La storia dell’investimento di BpVi nei fondi inizia il 21 febbraio 2012, quando il cda approva un nuovo plafond (fino a 500 milioni) per investimenti in quote di “organismi di investimento collettivo in valori mobiliari” (Oicvm), nell’ambito della delibera sulla gestione del portafoglio di investimento con le linee guida per il 2012 e l’approvazione di nuovi plafond di investimento. In quell’occasione, il cda definì poche e generiche linee guida: quale motivazione di fondo alla base di questi investimenti era indicata quella di stabilire e mantenere relazioni di lungo periodo con gestori di elevato standing. All’avvio del programma, era permesso sottoscrivere soltanto quote di fondi con “profilo di rischio prevalente di tipo obbligazionario”.

Il plafond viene incrementato a 700 milioni con la delibera del cda del 5 febbraio 2013. Il 19 marzo 2013 vengono conferite all’ad Sorato e al responsabile della direzione finanza Piazzetta le deleghe disgiunte per investire nei fondi. Il 28 maggio 2013 il cda approva la possibilità di investire, fino al 40% del plafond complessivo, in fondi che investono in titoli di capitale, il 23 luglio 2013 il plafond viene aumentato a 800 milioni e, per la prima volta, una quota fino a 300 milioni è allocato su BpVi Finance, la controllata irlandese della Popolare. Il plafond viene confermato anche nel 2014 e nel 2015. Nel 2014, a seguito di una verifica interna condotta dall’internal audit con un report del 17 febbraio, vengono introdotte alcune modifiche specie sul fronte della comunicazione e della trasparenza su questi investimenti e sono definiti due limiti di investimento: fino al 50% in hedge funds e fino al 50% in fondi “unknown exposures” (“a esposizione sconosciuta”).

Secondo la Bce “le motivazioni sottese alla sottoscrizione degli altri fondi (Athena e Optimum) sono diverse e in qualche misura non agevoli da delineare. Innanzitutto, essi sono stati classificati come “unknown exposures” (esposizione non conosciuta) nonostante fossero stati istituiti “su misura” per BpVi (che è l’unico investitore in Athena e Optimum Multi Strategy II; in Optimum Multi Strategy I, dove è presente insieme con Jci Capital, la banca detiene una quota pari al 92,4%). Inoltre, BpVi non ha mai ricevuto raccolta, nella forma di deposito a tempo, in cambio di questi investimenti. Un terzo aspetto è costituito dal fatto che, nonostante l’importanza di questi fondi in termini relativi (61% del portafoglio totale in fondi), il senior management di BpVi non è mai stato attivamente coinvolto nel processo decisionale (almeno secondo quello che è stato comunicato al team ispettivo)”.

Athena Capital Balanced Fund I (in precedenza noto come Athena Capital Biotechnology Fund) viene sottoscritto da BpVi il 28 novembre 2012 (il contratto è firmato da Sorato) per un controvalore di 100 milioni. Il 30 giugno 2014 Athena ha dichiarato di detenere 30 milioni di azioni BpVi attraverso due sub-fondi (Eurasia Alternative Investments Funds). Secondo quanto riportato nella nota inviata alla Banca d’Italia il 4 novembre 2014, la motivazione connessa a questo investimento era di “conseguire un soddisfacente ritorno economico nel lungo periodo, attraverso un investimento diretto in fondi e altre attività con un basso profilo di rischio”. Optimum Evolution Fund Sif è stato sottoscritto con il medesimo obiettivo, ma in più tranches successive. La prima (100 milioni) si riferisce all’investimento nel sub-fondo Multistrategy I realizzato da BPVi il 28 novembre 2012 e sottoscritto da Sorato. La seconda e la terza tranche (100 e 50 milioni) fanno parte del sub-fondo Multistrategy II e sono sottoscritte il primo agosto e il 20 settembre 2013 da Piero Rasini (direttore generale di Bpv Finance). Il tema era stato precedentemente discusso nella riunione del cda tenutasi a Dublino il 30 giugno 2013. In quell’occasione, Rasini ha fornito una sommaria spiegazione circa le motivazioni a sostegno dell’investimento e ha confermato la decisione della capogruppo di offrire a Bpv Finance l’opportunità di divenire nel medio termine l’”hub” per gli investimenti del Gruppo in fondi, indipendentemente dalla loro natura giuridica o dallo loro politica di investimento.

