La scoperta, pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal, potrebbe finalmente spiegare alcuni misteri della corona solare, aiutandoci a capire meglio il meteo spaziale e i suoi effetti sulla Terra
Un’esplosione magnetica del tutto inedita, finora prevista soltanto da studi teorici, è stata immortalata nella parte più esterna dell’atmosfera del Sole (la corona) dal telescopio spaziale Solar Dynamics Observatory (Sdo) della Nasa. Il fenomeno, noto come ‘riconnessione magnetica indotta’, è stato scatenato da un’eruzione del Sole: il pennacchio di materia, ricadendo verso il basso, ha attraversato alcune linee di campo magnetico ‘aggrovigliate’, facendole rompere e riallineare con una forte emissione di energia e particelle. La scoperta, pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal, potrebbe finalmente spiegare alcuni misteri della corona solare, aiutandoci a capire meglio il meteo spaziale e i suoi effetti sulla Terra.
Our @NASASun Solar Dynamics Observatory saw a new type of magnetic explosion in the scorching upper reaches of the Sun’s atmosphere. Called “forced reconnection,” it had never been observed directly until now: https://t.co/e5S7wNjP03 pic.twitter.com/DABD5nBnYc
— NASA (@NASA) December 18, 2019
Finora, infatti, era stata documentata solo la riconnessione magnetica spontanea, che avviene quando due linee di campo magnetico (incorporate nel plasma, il caldo materiale che costituisce il 99% dell’universo visibile) si rompono e si collegano tra loro rilasciando grandi quantità di energia. Quella realizzata da Sdo, invece, “è la prima osservazione di un fattore esterno che innesca la riconnessione magnetica”, spiega il ricercatore Abhishek Srivastava dell’Istituto indiano di tecnologia (Bhu) a Varanasi. Durante l’evento di riconnessione il pennacchio di materia acquista molto calore: secondo i ricercatori, questo potrebbe spiegare perché la corona solare ha una temperatura superiore di milioni di gradi rispetto agli strati più bassi dell’atmosfera. La scoperta di Sdo, però, potrebbe rivelarsi molto utile anche “per capire altri sistemi – prosegue Srivastava – ad esempio la magnetosfera dei pianeti come la Terra e altre sorgenti di plasma magnetizzato, inclusi gli esperimenti di laboratorio in cui il plasma è molto difficile da controllare”.
Lo studio su The Astrophysical Journal