Il fallimento dei negoziati sul clima di Madrid, la Cop25, non è una cosa particolarmente inaspettata. Ancora oggi ben pochi, politici o cittadini che siano, sono quelli che si rendono conto di cosa rischiamo veramente; quelli che hanno capito come stanno le cose sono tacciati di allarmismo. Ma fino a quando possiamo tirare avanti come se niente fosse? Cosa rischiamo se non facciamo niente?
La risposta è che rischiamo molto di più di quanto ci possiamo permettere. Questo ce lo dicono tanti studi, fra gli altri anche un articolo recente apparso su Nature intitolato (in italiano) Punti di non ritorno: un rischio che non si può ignorare. Anche senza andare nei dettagli, il titolo mi sembra sufficiente per capire che la faccenda si sta facendo drammatica. Ma perché tanta preoccupazione fra gli scienziati?
Possiamo riassumere il problema in una sola, breve frase: il clima terrestre è instabile. E’ una cosa che sta venendo fuori con sempre maggior forza da tutti gli studi. Ovviamente, il fatto che il clima cambia sempre l’avete sentito dire spesso da quelli che negano la scienza del clima. Il loro ragionamento è: “il clima è sempre cambiato, dunque l’uomo non c’entra.” Sbagliato, sbagliatissimo: quello che impariamo dai cambiamenti climatici del passato è invece che il clima cambia facilmente e che, quindi, non è tanto difficile cambiarlo.
Oggi il clima ci sembra stabile perché la civiltà umana si è sviluppata in un periodo di circa 10mila anni di modeste variazioni della temperatura. Ci si diverte a ragionare su queste piccole variazioni, per esempio su come abbiano fatto gli elefanti di Annibale a passare le Alpi. Forse a quel tempo faceva un po’ più caldo di oggi, ma di certo avranno avuto perlomeno qualche problema di zampe ghiacciate.
Ma, se andiamo più indietro nel tempo, vediamo che il clima terrestre ha visto dei cambiamenti reali, forti e drammatici. Nel passato, su un arco di circa un milione di anni, il nostro pianeta ha visto episodi di glaciazione intensa intervallati da periodi caldi, come quello in cui viviamo oggi. In un passato più remoto si sono visti cambiamenti anche molto più radicali e catastrofici.
Per scaraventare la Terra da un periodo glaciale a un interglaciale non ci vuole tantissimo: bastano piccole perturbazioni, i cosiddetti “cicli di Milankovitch”, correlati ad asimmetrie del movimento della terra intorno al sole. Ma quello che gli esseri umani stanno causando con le loro emissioni di gas serra e altri fattori è una perturbazione molto più forte che ci spinge verso un pianeta più caldo, parecchio più caldo.
Cosa potrebbe succedere, allora? Si parla di temperature alte a sufficienza per destabilizzare le calotte glaciali ai poli e farle sparire. Non sarebbe la prima volta che la Terra non ha ghiaccio ai poli, anzi, è una condizione che è si è verificata comunemente nel remoto passato. Ma se la biosfera vive bene anche senza ghiaccio, la nostra civiltà si è sviluppata con i poli ghiacciati in condizioni climatiche che hanno reso possibile l’agricoltura, il commercio, il trasporto marittimo e altre cose.
Non importa nemmeno che il ghiaccio sparisca completamente per farci grossi danni. Basta che si perda una frazione importante delle calotte glaciali per cambiare tutto: il livello del mare che sale a sommergere porti esistenti, acidificazione e anossia oceanica, desertificazione, estinzioni di massa e altre cosette che renderebbero difficile la sopravvivenza della civiltà umana, se non addirittura della nostra specie.
Questa è la ragione della grande preoccupazione: non è tanto il fatto che la temperatura aumenti, è che fronteggiamo il rischio di saltare bruscamente da uno stato climatico a un altro senza sapere dove andremo a finire. Tuttavia continuiamo a traccheggiare: pochi ancora si rendono conto che rischiamo molto di più di quanto possiamo permetterci.