Werner e Mikhail. Herzog e Gorbaciov. Sei mesi di appostamento. Tre incontri per qualche ora di girato. Campo e controcampo. Campo e controcampo. Domande lunghissime e articolate. Risposte rapide e spiazzanti. Herzog incontra Gorbaciov arriverà nelle sale italiane il 19-20-21-22 gennaio 2020 e qui ve ne presentiamo il trailer italiano in esclusiva.
La storia del disfacimento dell’Unione Sovietica presentata in tutta la sua solenne tragedia attraverso le parole di colui che nel volgere di sei anni (1985-1991), tra Perestrojka e Glasnost, ne accelerò la “trasformazione” verso una forma democratica e un’economia di mercato non proprio riuscite. Cronaca di un amore. Quello di Mikhail per il comunismo. Tutta la trafila contadina e di partito a partire dagli anni trenta/quaranta del novecento. Poi la facoltà di legge a Mosca, la carriera di capopartito a Stavropol negli anni settanta, l’approvazione di Breznev nell’81, la segreteria del comitato centrale e il via in mezzo al Politburò nel post Chernenko.
Herzog però non pone all’ex segretario generale del partito comunista solo domande, ma anzi ripropone un Gorby d’annata in filmati giornalistici che fende le folle, le sfiora, le tocca, parla alla gente. Uno che fa scendere dal piedistallo il partito e rimescola le carte di un’economia pianificata che non riesce più a girare a mille come accaduto nell’epoca staliniana. L’elogio più sentito arriva dagli ex avversari. Tanti segretari di stato e alla difesa degli Stati Uniti che ne ricordano l’affabile e decisa presenza, la granitica volontà nel disarmo nucleare coordinato, dopo tanti vecchi incartapecoriti inquilini del Cremlino inclini al niet perentorio.
Ci sono anche i detrattori come un inviperito Lech Walesa, ma la sostanza di questo documentario celebrativo è l’elevazione di Gorby a mito bonario e solitario, politico lungimirante ed incompreso, oggi finito ai margini del ricordo di un’intera nazione che gli ha preferito, e da tempo immemore, lo zar Putin.
Herzog non è più quello di una volta. E sappiamo da tempo immemore anche questo. Il suo folleggiante filmare anche nel documentare il reale e la storia si è sciolto in un crogiolo di cinema a tesi precostituita. Che ripetiamo, per essere chiari: Gorbaciov voleva una “casa comune europea” ma non è riuscito a finire il lavoro. Quindi tutte le testimonianze del presente e i frammenti del passato si ricompongono addosso al corpulento Mikhail, classe ’31 da Privolnoe, per raccontarci l’ennesimo fantasma di un’Europa larga, larghissima ed incompiuta.
Forse Herzog è fuori tempo massimo che nemmeno Mazzini in esilio a Londra. Eppure questo sussurrante narratore (il regista tedesco stesso) che scandisce il testo con il suo inglese germanico riesce in un intento: ipnotizzare lo spettatore, fargli seguire il racconto, ammaliarlo con le magie di uno stile che si è fatto tutto sbilanciato su montaggio e parola. Peccato però che una battuta/verità buchi la narrazione rigida prevista da Herzog. Dopo aver spiegato di aver voluto svecchiare l’URSS, di averne elencato i mali passati pre anni ottanta, ecco Gorby aggiungere di straforo: “Io volevo anche più socialismo”. Ma appunto, non ci è riuscito. E si vede. Distribuisce I Wonder. Coregia di André Singer. P.s. Non aspettatevi l’energia di Oliver Stone al cospetto di Castro e Putin, mi raccomando.