I sette processi che si sono celebrati non hanno mai portato all’accertamento della responsabilità personale di esecutori, mandanti e depistatori. Il presidente della Camera Fico: "Democrazia ha bisogno di verità e giustizia"
I sette processi che si sono celebrati per la strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) non hanno mai portato all’accertamento della responsabilità personale di esecutori, mandanti e depistatori. Un caso giudiziario definitivamente chiuso il 30 settembre del 2013 quando il giudice per le indagini preliminari di Milano, Fabrizio D’Arcangelo, archiviò su richiesta dei pm Armando Spataro e Grazia Pradella, l’inchiesta aperta due anni su quattro nuovi spunti investigativi. Prima ancora nel 2005 la Cassazione aveva confermato l’assoluzione degli imputati finiti a processo a seguito dell’indagine scaturita negli anni ’90 dal lavoro sulle “Trame nere” dell’allora giudice istruttore Guido Salvini che di recente ha anche pubblicato il libro “La maledizione di Piazza Fontana”. Salvini oggi in una intervista a Il manifesto rispondendo all’ultima domanda parla di ostacoli interni alla sua azione. “Sì, e dall’interno del mio mondo purtroppo. Se il Csm non mi avesse reso le indagini e la vita impossibili con la minaccia del trasferimento d’ufficio e con i procedimenti disciplinari, finiti nel nulla ma durati sei anni, non sarebbero andate perse quelle energie che servivano per raggiungere l’intera verità. Chi ha voluto quegli attacchi contro di me porta addosso una grande responsabilità”.
Oggi anche il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Poniz, che fa autocritica: “Parti delle istituzioni repubblicane hanno pervicacemente ostacolato l’accertamento della verità, quando non cospirato al suo occultamento e finanche alla costruzione artificiosa di una verità falsa” dice il magistrato parlando ad un convegno nell’aula magna del Tribunale di Milano sulla strage e sulle relative indagini e sui processi. Per Poniz, “anche il ruolo della magistratura si presta a una lettura critica”. Poniz ha parlato della strage di pizza Fontana come di una “ferita mai chiusa e ancora sanguinante”. Sul fronte del ruolo della magistratura, il presidente della Anm ha spiegato che ci sono state “decisioni che a molti apparivano criticabili già allora ed appaiono oggi sconcertanti: la vicenda del trasferimento del processo a Catanzaro” è, secondo Poniz, “una delle tante singolarità sul versante giudiziario che restituisce una idea, oggi largamente diffusa, di un atteggiamento tutt’altro che incalzante della magistratura milanese” all’epoca. Per Poniz, però, ben diverso fu “l’atteggiamento e l’impegno della magistratura milanese” negli anni ’90 quando le indagini ripresero con vigore “scontrandosi tuttavia con persistenti ostacoli e la difficoltà di una ricostruzione a ritroso“.
C’è anche il presidente della Camera, Roberto Fico che interviene parlando della strage come “un gravissimo attacco alla nostra democrazia che, pur messa a durissima prova, seppe resistere, respingendo, senza rinunciare ai principi dello Stato di diritto, la violenza e il ricatto quale strumento di affermazione di visioni ideologiche e politiche. A questa dimostrazione di forza e di dignità del Paese non corrispose purtroppo un pieno esercizio di verità: depistaggi e complicità hanno per molti anni ostacolato il lavoro della magistratura, delle Forze dell’Ordine e delle commissioni parlamentari di inchiesta. La ricostruzione storica – prosegue la terza carica dello Stato – ha ricondotto le responsabilità di quell’evento a gruppi eversivi, mossi dall’intento di promuovere in Italia una svolta autoritaria attraverso una serie di sanguinosi attentati. Ma mezzo secolo non è stato sufficiente per fare pienamente chiarezza anche sul piano giudiziario sui colpevoli di quella strage. Ciò è inaccettabile per le vittime, per i loro familiari, per uno Stato democratico. La diffusa aspettativa di verità e giustizia non può dunque più essere ulteriormente disattesa. La democrazia di un Paese ha sempre bisogno, per restare salda, di trasparenza, di verità e di giustizia. Per queste ragioni l’Ufficio di Presidenza della Camera sta proseguendo nell’azione – avviata nella passata legislatura – di declassificazione e pubblicazione dei documenti formati o acquisiti dalle commissioni parlamentari di inchiesta con l’obiettivo di renderli conoscibili e più facilmente consultabili” conclude Fico citando il portale rilasciato nel sito della Camera con la documentazione formata o acquisita dalle Commissioni di inchiesta, presiedute da deputati nelle passate legislature.