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Il Cile dopo le proteste e il ‘timore’ di tornare alla normalità. Come si va avanti ora?

Una fiammata di protesta sociale e poi si torna alla normalità? O una sorta di rivoluzione – innanzitutto culturale – in corso? Di certo la narrazione è cambiata, dal basso e dall’alto.

Adesso, qui in Cile, sentir dire che c’è troppa disegualdad, che ci sono troppi privilegi, che la gente si fa un mazzo così per indebitarsi perché non arriva alla fine del mese… è diventato un luogo comune. Più che una lamentela, è un modo per dire che su qualcosa siamo tutti d’accordo, su qualcosa d’importante, su un sentimento che dovrebbe accompagnare a un ciclo storico nuovo, ma a quale ciclo? All’imbrunire di un sabato sera di dicembre – quando alle ventuno scende quasi freddo dalle Ande – Piazza Yungay, nel centro storico antico di Santiago, è animata da una assemblea di abitanti articolata in gruppi di lavoro. Discutono il grande tema di tutti – Assemblea costituente, nuova Costituzione – ma anche lo sviluppo dei gruppi d’acquisto per “saltare” i grandi centri commerciali. Non tutti sono andati il giorno prima al raduno del venerdì in Plaza de la Dignidad (nuovo nome politico di Plaza Italia) ormai un rito collettivo, un misto di festa e rabbia, con scontri a bassa intensità coi carabineros, musiche, danze, sbandieramenti.

La novità del giorno era l’incappucciamento polemico, in pratica ogni sorta di mascheramento, per prendere in giro la legge anti-encapuchados che il presidente Sebastián Piñera sta portando avanti. I settori dell’opposizione più vicini al movimento sono contrari a questa legge perché impedirebbe di proteggersi dai lacrimogeni. Il grande sabba del venerdì è visto come un momento ancora indispensabile per tenere aperta almeno in parte la crisi. E suscita solidarietà trasgressive: quando sono tornato all’ostello e ho detto che ero stato a Plaza de la Dignidad alcuni giovani mi hanno festeggiato come se gli avessi raccontato che mi ero fatto una canna…

Dopo cinquanta giorni di ininterrotte manifestazioni, l’estate che avanza, i carabineros che continuano a usare idranti e lacrimogeni ma stanno più attenti a evitare nuovi martiri, beh, è normale che in piazza scenda un po’ meno gente. Qualcuno è convinto che comunque si è ottenuto l’avvio del processo costituente (a partire dal referendum del prossimo aprile) e che si può mollare un po’ la presa per il momento. Altri dicono che non si è ottenuto niente. Il bollettino dell’assemblea del Barrio Yungay, una delle poche voci “ufficiose” del magmatico spontaneo movimento cileno, dice che questo: “Non abbiamo ottenuto (ancora) niente”, una sorta di parola d’ordine per esprimere la volontà di cambi radicali ma che in almeno due cose importanti si è vinto. “Abbiamo imposto un processo costituente e abbiamo ottenuto una condanna trasversale e una attenzione generale contro le violazioni dei Diritti Umani”. Dei primi cambiamenti in campo economico si parla poco perché considerati timidi e parziali.

Come si avanti? La lotta di piazza non può bastare e può anche togliere consenso (finora enorme) al movimento perché si trascina dietro sia la radicalità antagonista che gli episodi di saccheggio ascrivibili alla piccola criminalità più o meno organizzata (e con estensioni imprevedibili, per esempio pare che l’assistente di un consigliere comunale di destra organizzasse saccheggi). In questo quadro un po’ incerto si inserisce l’iniziativa dei sindaci: la consulta ciudadana del 15 dicembre.

All’inizio volevano tutti fare una sorta di referendum autogestito dai Comuni per aprire la via alla nuova Costituzione. Poi, considerando che al voto si andrà comunque ad aprile, quasi tutti i Comuni di destra si sono ritirati lasciando però quasi due terzi dei municipi. La “consulta” si propone di misurare il consenso delle aperture maggiori del processo costituzionale, come la presenza nella futura Assemblea costituente di una quota garantita di donne e di esponenti dei popoli originari, e di sollecitare le riforme economiche e pensionistiche. L’iniziativa, proposta in particolare dal sindaco di Valparaiso Jorge Sharp, è una sfida difficile. Il voto è digitale, scrivendo il numero della carta d’identità in una piattaforma. Possono votare anche gli studenti medi ultra 14enni. Ma non nasce dalle piazze e il suo successo dipenderà dall’attenzione mediatica finora scarsa.

Ps. Tra i cambiamenti culturali che resteranno, c’è la decisione della banda dei pompieri di Valparaiso di inserire nel repertorio ufficiale il canto Bella Ciao. Li abbiamo scoperti mentre provavano in un’area abbandonata nei pressi dell’oceano.