima – oltre 3mila tra Stati, città, imprese nazionali e multinazionali, università e college – che sta lavorando per mantenere gli impegni assunti a Parigi attraverso un’azione congiunta che va oltre le attività dell’amministrazione federale.
I LIMITI DELL’ITALIA E DELL’EUROPA – La performance negativa dell’Italia è dovuta principalmente al rallentamento dello sviluppo delle rinnovabili (29esima posizione) e a una politica climatica nazionale inadeguata agli obiettivi di Parigi. La bozza del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) consente solo una riduzione delle emissioni al 2030, di appena il 37% (con una proiezione al 2050 del 64%). Un passo indietro rispetto alla Strategia Energetica Nazionale (SEN) adottata nel dicembre 2017 che fissava un obiettivo del 42%. In generale, i passi indietro dell’Ue sono dovuti alla scarsa efficacia delle politiche nazionali che rischiano di compromettere il raggiungimento degli obiettivi al 2030 per clima ed energia. Secondo le recenti proiezioni dell’Agenzia europea dell’ambiente, il trend di riduzione delle emissioni al 2030 è di appena il 36%, inferiore all’inadeguato obiettivo attuale del 40%.
LEGAMBIENTE: “ECCO GLI IMPEGNI DA ASSUMERE – “L’Italia può e deve fare la sua parte nella lotta alla crisi climatica, ma serve un drastico cambio di passo rispetto al Piano Nazionale Integrato Energia e Clima proposto dal governo” dichiara da Madrid Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, ricordando le possibilità ben diverse che avrebbe l’Italia di arrivare “alla completa decarbonizzazione della nostra economia entro il 2040, grazie ad un pacchetto di misure ambizioso e perfettamente praticabile fin da subito”. Secondo Legambiente sarà così possibile colmare il ritardo degli anni passati e raggiungere una riduzione delle emissioni del 60% già entro il 2030. “Un impegno che anche l’Europa dovrà assumere nel corso della Cop25 – continua Zanchini – andando ben oltre il 55% già proposto da diversi governi europei, dall’Europarlamento e dalla presidente della nuova Commissione Ursula von der Leyen. L’Europa può e deve ridurre le sue emissioni di almeno il 65% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, per raggiungere zero emissioni nette entro il 2040”.