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M5s, Paragone: “Di Maio? Non ha più il potere del capo politico”. Bonafede: “Se uno non è mai d’accordo, perché non si dimette?”

Il ministro ipotizza l'apertura di un procedimento contro il parlamentare grillino che il 16 dicembre ha votato contro la fiducia in Senato e in diretta su Rai3 ha attaccato il leader. Il vicecapogruppo alla Camera Ricciardi ne chiede le dimissioni: "Sia coerente, almeno per una volta e, come aveva annunciato di fare quest’estate, lasci il Parlamento". Casaleggio: "Dimissioni? Per fortuna non decido io". Patuanelli: "Automatica procedura provibiri"

“Ma perché dovete parlare di Luigi Di Maio come capo politico? Non ha più il potere del capo politico, ce l’ha solo scritto sul biglietto da visita”. Le parole del senatore M5s Gianluigi Paragone, intervistato da Agorà su Rai3 il giorno dopo aver votato contro la fiducia in Senato, aprono l’ennesima ferita dentro il Movimento. Tanto che una parte dei 5 stelle ora chiedono le sue dimissioni da parlamentare. “Le dimissioni di Paragone? Per fortuna non sono capogruppo né probiviro”, ha detto Davide Casaleggio a Roma insieme a Beppe Grillo. Mentre il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha bollato la sua come “un’opinione oggettivamente sbagliata”: “Di Maio è stato riconfermato dai cittadini – ha spiegato – Ci sono 300 parlamentari circa dei 5 stelle che lavorano dalla mattina alla sera e si rimettono alla maggioranza. Poi c’è chi qualcuno che va nelle trasmissioni un giorno sì e l’altro pure, a dire che non è accordo che poi arriva un punto che uno si chiede: ma se non sono mai d’accordo con questo gruppo, forse non è arrivato il momento di dimettermi e tornare a fare il mio lavoro?”.

Il ministro Stefano Patuanelli, invece, ha ipotizzato l’apertura “automatica di una procedura davanti ai probiviri. “Gian Luigi ha sempre espresso le sue opinioni, anche molto radicali. Credo sia sbagliato non esprimere le proprie opinioni, ma non confermare la fiducia al governo”. Il vicecapogruppo alla Camera Riccardo Ricciardi, invece, ha attaccato il giornalista su facebook: “Sin dal post voto delle elezioni Europee”, è l’accusa scritta in una nota, “Paragone si è allontanato dalle posizioni del Movimento 5 stelle, e si è avvicinato sempre di più a quelle dell’opposizione. Dai nostri iscritti abbiamo ricevuto il mandato chiaro di sostenere questo esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Paragone non rispetta né loro, né tutti gli altri portavoce in Parlamento che lavorano per l’esclusivo interesse dei cittadini. Continua a provocare: ha votato contro la manovra che ha evitato, tra le altre cose, 23 miliardi di aumento dell’IVA, e da ultimo, è arrivato anche l’attacco al capo politico Luigi Di Maio. Perché non si dimette? Sia coerente, almeno per una volta e, come aveva annunciato di fare quest’estate, lasci il Parlamento”.

I malumori dentro i gruppi parlamentari M5s sono molto forti e vanno avanti da giorni. Il presidente M5s della commissione Cultura Luigi Gallo lo ha criticato rilanciando il suo post serale dal titolo: “Grazie alla moneta unica in 20 anni ogni italiano ha perso 75mila euro, mentre ogni tedesco ne ha guadagnato 23mila”. “ParagoneShow è in stato confusionale”, ha scritto Gallo su Facebook. “Dategli un programma TV da condurre o un giornale da guidare, sarà in crisi d’astinenza da palcoscenico. Ha buone esperienze come guida del quotidiano La Padania e come vice-direttore di Libero”. Una linea condivisa anche dal deputato Michele Gubitosa. Che si è schierato con una nota nella lista di quelli che chiedono le dimissioni di Paragone: “Ormai, non è più in linea con le battaglie del Movimento”, si legge nel messaggio molto simile a quello di Ricciardi. “Sia coerente e lasci il Parlamento“.

Intanto il senatore Paragone ha annunciato che questa sera voterà a favore della fiducia sul decreto Fiscale, in Aula in questo momento al Senato. Il parlamentare in realtà ha avuto, in più occasioni, il ruolo di consigliere di Luigi Di Maio su alcune tematiche fondamentali del M5s ed è anche molto in sintonia con Alessandro Di Battista. Le sue polemiche per la nuova maggioranza non hanno per il momento comportato conseguenze a livello disciplinare, segno che è ancora tenuto in considerazione dai vertici del Movimento.