Commissioni farlocche per le quali i consiglieri percepivano i gettoni di presenza. Ma anche finte assunzioni in aziende private che poi venivano rimborsate dal Comune per il tempo che i consiglieri comunali, troppo “impegnati” in attività istituzionali, non potevano lavorare: per questo a Catanzaro 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso. Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati che si sono visti recapitare dagli uomini del maggiore Gerardo Lardieri l’avviso di conclusione indagini.
Era tutto finto: dalla presenza dei consiglieri alle riunioni, ai verbali delle commissioni che spesso non venivano nemmeno compilati, ai posti di lavoro. Tutto inesistente tranne le migliaia di euro che il Comune di Catanzaro, guidato dal sindaco Sergio Abramo (non indagato), sborsava ai consiglieri per le riunioni delle cinque commissioni (su cinque istituite) che in realtà non si tenevano. Non c’è un solo partito coinvolto, ma lo sono praticamente tutti: da Forza Italia al Pd, passando per l’Udc e le varie liste civiche di maggioranza e opposizione.
Nel registro degli indagati, infatti, sono finiti i consiglieri comunali di Forza Italia (Roberta Gallo, Luigi Levato, Francesca Carlotta Celi e Giulia Procopi), di “Catanzaro da vivere” (Agazio Praticò, Antonio Angotti, Antonio Mirarchi e Antonio Ursino), di “Catanzaro con Sergio Abramo” (Rosario Mancuso, Demetrio Battaglia, Enrico Consolante, Filippo Mancuso, e Fabio Talarico), di “Officine del sud” (Giuseppe Pisano e Francesco Gironda) e di “Obiettivo Comune” (Andrea Amendola e Manuela Costanzo).
Per l’opposizione sono indagati, invece, i consiglieri del gruppo misto (Eugenio Riccio, Giovanni Merante e Antonio Triffiletti), di “Fare per Catanzaro” (Sergio Costanzo, Fabio Celi e Cristina Rotundo), del Pd (Lorenzo Costa e Libero Notarangelo), di “Catanzaro in Rete” (Rosario Lostumbo), di “Cambiavento” (Nicola Fiorita e Gianmichele Bosco) e dell’Udc (Tommaso Brutto).
Quest’ultimo è indagato anche per truffa assieme Elzibieta Musielak e Carmelo Coluccio, amministratori della “Verdeoro società cooperativa produttori ortofrutticoli”, un’impresa agricola di Simeri Crichi che aveva assunto come direttore amministrativo il consigliere Brutto. Secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e il pm Pasquale Mandolfino, in realtà l’esponente dell’Unione di Centro “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa”, ma il Comune di Catanzaro dal febbraio 2015 al giugno 2018 ha erogato alla “Verdeoro” più di 103mila euro “a titolo di rimborso” per i periodi orari “che impegnavano Brutto in attività istituzionali nelle vesti di consigliere comunale”. In sostanza, il Comune pagava all’impresa agricola la parte dello stipendio del suo direttore amministrativo per le ore di lavoro che questo dedicava, invece, alla politica.
Un sistema utilizzato anche dal consigliere comunale Andrea Amendola che, per essere stato assunto (solo formalmente) nelle aziende edili e immobiliari del fratello Antonio Amendola (indagato), è costato al Comune quasi 65mila euro “a titolo di rimborso”. Poco più di 23mila euro, invece, è la cifra che l’Ente locale ha dovuto versare alla società “La Notifica”, amministrata da Sabrina Scarfone (indagata), per pagare lo stipendio al consigliere Enrico Consolante.
Una partita di giro che, secondo i carabinieri guidati dal maggiore Lardieri, veniva utilizzata anche dal consigliere di opposizione Sergio Costanzo, formalmente assunto dal negozio di animali di Salvatore La Rosa (indagato). Piuttosto che vendere acquari e cibo per cani, però, il consigliere comunale “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa” che, tuttavia, ha avuto quasi 79mila euro “a titolo di rimborso” per il “dipendente” impegnato in politica.
