Il governo di Roma vuole tornare a essere anche il partner privilegiato di Tripoli, dopo l'inserimento del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, che in due incontri avuti il 27 novembre e il 15 dicembre, mentre un altro è previsto per l'8 gennaio, ha portato alla firma su un Memorandum d'intesa tra i due Paesi per lo sfruttamento delle risorse marittime e per l'assistenza militare da parte di Ankara
Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è arrivato in Libia, per incontrare i vertici del Governo di Accordo Nazionale guidato da Fayez al-Sarraj, a Tripoli, e poi volare a Bengasi e Tobruk, dove parlerà anche con il generale Khalifa Haftar e il presidente della Camera dei rappresentanti, Aghila Saleh. Obiettivo dei colloqui è fare il punto e ristabilire rapporti più stretti con tutti gli interlocutori nel Paese nordafricano per cercare di arrivare il prima possibile a un cessate il fuoco, dopo la nuova offensiva lanciata ad aprile dall’uomo forte della Cirenaica, sostenuto da Russia, Emirati Arabi, Arabia Saudita ed Egitto. Il governo di Roma vuole però tornare a essere anche il partner privilegiato di Tripoli, dopo l’inserimento del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, che in due incontri avuti il 27 novembre e il 15 dicembre ha portato alla firma su un Memorandum d’intesa tra i due Paesi per lo sfruttamento delle risorse marittime e per l’assistenza militare da parte di Ankara.
L’intento di Di Maio è quello di ripresentarsi come alleato principe, cercando così di evitare anche la polarizzazione di un conflitto che l’opposizione sul campo di Russia e Turchia potrebbe provocare, come successo anche in Siria. Al centro dei colloqui, quindi, ci saranno non solo il conflitto in corso, ma anche la conferenza di Berlino, prevista per gli ultimi dieci giorni di gennaio, il Memorandum e gli accordi sul contenimento dei flussi migratori.
Il primo rappresentante del Gna ad accogliere il ministro degli Esteri italiano è stato il ministro degli Esteri libico, Mohammed Siala. Dopodiché il capo della Farnesina ha visto il vicepresidente del consiglio presidenziale, Ahmed Maitig, al quale ha ribadito ciò che già il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva dichiarato insieme agli altri partner europei: la soluzione della crisi “non può essere militare”. Da ultimo, il leader Cinquestelle ha visto sl-Sarraj.
Dopo l’incontro con il premier di Tripoli, quest’ultimo “ha elogiato il sostegno dell’Italia al Governo di accordo nazionale e i suoi sforzi per superare l’attuale crisi”. Nel corso del colloquio sono stati presi in esame dossier relativi a sicurezza, economia e immigrazione illegale. Al-Sarraj ha poi sottolineato che Tripoli “sta seguendo i preparativi per la conferenza di Berlino” e ha ribadito “la necessità di invitare tutti i Paesi interessati alla questione libica senza escludere nessuno”, nonostante non fosse in programma la presenza delle parti libiche all’incontro. “Questo genere di incontri – ha detto – offre l’opportunità di consultazioni e scambi di vedute”.
Nell’agenda di Di Maio ci sono anche gli incontri con il ministro degli Interni, Fathi Bashaga, che ieri alcune fonti vicine ad Haftar avevano dato per ferito in un attacco al suo convoglio, notizia smentita poi da Tripoli, con il generale della Cirenaica a Bengasi e, infine, con il presidente della Camera dei rappresentanti, Aghila Saleh, a Tobruk. Proprio su questa possibilità di dialogare con tutte le grandi fazioni in campo gioca la strategia italiana per riproporsi come mediatore principale per arrivare alla soluzione del conflitto. Una soluzione che non potrà esserci, come ha specificato da Conte nei giorni scorsi, se le forze internazionali schierate con i vari attori non eviteranno di intervenire, dando il via a “una guerra per procura” che renderebbe impossibile la rapida istituzione di un tavolo delle trattative.
“La missione del Ministro Luigi Di Maio in Libia è un atto necessario, specialmente dopo il quadro che è emerso dai dialoghi tenuti a margine del Med 2019 e l’inconsistenza di alcune posizioni di Paesi terzi che hanno sostanzialmente glissato sui temi più scottanti, come quello del sostegno alle forze militari e paramilitari”, ha scritto su Facebook il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano. “Il nostro Governo – ha poi continuato -, tra enormi fatiche dovute proprio a questo contesto, sta cercando da tempo di risolvere il complesso puzzle partendo da una considerazione strategica quanto ovvia per il futuro, ovvero che sono i libici a dover pacificare la Libia e pensarne il futuro. Noi possiamo essere il ponte tra gli attori coinvolti in questo processo e, certamente, l’interlocutore più credibile tra quelli europei, ma lo sforzo concreto deve essere fatto a Tripoli e Bengasi, anche nei loro rapporti con Mosca, Il Cairo e Parigi. Ognuno faccia la sua parte e tra qualche anno potremo parlare di una nuova Libia, rinata dalle ceneri di un mostro chiamato interessi nazionali”.
Intanto, le ostilità tra le fazioni in campo continuano: colpi di artiglieria sono stati sparati contro postazioni delle forze del generale Haftar a sud di Tripoli, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa turca Anadolu. Lunedì, sette città, tra cui Misurata, Zintan e Khoms, hanno dichiarato lo stato di allerta massima per difendere Tripoli, dopo che giovedì Haftar ha annunciato l’inizio della battaglia decisiva per conquistare la capitale libica.
E da Mosca fanno sapere che il presidente russo, Vladimir Putin, nell’incontro che avranno il prossimo 8 gennaio, discuterà con il presidente turco del piano di Ankara per un sostegno militare al governo di Tripoli. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo cui “la Russia sostiene qualsiasi sforzo e qualsiasi Paese per trovare una soluzione alla crisi libica”. A tal proposito, anche l’Egitto ha lanciato un messaggio alla Turchia: “Non consentiremo a nessuno di controllare la Libia. È una questione che riguarda la sicurezza nazionale dell’Egitto”.