Economia

Docenti, via il ‘bonus merito’: cancellato un pezzo della ‘Buona Scuola’. Il fondo da 200 milioni andrà alla contrattazione integrativa

Una modifica del M5s alla manovra cancella un'altra eredità della riforma renziana: addio al premio, "le risorse ritornano nella disponibilità della contrattazione di istituto e dunque ai docenti". La norma è stata inserita nel maxiemedamento del governo che fa proprie le modifiche chieste dalla Ragioneria: tra queste, lo stralcio della sospensione del reddito di cittadinanza in caso di lavori brevi

Cancellata un’altra eredità della riforma renziana della Buona Scuola: un emendamento M5S a firma Vilma Moronese, riformulato e inserito nel maxiemendamento sul quale il governo ha posto la fiducia al Senato, prevede l’addio al “bonus merito” per i docenti. Lo stanziamento da 200 milioni di euro l’anno, sarà utilizzato “dalla contrattazione integrativa in favore del personale scolastico, senza ulteriore vincolo di destinazione”. “Le risorse saranno spostate sul Fis e dunque ritornano nella disponibilità della contrattazione di istituto e dunque ai docenti”, spiega il sottosegretario all’Istruzione Peppe De Cristofaro. Esulta la capogruppo del M5s in Commissione istruzione al Senato, Bianca Laura Granato: “Mi sono battuta personalmente per questa misura e da insegnante prima ancora che da senatrice, sono soddisfatta del risultato raggiunto”.

Il “bonus merito” previsto al comma 126 della legge 107 del 2015 prevedeva la possibilità che i docenti considerati più meritevoli ricevessero un “premio” in denaro per la loro attività. A decidere che debba ricevere il bonus è un comitato di valutazione, formato dal preside e da altre figure, che definisce i criteri sulla base di alcuni parametri stabiliti per legge. In molte scuole questi fondi sono stati di fatto elargiti a pioggia, come spiega lo stesso sottosegretario De Cristofaro, “per limitare al massimo la discrezionalità dei dirigenti e dei comitati di valutazione”. Ora i 200 milioni potranno essere utilizzati per migliorare i contratti di tutti. “È chiaro però che questo non può bastare: bisogna rinnovare i contratti – conclude De Cristofaro – per adeguare gli stipendi dei docenti a quelli dei loro colleghi in Europa“.

Il riferimento al “personale scolastico”, spiega un dossier del Senato sulle modifiche apportate in commissione alla manovra, “parrebbe includere tutte le categorie del personale delle scuole“, quindi i docenti ma anche i dirigenti scolastici e il personale Ata. La norma, si legge nella relazione tecnica, prevede quindi che il fondo “possa essere contrattato a livello di singola istituzione scolastica, senza vincolo esclusivo” nella destinazione. Il fondo, destinato alla contrattazione accessoria, “è ripartito tra le istituzioni scolastiche sulla base di criteri individuati con contrattazione collettiva nazionale di lavoro”. Anche se è già stato sottoscritto il contratto che ne disciplina il riparto per l’anno scolastico 2019-2020 “è quindi possibile mutare la destinazione delle somme, consentendo che ciascuna scuola decida liberamente, col contratto di sede, a quale fine destinarle”.

“Il maxiemendamento alla manovra giunto in aula al Senato conferma la vittoria del Movimento 5 Stelle sul fronte della cancellazione di un altro dei pezzi più odiosi della Buona scuola”, commenta ancora la senatrice Granato. Il governo ha posto la fiducia sul maxiemendamento che fa proprie le modifiche chieste dalla Ragioneria e gli stralci chiesti dalla presidenza di Palazzo Madama e annunciati in assemblea dalla presidente, Elisabetta Casellati. La Ragioneria ha chiesto una settantina di correzioni alle modifiche apportate dalla commissione Bilancio alla manovra. Tra le 39 misure sotto la lente per le coperture anche il ripristino delle sconto in fattura per eco e sismabonus per i condomini e lo stralcio dell’estensione ai pediatri dei fondi per avere macchinari per gli esami in studio.

La Ragioneria ha chiesto infine lo stralcio della sospensione del reddito di cittadinanza in caso di lavori brevi. Nella relazione dei tecnici si legge che la norma – che prevedeva il ‘congelamento’ del beneficio in caso di contratti a tempo, per incentivare i percettori del reddito ad accettare anche lavori di breve durata – “comporta maggiori oneri non quantificati né coperti” e che “la relazione tecnica pervenuta è incongrua e inadeguata“: per questo motivo la Ragioneria chiede lo “stralcio” della norma.

Per il 2020 il maxiemendamento alla manovra prevede inoltre altri 300 milioni di risparmi da quota 100, dovuti ad un numero di domande di pensionamento anticipato minori rispetto a quelle stimate. L’aumento dei risparmi si somma agli 1,7 miliardi già messi in conto dal Def. Per il 2021 gli ulteriori risparmi salgono a 900 milioni (ne erano già stati stimati altri 400), mentre per il 2022 la previsione è di 500 milioni. In totale si tratta di 3,8 miliardi di minori spese per quota 100 in tre anni.

Per il 2021 il governo dovrà sterilizzare 20,124 miliardi di clausole di salvaguardia, tra Iva e accise, che diventano circa 27 miliardi nel 2022. Lo si legge nella relazione tecnica alla manovra, aggiornata con le modifiche sulle accise introdotte in commissione al Senato. In origine la manovra riduceva le clausole ereditate dai precedenti governi di circa 10 miliardi nel 2021 (si partiva da 28,753) e di circa 3 miliardi nel 2022. Nel 2021 andranno bloccati quindi aumenti dell’Iva per 18,903 miliardi e delle accise per 1,221 miliardi.