Dalle indagini, però, è emerso che i 20 consiglieri comunali non facevano nemmeno quello. Chi più e chi meno, infatti, secondo il pm, avrebbero “partecipato” a riunioni di commissioni in cui non c’erano o che non venivano svolte. Per dimostrare la truffa, il pm ha depositato nel fascicolo dell’inchiesta i filmati registrati grazie alle telecamere nascoste dai carabinieri all’interno del Palazzo comunale.
Tra i consiglieri indagati ci sono anche componenti delle forze dell’ordine prestate alla politica. Anche loro, assieme agli altri, – è scritto nel capo di imputazione – “con artifizi o raggiri, consistiti nelle false verbalizzazioni relative allo svolgimento delle sedute di commissione consiliare”, in due soli mesi (novembre e dicembre 2018) hanno incassato più di 21mila euro dei cosiddetti “gettoni di presenza”.
Con la notifica dell’avviso di conclusione indagini, i politici locali coinvolti nell’inchiesta hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati prima che il pm Mandolfino formuli, nei loro confronti, una richiesta di rinvio a giudizio.
Cronaca
Catanzaro, 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso: finti rimborsi e commissioni inesistenti per avere il gettone
Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati. Sotto inchiesta è finito praticamente tutto il Consiglio comunale di Catanzaro diventato, stando agli accertamenti della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri, una sorta di “gettonificio”. La Procura della Repubblica, guidata da Nicola Gratteri, ha notificato gli avvisi di garanzia
Commissioni farlocche per le quali i consiglieri percepivano i gettoni di presenza. Ma anche finte assunzioni in aziende private che poi venivano rimborsate dal Comune per il tempo che i consiglieri comunali, troppo “impegnati” in attività istituzionali, non potevano lavorare: per questo a Catanzaro 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso. Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati che si sono visti recapitare dagli uomini del maggiore Gerardo Lardieri l’avviso di conclusione indagini.
Era tutto finto: dalla presenza dei consiglieri alle riunioni, ai verbali delle commissioni che spesso non venivano nemmeno compilati, ai posti di lavoro. Tutto inesistente tranne le migliaia di euro che il Comune di Catanzaro, guidato dal sindaco Sergio Abramo (non indagato), sborsava ai consiglieri per le riunioni delle cinque commissioni (su cinque istituite) che in realtà non si tenevano. Non c’è un solo partito coinvolto, ma lo sono praticamente tutti: da Forza Italia al Pd, passando per l’Udc e le varie liste civiche di maggioranza e opposizione.
Nel registro degli indagati, infatti, sono finiti i consiglieri comunali di Forza Italia (Roberta Gallo, Luigi Levato, Francesca Carlotta Celi e Giulia Procopi), di “Catanzaro da vivere” (Agazio Praticò, Antonio Angotti, Antonio Mirarchi e Antonio Ursino), di “Catanzaro con Sergio Abramo” (Rosario Mancuso, Demetrio Battaglia, Enrico Consolante, Filippo Mancuso, e Fabio Talarico), di “Officine del sud” (Giuseppe Pisano e Francesco Gironda) e di “Obiettivo Comune” (Andrea Amendola e Manuela Costanzo).
Per l’opposizione sono indagati, invece, i consiglieri del gruppo misto (Eugenio Riccio, Giovanni Merante e Antonio Triffiletti), di “Fare per Catanzaro” (Sergio Costanzo, Fabio Celi e Cristina Rotundo), del Pd (Lorenzo Costa e Libero Notarangelo), di “Catanzaro in Rete” (Rosario Lostumbo), di “Cambiavento” (Nicola Fiorita e Gianmichele Bosco) e dell’Udc (Tommaso Brutto).
Quest’ultimo è indagato anche per truffa assieme Elzibieta Musielak e Carmelo Coluccio, amministratori della “Verdeoro società cooperativa produttori ortofrutticoli”, un’impresa agricola di Simeri Crichi che aveva assunto come direttore amministrativo il consigliere Brutto. Secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e il pm Pasquale Mandolfino, in realtà l’esponente dell’Unione di Centro “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa”, ma il Comune di Catanzaro dal febbraio 2015 al giugno 2018 ha erogato alla “Verdeoro” più di 103mila euro “a titolo di rimborso” per i periodi orari “che impegnavano Brutto in attività istituzionali nelle vesti di consigliere comunale”. In sostanza, il Comune pagava all’impresa agricola la parte dello stipendio del suo direttore amministrativo per le ore di lavoro che questo dedicava, invece, alla politica.
