La studentessa aveva proposto una serie di iniziative in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, tutte bloccate dal preside. Perciò aveva sfogato la propria frustrazione su Facebook: "Mi vergogno della scuola che frequento". Il provvedimento è stato revocato grazie all'intervento del Provveditore
Prima la sospendono, poi annullano il provvedimento grazie all’intervento del Provveditore. È accaduto a Crema, dove alla studentessa che si era permessa di criticare via social la propria scuola per aver bloccato l’iniziativa contro la violenza sulle donne, è stato annullata la sospensione. La decisione è stata presa oggi nel corso di un consiglio straordinario al quale ha partecipato anche il vertice dell’ufficio scolastico provinciale Fabio Molinari.
Il tutto era nato a causa del diniego del dirigente, Pierluigi Tadi, a leggere delle storie di donne vittime di violenza all’interfono. In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, i rappresentanti di classe del liceo “Munari” avevano infatti pensato a questa iniziativa, ma si sono trovati di fronte al no del preside che ha negato l’autorizzazione, in quanto il progetto non era stato presentato da alcun docente. A quel punto i ragazzi hanno lasciato nelle classi dei fogli da leggere e chiesto ad ogni sezione di appendere un fiocchetto rosso alla porta. Un gesto che non è piaciuto al preside che ha fatto togliere i fiocchetti. Una studentessa dell’istituto ha deciso allora di far sentire la sua voce su Facebook, senza nominare la scuola ma spiegando i fatti: “Mi vergogno sempre di più della scuola che frequento. Oggi, 25 novembre, è la Giornata contro la violenza sulle donne. Era stata proposta un’attività nel quale sarebbero state lette delle storie di donne vittime di violenza all’interfono in tutta la scuola e fatto un minuto di silenzio per tutte le donne che sono state addirittura uccise (in Italia circa 140 solo l’anno scorso). Il preside si è rifiutato. In seguito a questo, i rappresentanti, ovviamente delusi come tutta la scuola dal comportamento del preside, sono entrati in ogni classe dell’istituto per lasciare dei fogli da leggere con scritte le testimonianze di alcune donne che sono state vittime di violenza. Inoltre hanno chiesto a noi studenti il permesso di poter attaccare un fiocchetto rosso sulla porta di ogni classe. Tutti noi ovviamente abbiamo accettato. Successivamente il preside, insieme ad una professoressa, si è lamentato dell’iniziativa dei rappresentanti, obbligandoli persino a staccare tutti i fiocchetti attaccati alle porte, come se avessero fatto un atto indicibile e scandaloso. Volevo dire solo una cosa: l’atto indicibile e scandaloso l’avete fatto voi, autorità di questa scuola, che ci dovreste dare l’esempio. Eppure ora ci ritroviamo noi, ragazzi tra i 14 e i 19 anni, a dare una lezione di vita a voi. Vergognatevi”.
Il giorno dopo la ragazza è stata sospesa. Una decisione che ha scatenato la polemica in città e l’intervento di diversi esponenti politici a difesa della ragazza, tra cui anche il sindaco di Crema. Non ultima è arrivata una lettera degli studenti che denuncia un ‘clima di intimidazione’ all’interno della scuola: “Moltissimi studenti del Munari e non, avviliti e delusi dall’ennesima negazione delle attività proposte, hanno sfogato il loro malcontento tramite social network – si legge nel testo – In realtà una sola ragazza è stata punita per aver postato ed è stato adottato nei suoi confronti un provvedimento disciplinare già effettuato, del quale peraltro né la ragazza né noi studenti dell’Istituto sappiamo ancora la motivazione. In occasione dell’assemblea d’istituto abbiamo chiesto maggiori chiarimenti sui fatti ma senza ottenere risposte. Nella nostra scuola da tempo si respira un clima pesante, quasi intimidatorio. Abbiamo persino paura di esprimere la nostra opinione perché non ci sentiamo ascoltati, partecipi di quella che dovrebbe essere la nostra scuola, luogo in cui dovremmo essere i protagonisti. Il dirigente è percepito come un’autorità lontana che non sa ascoltarci, con il quale è impensabile avere un confronto e un dialogo costruttivo a causa della sua rigidità e inflessibilità, i cui strumenti educativi sembrano essere soprattutto la minaccia e la punizione”.