Il regista inglese ha girato un film che va in profondità al problema. Sorry we missed you – in uscita il 2 gennaio 2020 - che è un altro tassello di questa definitiva e tragica esplorazione della cruda realtà. Niente di più, niente di meno
Ken Loach lotta continua. 83 anni ma non pare proprio. Lucido, rivoluzionario e antiliberista. Sempre dalla parte della classe operaia. E più la sfruttano, la precarizzano, la spappolano, più lui gira un film che va in profondità al problema. Sorry we missed you – in uscita il 2 gennaio 2020 – è un altro tassello di questa definitiva e tragica esplorazione, un pugno nello stomaco che Loach rifila allo spettatore. Cruda realtà. Niente di più, niente di meno.
A Newcastle oggi. Il quarantenne Ricky, con moglie e due figli, rileva in franchising un servizio di consegne pacchi. Corriere tra corrieri, deve sottostare ad un ritmo massacrante, 14 ore al giorno, 6 giorni la settimana, una bottiglia di plastica per pisciare, e un computerino/scanner che certifica ogni spostamento, pausa (non consentita), rallentamento del ritmo di lavoro. Niente ferie, niente assicurazione, niente mutua, niente momento per il pranzo. Niente di niente. Se non sanzioni su sanzioni: 100 sterline da pagare per una giornata di pausa e 1000 se si rompe lo scanner. Non è da meno la moglie del protagonista: badante chiamata in servizio da una app, stessi orari impossibili, mentre i figli crescono e il ragazzo più grande viene espulso da scuola.
Loach, con allo script il fido Paul Laverty, non concede speranza alcuna ai suoi protagonisti, se non nel sollievo di una famiglia riunita, unico appiglio a cui aggrapparsi mentre il mondo del lavoro non offre più diritti o tutele, come nemmeno un briciolo di umana pietà. “Questo film l’abbiamo ideato mente stavamo finendo quello precedente. Mentre visitavamo le food banks, i banchi alimentari nati per consentire di mangiare a gente che non se lo potrebbe permettere, abbiamo scoperto con grande sorpresa che la maggioranza di persone che usufruiva di questo servizio non era disoccupata ma lavorava a tempo pieno. Solo che quello che prendeva non gli bastava per mangiare”, spiega il regista inglese dalla Cineteca di Bologna dove ha accompagnato un’anteprima con in sala alcuni lavoratori riders e operai di aziende in crisi come la Samp di Bentivoglio.
“In 40 anni, dall’epoca del governo della Thatcher tutti i diritti economici conquistati dalle classi meno abbienti sono scomparsi. Si inseguono solo gli interessi delle grandi aziende e delle multinazionali. Se queste riescono a trovare il modo per pagare meno i lavoratori lo fanno. Siamo giunti a conclusione che il capitalismo è irriformabile. Il capitalismo è solo neoliberista. Mettere sempre una pezza al sistema come fanno molti partiti socialdemocratici, come se il capitale fosse benevolo e generoso, alla fine ci distrugge allo stesso modo. Dobbiamo pretendere un sistema diverso. Dobbiamo lottare per averlo”. Loach è poi tornato sulla sconfitta del partito laburista di Jeremy Corbyn alle recente elezioni vinte dai conservatori di Boris Johnson. L’autore di Piovono pietre ha riassunto il suo stato d’animo nell’espressione “stiamo sanguinando”. La vittoria dei laburisti avrebbe “davvero ridotto il potere delle grandi corporation”, avrebbe “fatto tornare pubblici molti servizi privatizzati in modo selvaggio”, ma soprattutto avrebbe “restituito diritti minimi di sussistenza tolti fin dai tempi della Thatcher”. “In questa campagna elettorale non si è parlato abbastanza dei 14 milioni di poveri che vivono in Gran Bretagna – ha spiegato Loach – Del resto il fallimento della sinistra inglese, e di altre sinistre europee, è quello di non essere stati chiari nei confronti del ruolo dell’Unione Europea. Se ci vogliamo rimanere, in Europa, dobbiamo sgomberare il campo dall’idea che i sindacati sono un’organizzazione al soldo delle grandi imprese. E per farlo dobbiamo adottare un piano comune a tutti i partiti di sinistra. Solo che ad oggi io di questi partiti a fare un discorso comune contro il neoliberismo non ne ho sentito nessuno”.
Sorry we missed you – presentato all’ultimo Festival di Cannes – è la frase scritta sui bigliettini che lasciano i corrieri quando non trovano i mittenti dei loro pacchi. Inconveniente che dimezza la produttività del corriere e lo fa scendere nella classifica delle consegne più veloci, finanche il licenziamento. “Poco prima di girare questo film mia figlia mi ha raccontato una scena terribile che le era capitata. Alle 11 di sera ha ricevuto un pacco con dentro un coltello da cucina. Il corriere le ha chiesto un documento. Lei ha risposto che era tardi e che poteva solo firmare. Ma l’uomo, un signore di 55 anni, è scoppiato a piangere dalla disperazione. “Se i supervisori non vedono il documento non mi pagano”, ha detto il corriere tra le lacrime”, ha ricordato il regista. “Poi sono venuto a conoscenza di un altro signore diabetico che per non perdere 120 sterline di penale per l’assenza al lavoro ha rinunciato a diverse visite in ospedale ed è morto. Abbiamo bisogno di un partito politico che chieda e pretenda un cambiamento radicale per la vita di chi sta peggio. Nel frattempo continuate a lottare. Come diceva il sindacalista americano Joe Hill: “Non piangetevi addossi, ma organizzatevi”.
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