Un sistema utilizzato anche dal consigliere comunale Andrea Amendola che, per essere stato assunto (solo formalmente) nelle aziende edili e immobiliari del fratello Antonio Amendola (indagato), è costato al Comune quasi 65mila euro “a titolo di rimborso”. Poco più di 23mila euro, invece, è la cifra che l’Ente locale ha dovuto versare alla società “La Notifica”, amministrata da Sabrina Scarfone (indagata), per pagare lo stipendio al consigliere Enrico Consolante.
Una partita di giro che, secondo i carabinieri guidati dal maggiore Lardieri, veniva utilizzata anche dal consigliere di opposizione Sergio Costanzo, formalmente assunto dal negozio di animali di Salvatore La Rosa (indagato). Piuttosto che vendere acquari e cibo per cani, però, il consigliere comunale “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa” che, tuttavia, ha avuto quasi 79mila euro “a titolo di rimborso” per il “dipendente” impegnato in politica.
Dalle indagini, però, è emerso che i 20 consiglieri comunali non facevano nemmeno quello. Chi più e chi meno, infatti, secondo il pm, avrebbero “partecipato” a riunioni di commissioni in cui non c’erano o che non venivano svolte. Per dimostrare la truffa, il pm ha depositato nel fascicolo dell’inchiesta i filmati registrati grazie alle telecamere nascoste dai carabinieri all’interno del Palazzo comunale.
Tra i consiglieri indagati ci sono anche componenti delle forze dell’ordine prestate alla politica. Anche loro, assieme agli altri, – è scritto nel capo di imputazione – “con artifizi o raggiri, consistiti nelle false verbalizzazioni relative allo svolgimento delle sedute di commissione consiliare”, in due soli mesi (novembre e dicembre 2018) hanno incassato più di 21mila euro dei cosiddetti “gettoni di presenza”.
Con la notifica dell’avviso di conclusione indagini, i politici locali coinvolti nell’inchiesta hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati prima che il pm Mandolfino formuli, nei loro confronti, una richiesta di rinvio a giudizio.
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Roma, 19 mar. (Adnkronos) - L’ambiente domestico italiano si sta trasformando, con una crescente adozione di tecnologie smart per la pulizia che promettono di semplificare la vita e liberare tempo prezioso. A fare luce su questa tendenza è una ricerca commissionata da Roborock, leader mondiale nella robotica domestica ultra-intelligente, e condotta da Bva Doxa, azienda leader nelle ricerche di mercato in Italia e parte del gruppo Bva. Lo studio svela un mercato in fermento, con un elevato livello di conoscenza dei robot aspirapolvere e un apprezzamento diffuso per i benefici che offrono. L'indagine ha permesso di delineare diversi profili attitudinali tra gli italiani, evidenziando come l'approccio alle pulizie automatizzate sia tutt'altro che uniforme: a dominare il panorama è il "Pragmatico Digitale" (62%), che valuta attentamente l'efficacia delle nuove tecnologie prima di adottarle. Seguono i "Tech-Entusiasti" (25%), maggiormente propensi a introdurre l'innovazione nelle loro case, con una maggiore concentrazione tra gli uomini (circa il 30%) e nella fascia d'età 25-44 anni. Gli "Scettici Tradizionalisti" rappresentano invece il 13% del campione, con una rappresentanza significativa di intervistati over 45.
La ricerca Doxa dipinge un quadro chiaro: i robot aspirapolvere non sono più un oggetto ostico e di difficile gestione, ma una presenza sempre più familiare nelle case degli italiani, in particolare in quelle in cui vivono animali domestici. Il 90% degli intervistati dichiara di conoscere questi dispositivi, segno di una crescente consapevolezza dei vantaggi che possono offrire. Non si tratta solo di conoscenza teorica, ma anche di apprezzamento concreto: il 70% degli italiani ritiene che i robot aspirapolvere semplifichino la vita, liberando tempo da dedicare ad attività più piacevoli delle faccende domestiche. Un ulteriore dato interessante riguarda la percezione di competenza: il 61% degli italiani si sente competente nell'uso dei robot aspirapolvere, segno di una buona familiarità con la tecnologia e di una crescente fiducia nelle proprie capacità di gestirla al meglio.