Nella sottoscrizione dell’Optimum Evolution Fund Sif – Multistrategy I, secondo la Bce, la politica di investimento del fondo è stata descritta in modo molto generico: “È evidente che sin dall’inizio la strategia di investimento non era coerente con le linee guida stabilite dal cda”, scrivono gli ispettori. Secondo la Bce, “anche nel caso di Athena, l’asset allocation si è sempre discostata da quella prevista nelle linee guida approvate) dal cda” di BpVi.

Ma quali erano le ragioni per questo investimento? E a cosa doveva portare? Le tracce sono contenute in un memoriale interno datato “maggio 2015”. Secondo il documento, l’operatività con Optimum è stata decisa da Sorato e Piazzetta perché “Optimum vantava relazioni consolidate con il mondo delle Casse di previdenza. In aggiunta, la presenza internazionale del gestore e le consolidate relazioni con controparti istituzionali sono state le credenziali per le quali il fondo si proponeva come partner per agevolare il collocamento di capitale della banca presso investitori esteri”. Tra le “iniziative avviate congiuntamente” da Optimum e BpVi c’erano “raccolta di liquidità — si segnalano le transazioni concluse con Enpaia sul fronte del prestito titoli per circa 100 milioni (secondo semestre 2013) e quelle relative alla liquidità fornita a Bpv Finance tramite Unicredit”, ma soprattutto il “Progetto prestiti ipotecari vitalizi”.

Ecco la descrizione che il memoriale fa di questo piano: “Nel corso della primavera del 2013 BpVi è stata introdotta da Optimum ad alcune Casse di previdenza (Eppi, Cassa dei Ragionieri, Cassa Forense, Cassa dei Periti, Inarcassa, ecc.) al fine di sviluppare l’operatività in prestiti vitalizi. Incontri plenari hanno avuto luogo il 12 marzo 2013 ed il 13 giugno 2013 con una pluralità di rappresentanti dei vari Enti di previdenza. In dettaglio il progetto prevedeva il ruolo di BpVi quale ente erogante di prestiti ipotecari vitalizi agli associati pensionati delle Casse interessate. Gli associati avrebbero beneficiato di condizioni agevolate rispetto a tassi di mercato ma le casse avrebbero avuto l’impegno a sottoscrivere quote di un fondo in cui sarebbero stati riversati i prestiti vitalizi sottoscritti. In questo schema di operatività la funzione di BpVi sarebbe stata quella di “banca agente” per la pratica creditizia e l’erogazione (la nanca avrebbe mantenuto una quota minoritaria nel pool di mutui erogati)”.

In sostanza, i professionisti italiani iscritti alle casse di previdenza avrebbero potuto impegnare i loro immobili con una ipoteca, ottenendone immediatamente liquidità la quale però sarebbe stata da rimborsare a termine, da loro o dai loro eredi, a fronte di un tasso di interesse da pagare per un certo periodo. Si tratta dei cosiddetti “mutui inversi”, strumenti finanziari per estrarre soldi dagli immobili, che sono arrivati in Italia dall’estero (sono utilizzati soprattutto negli Usa), ma il cui sviluppo non è sinora decollato a causa dei loro altissimi costi in termine di capitale da rimborsare.

Il piano Optimum – BpVi sui prestiti ipotecari vitalizi però non andò a buon fine: secondo il memoriale, “il progetto non si concretizzò mai in quanto non fu possibile superare alcune istanze emerse circa il processo di “monetizzazione” dell’immobile alla morte del contraente. Si segnala inoltre come tali criticità siano state oggetto di intervento normativo completato dal legislatore a marzo 2015; non si esclude quindi la possibilità di riprendere la tematica in oggetto con una nuova proposta aggiornata verso gli stessi interlocutori”. Secondo il memoriale, “la conclusione dei progetti in oggetto avrebbero dovuto agevolare l’entrata nel capitale di una o più Casse di Previdenza anche indirettamente tramite la sottoscrizione di Fondi Optimum”.

