Politica

Sardine, i loro sei punti sono inconsistenti. E a me cadono le braccia

Premesso che per me Matteo Salvini è come un’unghia trascinata sulla lavagna. Premesso che i suoi rosari e le sue madonne mi suscitano la stessa repulsione dei tagliagole islamici. Premesso che ritengo che le sue risposte ai problemi, tipo la flat tax, siano sbagliate e truffaldine nei confronti del popolo italiano (chiaro?). Io però Salvini vorrei distruggerlo politicamente non perché i suoi siano crimini, ma perché sono errori (chiaro di nuovo?). Ora, dunque, ecco le Sardine che hanno superato di slancio le mie più fosche previsioni. Perché i loro secondo me sono certamente errori ma forse, in parte, sono pure dei crimini.

La plateale inconsistenza dei loro sei punti, alla cui lettura i poteri forti sono stati colti da un attacco di risate irrefrenabili, sono una lieve brezza di bon ton degna di Donna Letizia che sfiora la superficie di un mondo arroventato. Ma a tanti miei colleghi è sembrato il vento del nord. Che li ha così intorpiditi da non rendersi conto che a parte il sesto – condivisibilissimo almeno da me, ma per cui ci si deve rivolgere all’attuale governo – i pesciolini abbiano inanellato delle affermazioni gravissime. Proviamo a leggerli insieme.

1. Il primo, al di là dell’invito fantozziano all’ex inquilino del Viminale, cosa vorrebbe ottenere? Il cartellino di ingresso e uscita per i politici? E da dove? Dai ministeri? Dalle presidenze delle regioni? Dalle Camere, dai consigli comunali? E se Nicola Zingaretti presiede una direzione del Pd in orario di ufficio della Regione Lazio, gli facciamo la multa? Se Luigi Di Maio fa campagna elettorale in Calabria – ignorando tra le tante cose che non si tratta di uno Stato estero – gli diciamo che dovrebbe restare alla Farnesina? Non so, non capisco.

2. Passiamo al secondo. E siamo in zona crimine. Un ministro deve, lo si pretende, comunicare solo nei canali istituzionali. E l’articolo 21 di quella Costituzione alla Benigni, bellissima solo nei giorni dispari? Il diritto a esprimere il proprio pensiero “con ogni mezzo di diffusione”? Naturalmente potrebbe voler dire che il ministro si rivolge ai sottoposti con le circolari interne, e allora siamo al chissenefrega. Ma non so come riguardi l’uso dei media e dei social.

Andatelo allora a dire a Barack Obama, utilizzatore seriale di Twitter anche dalla Casa Bianca. E comunque se uno vuole twittare sono fatti suoi. Mette a rischio le indagini come un paio di volte ha fatto Salvini con i suoi cinguettii sui blitz? Ci penserà la magistratura se ravviserà reati, ci penseranno i cittadini al voto se lo ritengono inopportuno. Ma in quella politica governativa che parla solo per comunicazioni istituzionali siamo nel terreno di caccia della mia professione e delle mille manifestazioni in difesa dell’articolo 21, cui è anche intitolata una meritoria associazione per la difesa della libertà di informazione e dei giornalisti minacciati.

Ma ve la ricordate la canizza sollevata contro i 5stelle quando non volevano rilasciare interviste e partecipare ai talk show? Almeno loro riservavano a se stessi la regola del prendere gli elettori a calci in faccia. I pesciolini vorrebbero che a farlo fossero tutti.

Ma siamo impazziti? Ma come fanno i miei amici e colleghi come Ezio Mauro, che riempì Piazza del Popolo contro il bavaglio, o come il mio amico e segretario della Fnsi Paolo Serventi Longhi o la mia amica e segretaria di Stampa Romana Silvia Garambois, che da Facebook so essere stati in piazza, a non sussultare quanto sentono simili corbellerie degne di un politburo cinese? Come fa Michele Santoro a benedire questa roba?

3. Ancora. Cosa vuol dire trasparenza nell’uso dei social network? No alle fake news? E, di grazia, chi dovrebbe stabilire la verità e sanzionare se non la magistratura? Il comitato etico delle sardine? Sul Mes, sulla sostanza del Mes, chi ha ragione: Roberto Gualtieri o Paul De Grauwe? Alberto Bagnai o Luigi Marattin? Chi decide? Chi fa la peer review? Certo e ovvio che la giovane di colore che è stata ricoperta di inviti ad andare a battere dopo essersi qualificata come sardina sui social deve vedere i suoi odiatori perseguiti e condannati. Ci pensi la polizia postale. Vogliamo rafforzare la legge Mancino? Benissimo. Ma cosa c’entra la trasparenza nell’uso dei social? Cosa c’era di trasparente nella supertrama russa anti Mattarella su cui siamo stati intrattenuti per settimane? Era ok solo perché stava sui giornali di carta?

Non ci bastano il caso Casapound e quello del professore filo hitleriano? Sui reati, se ci sono, decide la magistratura. Sul resto i politici eletti sono scudati dall’articolo 68, sempre di quella Costituzione vanamente invocata.

4. Sul quarto punto cadono le braccia. Ma cosa pretendi? Da chi? Sei diffamato? Denunciami. Dovremmo mandare messaggi fedeli ai fatti. E le opinioni? E i giudizi? E ciò che non è certo? In Bolivia ha vinto la democrazia o c’è stato un golpe: qual è il giudizio di Sardanapalo? E voi siete un bluff o una speranza?

5. Il quinto punto è un abominio giuridico. Quindi Il Cazzaro Verde e una statuetta del duomo in faccia sono la stessa cosa? Dare dell’orango alla Kyenge equivale a pestare a morte Amendola? Va bene. Per parafrasare Nanni Moretti, con questo popolo non vinceremo mai. E Bella ciao.