Per i pet owner, poi, i robot aspirapolvere rappresentano un vero e proprio alleato nella lotta contro peli, sporco e allergeni, contribuendo a mantenere un ambiente domestico più pulito e salubre. Non a caso, il 68% dei possessori di animali domestici li considera strumenti almeno molto utili, con un picco del 32% che li definisce "estremamente utili". Questo beneficio è particolarmente sentito nelle regioni del Sud, dove le attività all'aperto possono portare più sporco in casa.
Nel contesto generale emerge chiaramente quanto gli italiani abbiano a cura la pulizia della casa, dedicandole oltre sei ore a settimana nel 25% dei casi. Nel dettaglio, il 59% degli intervistati – principalmente donne – dichiara di essere l’unico in famiglia a prendersi carico da solo di questo compito. Spicca quindi come molto positivo il supporto di aspirapolvere robot: coloro che già li utilizzano, apprezzano soprattutto il tempo risparmiato, che può essere dedicato ad attività piacevoli e gratificanti. Nello specifico, il 37% degli intervistati dichiara di utilizzare questo tempo per prendersi cura di sé, con una maggiore propensione da parte delle donne (43%) che dichiarano di trovare finalmente spazio per il ‘me-time’ e il benessere personale. Un altro 32% lo dedica invece a trascorrere più tempo con la famiglia.
La ricerca ha inoltre evidenziato come l'adozione di un robot per la pulizia dei pavimenti porti, per quasi due intervistati su tre tra i possessori di un robot, a una significativa riduzione del carico di lavoro, con il 27% che ha visto un miglioramento per tutti i componenti della famiglia. Tale percezione è particolarmente sentita dai "Tech-Entusiasti" (74%), dagli uomini (66%) e dagli abitanti del Sud Italia (67%). Inoltre, il 27% si aspetta una gestione più equa dei compiti domestici tra i membri del nucleo familiare, contribuendo a un ambiente più armonioso tra le mura di casa.
Gli italiani guardano al futuro con fiducia, immaginando un mondo in cui i robot aspirapolvere saranno sempre più integrati nella vita quotidiana. Il 73% degli intervistati è convinto che questi dispositivi diventeranno la norma entro i prossimi dieci anni, segno di una crescente fiducia nelle potenzialità dell'automazione domestica. Le aspettative per il futuro si concentrano su una maggiore capacità di pulizia e sanificazione degli ambienti domestici (26%), sulla capacità dei robot di adattarsi alle esigenze specifiche di ogni casa (25%) e sulla possibilità di automatizzare sempre più la pulizia e la manutenzione (25%).
Nonostante l'interesse e l'apprezzamento, la ricerca Doxa per Roborock evidenzia alcune barriere che frenano un'adozione ancora più ampia dei robot aspirapolvere. Il costo iniziale elevato rappresenta la principale preoccupazione per il 43% degli italiani, che cercano soluzioni accessibili e con un buon rapporto qualità-prezzo. Da evidenziare, però, come chi abbia già un robot sia propenso ad una spesa più elevata rispetto alla media, riconoscendo il valore aggiunto dello strumento: tra chi è disposto a spendere oltre 200 euro, infatti, il 76% è già possessore di questo device. Altre perplessità riguardano l'affidabilità (25%) e l'autonomia delle batterie (24%), che devono garantire una pulizia completa e senza interruzioni.
Anche gli ingombri domestici rappresentano un ostacolo significativo: il 79% degli intervistati ritiene che i robot abbiano difficoltà a navigare in ambienti con molti ostacoli, come mobili, tappeti e, soprattutto, giocattoli e accessori per animali domestici. Questo aspetto è particolarmente rilevante per chi vive in contesti più piccoli, dove lo spazio è limitato e gli ostacoli sono più frequenti.