Per quanto riguarda invece l’operatività con il fondo Athena di Mincione, il memoriale scrive che “un altro operatore con cui nel 2012 siamo entrati in contatto è Athena (all’epoca azionista di maggioranza relativa di Banca Popolare di Milano) la cui attività nell’asset management è rivolta ad investitori istituzionali italiani ed esteri, con forti relazioni in particolare con i fondi medio orientali e russi”. Con Athena, secondo il memoriale interno, BpVi voleva realizzare un progetto sui “crediti Iva”: “Nella seconda parte del 2012 BpVi e Athena hanno avviato una serie di confronti al fine di approfondire il progetto dei crediti Iva. BpVi aveva infatti individuato nell’acquisto pro-soluto di crediti Iva una nuova linea di business per migliorare i servizi alla clientela corporate della banca. In particolar modo tale operatività avrebbe consentito di supportare le aziende cedenti con liquidità stabile senza aumentare le linee di credito verso questi prenditori e con un limitato impiego di capitale trattandosi di esposizioni dirette nei confronti delle amministrazioni centrali dello Stato”.

Il memoriale riferisce che “l’ingrediente essenziale per svolgere questa operatività è l’ottenimento di una fidejussione al momento del pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate quale tutela contro errati computi nella liquazione. BpVi aveva strategicamente deciso di non fornire tale fidejussione in quanto avrebbe significato mantenere un profilo creditizio nei confronti del cedente e quindi sarebbe stato violato l’assunto di fornire liquidità senza esposizione addizionale verso il prenditore. Nel suo processo di ricerca di possibili soggetti abilitati a fornire fidejussione BpVi ha sviluppato un dialogo con il gruppo Athena che disponeva nel suo perimetro di gruppo di una società di assicurazione. È stato svolto un lavoro di approfondimento dove Athena ha ingaggiato lo studio Deloitte per una serie di verifiche sulla natura dei crediti in modo da addivenire ad una autonoma valutazione e due diligence sul tema”. Ma anche in questo caso il piano non andò a buon fine: “Per una serie di circostanze però BpVi ha deciso di non avviare l’operatività in oggetto e l’intero progetto è stato abbandonato nel corso del 2013”, conclude il memoriale.

Se questa è la storia degli investimenti nei fondi “unknown exposure” (esposizione sconosciuta solo di nome, perché in realtà a Vicenza la conoscevano), l’operazione di sganciamento dai fondi Optimum e Athena non fu affatto semplice e Francesco Iorio, ad della banca dal giugno 2015 al 5 dicembre 2016, la iniziò appena entrato in carica ma riuscì a portarla a termine solo dopo mesi e a fronte di una forte perdita. Al 31 maggio 2015, su un totale investito in fondi da BpVi per 575,4 milioni di euro, Bpv Finance aveva allocato in Optimum Multi Strategy II 150 milioni, mentre BpVi aveva allocato direttamente 100 milioni in Athena e altri 100 in Optimum Evolution Fund Sif – Multistrategy I.

Le perdite finali però si rivelarono molto più elevate dei 103 milioni calcolati dagli ispettori Bce. Secondo l’azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori di BpVi sui 350 milioni investiti nei fondi lussemburghesi la Vicenza ne perse 199 “a titolo di danno emergente” ai quali si aggiunge “il lucro cessante, connesso alla (colpevole) mancata valorizzazione degli investimenti che la banca avrebbe potuto conseguire” stimato in altri 34 milioni circa.

Secondo l’azione di responsabilità, sia Sorato che Piazzetta, nelle rispettive cariche di direttore generale e consigliere delegato di BpVi e vicedirettore generale nonché e dirigente preposto alla divisione finanza, sono “responsabili degli illeciti” per gli investimenti effettuati dalla banca nei fondi lussemburghesi Athena Balanced Fund, Optimum Evolution Multistrategy I e Optimum Evolution Multistrategy II. Nella prossima puntata di questa inchiesta analizzeremo nel dettaglio l’operazione Sloan Avenue e tutti gli strumenti confluiti nei fondi di Mincione e di Matta.

5/continua

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