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Gesù gay deciso a salvare il mondo. Dio innamorato fradicio di Maria: la storia che crea caos in Brasile (disponibile su Netflix)

Più scostumato e scomunicato del Brian di Nazareth dei Monty Python, La prima tentazione di Cristo dei Porta dos fundos è un medio metraggio che ha dato un tale scandalo in Brasile tanto da guadagnare gli strali di una petizione online che ha raccolto oltre un milione di firme. Persone offese e imbestialite su Twitter gridano ai “demoni” e agli “eretici”. Ma c’è anche chi parla di “reato” contro la religione

Un Gesù gay privo di vocazione a salvare il mondo. Un Dio innamorato fradicio di Maria tanto da farle la posta dietro l’angolo. Un Lazzaro risorto che sbava per una prostituta. Il compagno di Gesù che si trasforma in Lucifero come fossimo in un cinecomic. Ecco servita giusto una porzioncina de La prima tentazione di Cristo, il regalo di Natale del gruppo satirico brasiliano Porta dos Fundos (in italiano: porta di servizio), da diverse settimane disponibile su Netflix. Contestati da mezzo Brasile nell’evo del presidente ultra cattolico Bolsonaro, giudicati blasfemi, indegni e irrispettosi del cristianesimo, i 45 minuti del fulminante e pungente quadretto d’antica Galilea, fa a pezzi Nuovo e Antico testamento, gettando nel frullatore di un umorismo senza freni anche Budda. Shiva e Allah. Il gioco sta tutto nel mettere a nudo la rigidità e l’irrefutabilità del dogma, prendendo a pretesto la conoscenza popolare delle sacre scritture e distruggendole come fosse cinema demenziale anni settanta.

A casa di Giuseppe e Maria l’attesa per festeggiare il compleanno dei 30 anni di Gesù è spasmodica. I tre re Magi aprono la visione battibeccando in mezzo al deserto. C’è la solita incerta cometa da seguire come direzione casa di Cristo che l’ultima volta li ha portati sulle spiagge di Mykonos. Baldassarre si comporta perfino alla Amici Miei portando in dono un mazzo di fiori secchi appena rubati da qualche lapide lì vicino. L’arrivo nella capanna del falegname in un’atmosfera da classico compleanno di oggi, con luci spente e l’urlo “sorpresa!”, è il tapis roulant su cui si inciampano e si presentano gli ospiti. Perché dopo i Re Magi, ecco arrivare Lazzaro, Dio (amorevolmente chiamato come in una ammiccante e pruriginosa barzelletta, Zio Vittorio) e finalmente Gesù. Il figlio di Giuseppe e Maria, anzi di Dio, perché un bramoso Zio Vittorio rivendica dietro i mobili della cucina la sua paternità carnale ad una Maria sfuggente, arriva però in compagnia di Orlando, un appariscente, biondo e baffuto passante incontrato guarda caso nei 40 giorni passati nel deserto, come sacre scritture vogliono.

Che Orlando sia un infiltrato scherzosamente satanico lo si capisce fin da subito, da quando si mette a strimpellare una tastiera appena regalata a Gesù da zio Vittorio (si sa, è Dio e può fare qualsiasi cosa) e rifà Jungle Bells canticchiando “Non soffermiamoci sui dettagli, dobbiamo avere fede”. Dal canto suo Gesù è come un adolescente inquieto, fragile (la gag in cui si arrabbia istericamente perché i genitori gli hanno scoperto il diario su cui scrive i suoi amori, guarda caso un uomo, è irresistibile), per nulla pronto a ricevere il compito che Zio Vittorio, pardon Dio, gli vuole affidare. “Solo tre anni di tirocinio, lo giuro su dio, anzi su di me”.

Sarà solo dopo uno scontro totale alla Marvel, appena fuori dalla capanna, tra Lucifero /Orlando e Gesù, che fra una macarena e un limbo, inizierà (forse) la storia della religione cristiana e dell’evo occidentale. Più scostumato e scomunicato del Brian di Nazareth dei Monty Python, La prima tentazione di Cristo dei Porta dos fundos è un medio metraggio che ha dato un tale scandalo in Brasile tanto da guadagnare gli strali di una petizione online che ha raccolto oltre un milione di firme. Persone offese e imbestialite su Twitter gridano ai “demoni” e agli “eretici”. Ma c’è anche chi parla di “reato” contro la religione.

Sui social è intervenuto anche il presidentissimo Bolsonaro: “Cristiani e non cristiani mi hanno chiesto di agire contro i membri irresponsabili di Porta dos Fundos. È tempo che si intraprenda un’azione collettiva, tra la Chiesa e tutte le brave persone, per porre fine a tutto ciò”. Dal canto loro i Portas dos fundos, come direbbe Rhett Buttler di Via col vento, francamente se ne infischiano. Collettivo comico satirico fondato nel 2012 proprio su Youtube, ha inondato da allora la rete di decine e decine di video e brevi sit-com sui temi più svariati dell’attualità, tra cui, ovviamente, sesso, droga e religione. Il loro canale Youtube registra oltre 16 milioni di iscritti e basta scorrere tra le esilaranti scorribande da centinaia di migliaia di visualizzazioni, per scoprire uno dei maggiori successi: Refem (Ostaggi). La miniserie di cinque puntate più seguita online (oltre quattro milioni di visualizzazioni a puntata) poi acquistata e trasmessa da Fox, riguarda un celebre dirottamento di una corriera avvenuta a Rio De Janeiro nel 2000.

L’evento di cronaca in mano al gruppo comico viene filtrata attraverso la storia di un tizio che dice alla moglie di essere al lavoro in autobus quando invece è al motel con l’amante. Peccato, appunto, che quel pullman diventi un caso di cronaca nazionale. L’attività comico-satirica dei Porta dos Fundos ha creato tra l’altro un gruppo di lavoro che tra comici, tecnici, e reparto amministrativo annovera una 40ina di dipendenti. Fabio Porchat (in questo film interpreta Orlando/Lucifero) e Gregorio Duvivier (Gesù) sono i fondatori, assieme ad Antonio Pedro Tabet del collettivo. Ci sono infine da segnalare due dettagli. Il primo che diverse critiche a L’ultima tentazione di Cristo sono state sollevate dalla comunità LGBTQ brasiliana che ha lamentato l’eccessiva stereotipizzazione dei gay. Secondo: giusto un anno fa, per il Natale 2018, i Porta dos Fundos avevano regalato un’altra perla “blasfema” per le festività, naturalmente disponibile su Netflix. S’intitolava qualcosa come L’ultima sbronza, una sorta di parodia in chiave evangelica di Una notte da leoni, con i discepoli di Gesù che si risvegliano stanchi e ubriachi la mattina dopo l’ultima cena. E ad onor di cronaca nessuno si era lamentato di alcunché.