Infine, la fiducia nell'automazione completa è ancora in fase di sviluppo: solo il 21% si dichiara totalmente disponibile a delegare la gestione manuale, mentre il 56% preferisce un approccio graduale, che consenta di mantenere un certo controllo sulle attività di pulizia, soprattutto in presenza di animali domestici che richiedono un'attenzione particolare.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Oggi lei ha deciso di oltraggiare la memoria europea ma noi non accetteremo tentativi di riscrivere la storia. Il Manifesto di Ventotene è riconosciuto in tutta Europa come base su cui è fondata l'Unione. Scritto da giovani antifascisti mandati al confino dai fascisti che non risposero all'odio con altro odio". Lo ha detto Elly Schlein nelle dichiarazioni di voto alla Camera.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Chiedo a Giorgia Meloni quali interessi sta facendo: quelli dell'Italia o quelli degli amici? Voleva fare la pontiera e invece di si è ridotta a complice silenziosa di Trump". Lo ha detto Elly Schlein nelle dichiarazioni di voto alla Camera.
"La voglio rassicurare: tutti sappiamo che l'Europa non può far affidamento su nessuno per la sua sicurezza e che nessuno pensa di rinunciare al rapporto con gli Stati Uniti ma di fonte agli insulti si reagisce e invece lei è rimasta muta. La vostra è una neutralità ideologica di chi non sa scegliere tra l'Europa e Trump. Questo silenzio a testa bassa relega il nostro Paese ai margini".
Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Nella vostra risoluzione per non dividervi in tre posizioni diverse avete fato sparire la Difesa comune e il piano di riamo di Ursula von der Leyen, l'avete scritta con l'inchiostro simpatico. Facile far sparire le proposte divisive, ci credo che siete compatti, non avete scritto nulla". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Giorgia Meloni è fuggita di nuovo, non la vedevamo dal dicembre scorso e le volte che si è palesata in aula si contano sulle dita di una mano. Si è chiusa per mesi nel silenzio imbarazzato di chi non sa cosa dire o non vuole dire cosa pensa". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - La Lega "ha sostanzialmente commissariato la presidente Meloni dicendo che non ha mandato per esprimersi al Consiglio Ue". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Nessun impegno, nessun nuovo modello e nessuna certezza su occupazione e investimenti. Oltre i modi garbati di Joh Elkann non c’è nulla di nuovo". Lo affermano Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra.
"Abbiamo chiesto - proseguono i due leader di Avs - a John Elkann di fare davvero il Presidente e il Ceo dell’azienda che dirige. Solo lui potrebbe e dovrebbe dare garanzie concrete su investimenti e occupazione in Italia. Dal 2014 ad oggi il settore ha perso 15mila lavoratori, con un danno sociale ed economico enorme per il paese. Vogliamo riportare le produzioni delocalizzate in Italia, come quella della grande Panda in Serbia, interrompendo il trasferimento degli stabilimenti all’estero. È inaccettabile che Stellantis continui a produrre modelli di grande diffusione lontano dal nostro Paese utilizzando l’immagine made in Italy solo per gli spot".
"Chiediamo un progetto industriale chiaro, che preveda investimenti definiti, nuovi modelli da realizzare in Italia e precise garanzie sul fronte produttivo e occupazionale. Tocca costatare che anche oggi non è arrivata nessuna risposta sulla Gigafactory di Termoli, sul reshoring delle produzioni trasferite all’estero, così come la fine della spinta alle delocalizzazioni, che impoveriscono il nostro tessuto industriale. L’audizione di oggi evidenzia anche - concludono Bonelli e Fratoianni - l’inadeguatezza del governo Meloni, più impegnato a fare la guerra alla transizione ecologica che a investire seriamente nelle infrastrutture necessarie, come le stazioni di ricarica e le Gigafactory. La destra non capisce che, se l’Europa non procederà con determinazione verso l’elettrico, sarà schiacciata dai colossi globali come l’americana Tesla e la cinese Byd. Serve una politica industriale lungimirante, non la difesa di modelli ormai superati".