Secondo il Corriere i dem vogliono che il guardasigilli modifichi la sua proposta di riforma della giustizia. E inserisca uno strumento per punire i pubblici ministeri che perdono i processi. E uno per obbligare i i capi delle procure a consultarsi con le istituzioni locali prima di stabilire i "criteri di priorità" dei reati da perseguire
Le pagelle per i pm, con i processi vinti e persi che influiscono sulla carriera. E poi una riunione preventiva tra procuratore e forze istituzionali della zona per decidere quali reati perseguire prima e quali dopo. Quali sono le forze istituzionali della zona? Le forze di polizia, certo, ma anche i sindaci e i presidenti delle province. In pratica la politica locale dovrebbe suggerire alle forze inquirenti quali sono i fascicoli più urgenti da mandare avanti nelle aule giudiziarie. E quali, invece, debbano rimanere fermi. Sono destinate a fare discudere le controproposte che, secondo il Corriere della Sera, il Pd avrebbe inviato ad Alfonso Bonafede. Nessuno fino a ora le ha smentite.
Per dare il via libera alla riforma della prescrizione, che prevede lo stop dopo il primo grado ed entrerà in vigore l’1 gennaio del 2020, i dem vogliono che il guardasigilli modifichi la sua proposta di riforma della giustizia. “Da parte mia non c’è alcuna volontà di scontro. Mi dicono che ci siano proposta dalle altre forze che io vaglierò insieme a loro ma non si può reintrodurre principio secondo cui dopo il primo grado di giudizio, dopo una certa data un cittadino può non avere una risposta di giustizio”, ha spiegato il ministro della giustizia da Montecitorio, dove ha risposto al question time di Enrico Costa di Forza Italia. Cioè l’autore della proposta di legge che neutralizza la riforma della prescrizione. Nelle scorse settimane l’ipotesi di votare quella legge di Forza Italia è stata agitata come spauracchio dai dem per convincere il guardasigilli a cedere sulla riforma.
Fino a oggi il Pd non aveva fatto pervenire al ministro alcuna proposta concreta di modifica. Ora, invece, secondo il quotidiano di via Solferino, avrebbe proprio inviato delle controproposte per bilanciare i tempi dei processi. Tra queste anche una che nulla ha a che vedere con la velocità dei procedimenti. Si tratta di una modifica per disciplinare la “discrezionalità di fatto” dell’azione penale. Per legge il pm è obbligato a perseguire tutte le notizie di reato di cui dispone. Negli uffici giudiziari ingolfati di procedimenti, però, è assolutamente normale che alcuni fascicoli vadano avanti in maniera più spedita rispetto ad altri. Per disciplinare questo aspetto la riforma di Bonafede vorrebbe introdurre “criteri di priorità trasparenti e predeterminati, indicati nei progetti organizzativi delle Procure”. Cioè dei vertici annuali degli uffici giudiziari in cui si chiarisce a priori quali ipotesi di reato saranno perseguiti con una sorta di corsia preferenziale. Ma al Pd non basta. Per questo i dem hanno chiesto al guardasigilli che i procuratori prima di indicare i”criteri di priorità” dei reati, si consultino con le istituzioni del territorio. Quali istituzioni? Polizia, carabinieri, guardia di finanza. Ma anche avvocati del consiglio dell’ordine, sindaci e presidenti di provincia.
La domanda sorge spontanea: cosa succederebbe in una zona dove le infiltrazioni mafiose nelle istituzioni sono maggiori che altrove? In Calabria, in Campania, in Sicilia, in alcune zone del Nord Italia? Sindaci e presidenti di provincia consiglierebbero ai procuratori di indagare con minore vigore sulle associazioni mafiose? O sul voto di scambio? E in quelle zone – moltissime – dove la spartizione di appalti e dei posti di lavoro è organizzata in maniera scientifica tra le forze politiche? Le istituzioni del territorio consiglierebbero ai capi delle procure di perseguire con priorità maggiore la corruzione e la concussione? O reati simili sarebbero combattuti dai politici anche nei vertici coi procuratori?
Le inchieste sono piene di storie simili: dal sistema Tangenti in Regione Lombardia, con il sistema di “retrocessioni” che secondo la procura di Milano sarebbe stato orchestrato da Nino Caianiello, ras di Forza Italia in provincia di Varese. Per non parlare delle decine di indagini su mafia e politica, che decapitano periodicamente consigli comunali, provinciali e regionali. Fatti che negli ultimi 30 anni sono ormai all’ordine del giorno, praticamente a tutte le latitudini. Insomma la controproposta dei dem a Bonafede è destinata a sollevare polemiche.
Non è l’unica. Perché il Pd vuole anche inserire nella riforma una sorta di pagella del pm. Tecnicamente cheidono che “le valutazioni di professionalità dei pubblici ministeri debbano essere condotte anche sulla base del parametro costituito dal dato percentuale di smentite processuali delle ipotesi accusatorie“. In pratica una pagella che tenga conto dei processi vinti o persi dal pubblica ministero, in modo da “responsabilizzarli maggiormente” nelle decisioni da prendere. Chi indagherebbe più su un potente, un politico o un industriale, accusato di reati gravi col rischio di vederlo assolto? E in questo modo avere un grave danno alla propria carriera? Il rischio è che i pm preferiscano inseguire i rapinatori e gli scippatori, processi con alto indice di probabilità di condanna. Insomma: le controproposte dei dem rischiano di aprire uno scontro – l’ennesimo – sulla giustizia interno alla maggioranza. Senza considerare che dopo l’ultimo rinvio della riforma Orlando anche sulle intercettazioni va ancora trovata una quadra.